venerdì 30 settembre 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Itinerari mentanesi. Mentana * Roma * Autogrill * Santuario di San Gabriele dell’Addolorata * Castelli * Fonte Cerreto * Campo Imperatore * Autogrill * Mentana

30 settembre 2016

Mentana * Roma * Autogrill * Santuario di San Gabriele dell’Addolorata * Castelli * Fonte Cerreto * Campo Imperatore * Autogrill * Mentana

Ci svegliamo presto, ci prepariamo e usciamo. Ci rincontriamo all’ora di pranzo, Claudio si cambia d’abito e andiamo verso Roma dove deve svolgere alcuni lavori, quindi prendiamo l’autostrada e ci dirigiamo, a bordo della Ford Focus, verso l’Abruzzo per ordinare un ovale di ceramica decorato. Mentre i Preappennini laziali esprimono la loro bellezza di fine estate l’Appennino centrale ci abbraccia nel suo accogliente ventre roccioso. Il Gran Sasso ci incanta, per gioco pensiamo a quante volte lo dovremmo vedere per trovarlo noioso e la risposta è impossibile da decifrare in forma di astrazione matematica. Il pomeriggio crea giochi luminosi che si trasformano in ali di luce sulle forti e possenti montagne, decidiamo che forse è meglio andare a visitare prima il Santuario di San Gabriele dell’Addolorata, Mamma Enza e Papà Giancarlo ce ne avevano tanto parlato incuriosendoci, e quindi recarci a Castelli.
La chiesa primonovecentesca in stile classico non ci piace granché e il grosso edificio brullo in cemento armato e ferro che riprende nelle intenzioni le linee delle montagne non ci fa venire certo voglia di entrare. Superiamo la riluttanza e ci troviamo immersi in un arcobaleno di luce e colore in cui la gioia dello stare insieme e la felicità della meraviglia quotidiana dell’essere nell’universo ci pervade. Vetrate multicolori inondano uno spazio aperto, espressione concreta e architettonicamente efficace della spiritualità contemporanea, a prescindere dal proprio credo religioso o dal proprio ateismo. Una chiesa è pur sempre una chiesa e tutto è apparenza di semplicità, di essenzialità, nonostante la profusione di marmi e vetri e mosaici tutto sembra soltanto un grande abbraccio, emozione di bellezza e condivisione. Le ‘armi’ in questo luogo dello spirito sono le canne degli organi che esprimono con la musica la felicità dell’essere insieme e dell’esprimere la propria spiritualità in comunione con gli altri. I mosaici sono essenziali e bellissimi, le vetrate un’onda di pura energia. All’interno della chiesa, verso la cripta, ritroviamo con nostra gioia i pezzi di ceramica del presepe creato dagli studenti dell’Istituto Grue. Usciamo, mentre Claudio va a vedere la cripta con il corpo del santo, Valentina, decisamente meno interessata a reliquie cattoliche, ammira la collezione di arte sacra contemporanea. Ci ritroviamo fuori dalla chiesa, davanti al portale dell’emigrante, meraviglioso memento per l’attuale realtà italiana.
Ci avviamo dunque verso Castelli, dove troviamo tutte le botteghe chiuse e un bottegaio che ci introduce a vedere i suoi lavori che però Valentina non trova particolarmente adatti a quello che ci serve. Chiamiamo i mastri con cui avevamo avuto uno scambio di email e ordiniamo finalmente l’inserto per il letto in ferro e ceramica.
Torniamo verso l’autostrada, andiamo a Fonte Cerreto, dove mangiamo benissimo, quindi riprendiamo la Ford e ci dirigiamo verso Campo Imperatore dove ammiriamo un cielo senza luna e colmo di stelle. Alcune persone stanno osservando col telescopio e ci fanno vedere Altair, quale emozione vedere quel puntino luminoso, nel buio della notte senza pianeti, e pensare che quella moltitudine di minuscole lucelle è una minima parte dell’enorme quantità di sistemi stellari con nomi e caratteristiche diverse rispetto al sistema solare di cui siamo parte.

