24 settembre 2016
Mentana * Insula Sapientiae * Chiesa di Sant’Ignazio *
Fontana di Trevi * San Claudio * Biblioteca Casanatense * Mentana
Ci svegliamo verso le otto, ci prepariamo velocemente e
usciamo per partecipare ad una visita guidata all’Insula Sapientiae durante le
Giornate del Patrimonio. Valentina indossa per l’occasione la maglietta bianca
di seta cucita su misura da Mamma Lucilla, con scarpe rigorosamente basse e
comode, Claudio non trova la giacca di lino e opta per una camicia senza
cravatta. Saliamo sulla Focus e arriviamo senza fretta e senza eccessivo
traffico a Roma, dove troviamo parcheggio dalle parti di Piazzale Flaminio dove
pare stiano allestendo un palco per un concerto con finalità animaliste.
Di buon passo arriviamo in Via del Seminario in tempo per il
turno delle 11, senza aver fatto colazione. Lo stomaco di Valentina brontola ma
fino all’ora di pranzo non sazierà la fame, cosa che ovviamente le causerà un
mal di stomaco alquanto molesto che troverà sfogo sulla strada del ritorno e
definitivamente poco prima di cena col risultato di un ascetico e non voluto
digiuno giornaliero.
Facciamo dunque il nostro ingresso nella Sala del Refettorio
della Camera dei Deputati che ci offre ancora una volta la visione di un legno
di pirati più che di una biblioteca, abbiamo la netta sensazione di essere nel
regno incontrastato del Sandokan uscito dalla penna di Salgari.
Lì ci viene gentilmente raccontata la storia dell’Insula e un
moto di rabbia nei confronti dell’ordine dei cosiddetti ‘cani del Signore’ si
placa soltanto con la constatazione che oggi quelle che furono sale di tortura,
imposizione, coercizione, odio e negazione delle libertà personali ed
individuali sono oggi luogo di quella che dovrebbe essere la massima
espressione della democrazia italiana e, ancor più, luoghi in cui gli strumenti
sono quelli della conoscenza e non dell’odio. Forse i luoghi hanno però una
storia, un’attitudine e, a sentire i resoconti parlamentari, sembra proprio che
la vocazione alla tortura e alla negazione delle libertà in favore
dell’ignoranza gretta e accecante permanga in molti anfratti di quello che fu un
monastero costruito a forza sulle più modeste, e probabilmente molto più
spirituali, sedi di ordini femminili nonché dei Septa Iulia, luoghi destinati
ad uso civile, o ancora a sovrastare templi di altre religioni.
Il monastero dell’ordine religioso fondato da Domenico, poi
creato Santo, e tristemente famoso per l’Inquisizione e per aver torturato
Giordano Bruno, Tommaso Campanella, aver indotto Galilei all’abiura, aver
rincorso e distrutto la vita di donne considerate streghe e aver reso alquanto
difficile se non impossibile la libera circolazione di idee e libertà, venne
costruito a ridosso del Collegio Romano, al confine con la Chiesa di
Sant’Ignazio, venerato dai Gesuiti, acerrimi nemici, insieme ai Francescani di
quei Domenicani devoti a Santa Caterina da Siena.
Caterina viene anche definita Santa Anoressia ed è, a
guardare con occhi maliziosi, il primo esperimento dell’era volgare ben
riuscito di creazione a tavolino di un’icona della propaganda, ben precedente le
avanguardie novecentesche, dopo la dissoluzione dell’Impero Romano.
Caterina, analfabeta e molto devota, venne seguita sin da
bambina da un confessore che ne descrisse accuratamente le gesta mettendone in
luce gli aspetti comunicativamente più rilevanti ai fini dello spirito
religioso. Ella venne costretta dal padre, ricco borghese che aveva previsto
per lei, giovane carismatica e di bell’aspetto, un matrimonio conveniente, a
vestire i panni consunti della serva di casa e a svolgere tutte quelle mansioni
che non si addicevano ad una donna della sua condizione sociale ed economica. Il
confessore sempre accanto, che probabilmente aveva di già intuito le
potenzialità della forza comunicativa della giovane, la incoraggiò a resistere
e a far valere il proprio diritto a monacarsi nonostante la ferma opposizione
paterna. A quei tempi per una donna opporsi alla volontà del padre non era cosa
facile, né tantomeno considerata accettabile dalla chiesa e dalla società. Caterina
riuscì però sin da subito a far valere i propri diritti di libera scelta
affermando la propria vocazione a sposare soltanto il suo sommo idolo, Gesù. Tanto
fece e tanto disse che alla fine la spuntò, forse con grande soddisfazione da
parte del confessore, che la condusse per mano sulla via della santità, dote
che puntualmente le venne tributata.
Nella sua vita, minuziosamente descritta dal confessore,
riuscì a far proseliti, a coinvolgere le popolazioni e a creare intorno a sé un’aura
di misticismo tale da diventare la protettrice proprio di quei Domenicani che
avrebbero scientificamente torturato donne più o meno libere, con misticismi
sicuramente meno d’effetto. I Domenicani, abilissimi comunicatori in perenne
conflitto con l’altro ordine religioso noto per le medesime qualità, i Gesuiti
di Papa Francesco e delle più alte gerarchie della comunicazione vaticana, riuscirono
ad affermare che Caterina aveva anche le stimmate, le quali non erano
sanguinanti come quelle di San Francesco, ispiratore di un altro ordine rivale,
i Francescani appunto, bensì di luce.
Attraversando chiostri superstiti riportati alla loro
funzione originale dopo una serie di modificazioni architettoniche anche
piuttosto spericolate, nate dalle esigenze delle successive funzioni del
monastero, quindi di caserma napoleonica e di sede istituzionale del Regno d’Italia
ci viene da pensare a quanta strada deve ancora compiere il BelPaese prima di
potersi definire democrazia.
Visitiamo brevemente quello che oggi è il Polo Bibliotecario
Parlamentare, nato dalla fusione delle Biblioteche di Camera e Senato, fino a
pochissimi anni fa divise da una porta e da una fondamentale mancanza di
comunicazione tra le due istituzioni che si riflette ancora nella evidente
suddivisione di ruoli, competenze e spazi tra i lavoratori dei due rami del
polo.
Giungiamo quindi alla Biblioteca Casanatense, dove va in scena
il grande spettacolo del sapere universale del tempo.
La splendida biblioteca con volumi di gran pregio voluta da
Girolamo Casanate con una precisa volontà è un vero e proprio gioiello
architettonico e della conoscenza dove lo scibile è strutturato in rigidissima
categorizzazione in base a quelle che erano le priorità del tempo.
Forse ebbe un’intuizione, forse nell’ultima parte della sua
vita volle fare uno scherzo alla marchese del Grillo o la sua fu semplicemente
un desiderio di affermazione del proprio potere personale. Sapeva,
probabilmente, che come inquisitore, cardinale e bibliotecario il suo nome non
sarebbe rimasto nella memoria storica della Città Eterna e che se avesse donato
il suo fondo librario alla più importante, prestigiosa e imponente biblioteca
cittadina non sarebbe stato altro che il nome di una sala o di un’ala di una
grande istituzione e così decise di donare i suoi libri e fare un consistente lascito
ai Domenicani per la costruzione di una Biblioteca pubblica. Qualcosa di
rivoluzionario per il tempo e soprattutto qualcosa di molto diverso da quello
che noi oggi consideriamo pubblico, tant’è che in una lunga e successiva diatriba
legale tra Stato italiano e ordine domenicano furono proprio i ‘cani del
Signore’ ad avere la peggio per il mutamento, nel corso dei secoli, del
significato della parola ‘pubblico’.
Usciamo dalla Casanatense con la sensazione di qualcosa di
bello e andiamo di filato a vedere Sant’Ignazio, ci spostiamo poi verso Fontana
di Trevi dove acquistiamo pizza e panini da mangiare nella piazza di San
Claudio. Torniamo verso Sant’Ignazio per una fantomatica visita gratuita che
non viene effettuata, torniamo dunque alla Casanatense per un interessantissimo
giro didattico tra carte astrali e mappe geografiche.
Torniamo dunque verso la macchina con la fantasia piena di
mappe di esploratori e di pirati, Valentina sulla via del ritorno ha un forte
mal di stomaco e decidiamo che è meglio evitare la pizza a Roma.