Torniamo verso Mentana non senza una sosta in autogrill per un caffè stanchi e felici. Facciamo giusto in tempo a metterci il pigiama e cadiamo addormentati in un sonno luminoso e riposante. 

sabato 24 settembre 2016

Cronachette di un Viaggio in Italia. Itinerari mentanesi. Mentana * Insula Sapientiae * Chiesa di Sant’Ignazio * Fontana di Trevi * San Claudio * Biblioteca Casanatense * Mentana

24 settembre 2016

Mentana * Insula Sapientiae * Chiesa di Sant’Ignazio * Fontana di Trevi * San Claudio * Biblioteca Casanatense * Mentana

Ci svegliamo verso le otto, ci prepariamo velocemente e usciamo per partecipare ad una visita guidata all’Insula Sapientiae durante le Giornate del Patrimonio. Valentina indossa per l’occasione la maglietta bianca di seta cucita su misura da Mamma Lucilla, con scarpe rigorosamente basse e comode, Claudio non trova la giacca di lino e opta per una camicia senza cravatta. Saliamo sulla Focus e arriviamo senza fretta e senza eccessivo traffico a Roma, dove troviamo parcheggio dalle parti di Piazzale Flaminio dove pare stiano allestendo un palco per un concerto con finalità animaliste.
Di buon passo arriviamo in Via del Seminario in tempo per il turno delle 11, senza aver fatto colazione. Lo stomaco di Valentina brontola ma fino all’ora di pranzo non sazierà la fame, cosa che ovviamente le causerà un mal di stomaco alquanto molesto che troverà sfogo sulla strada del ritorno e definitivamente poco prima di cena col risultato di un ascetico e non voluto digiuno giornaliero.
Facciamo dunque il nostro ingresso nella Sala del Refettorio della Camera dei Deputati che ci offre ancora una volta la visione di un legno di pirati più che di una biblioteca, abbiamo la netta sensazione di essere nel regno incontrastato del Sandokan uscito dalla penna di Salgari.
Lì ci viene gentilmente raccontata la storia dell’Insula e un moto di rabbia nei confronti dell’ordine dei cosiddetti ‘cani del Signore’ si placa soltanto con la constatazione che oggi quelle che furono sale di tortura, imposizione, coercizione, odio e negazione delle libertà personali ed individuali sono oggi luogo di quella che dovrebbe essere la massima espressione della democrazia italiana e, ancor più, luoghi in cui gli strumenti sono quelli della conoscenza e non dell’odio. Forse i luoghi hanno però una storia, un’attitudine e, a sentire i resoconti parlamentari, sembra proprio che la vocazione alla tortura e alla negazione delle libertà in favore dell’ignoranza gretta e accecante permanga in molti anfratti di quello che fu un monastero costruito a forza sulle più modeste, e probabilmente molto più spirituali, sedi di ordini femminili nonché dei Septa Iulia, luoghi destinati ad uso civile, o ancora a sovrastare templi di altre religioni.
Il monastero dell’ordine religioso fondato da Domenico, poi creato Santo, e tristemente famoso per l’Inquisizione e per aver torturato Giordano Bruno, Tommaso Campanella, aver indotto Galilei all’abiura, aver rincorso e distrutto la vita di donne considerate streghe e aver reso alquanto difficile se non impossibile la libera circolazione di idee e libertà, venne costruito a ridosso del Collegio Romano, al confine con la Chiesa di Sant’Ignazio, venerato dai Gesuiti, acerrimi nemici, insieme ai Francescani di quei Domenicani devoti a Santa Caterina da Siena.
Caterina viene anche definita Santa Anoressia ed è, a guardare con occhi maliziosi, il primo esperimento dell’era volgare ben riuscito di creazione a tavolino di un’icona della propaganda, ben precedente le avanguardie novecentesche, dopo la dissoluzione dell’Impero Romano.
Caterina, analfabeta e molto devota, venne seguita sin da bambina da un confessore che ne descrisse accuratamente le gesta mettendone in luce gli aspetti comunicativamente più rilevanti ai fini dello spirito religioso. Ella venne costretta dal padre, ricco borghese che aveva previsto per lei, giovane carismatica e di bell’aspetto, un matrimonio conveniente, a vestire i panni consunti della serva di casa e a svolgere tutte quelle mansioni che non si addicevano ad una donna della sua condizione sociale ed economica. Il confessore sempre accanto, che probabilmente aveva di già intuito le potenzialità della forza comunicativa della giovane, la incoraggiò a resistere e a far valere il proprio diritto a monacarsi nonostante la ferma opposizione paterna. A quei tempi per una donna opporsi alla volontà del padre non era cosa facile, né tantomeno considerata accettabile dalla chiesa e dalla società. Caterina riuscì però sin da subito a far valere i propri diritti di libera scelta affermando la propria vocazione a sposare soltanto il suo sommo idolo, Gesù. Tanto fece e tanto disse che alla fine la spuntò, forse con grande soddisfazione da parte del confessore, che la condusse per mano sulla via della santità, dote che puntualmente le venne tributata.
Nella sua vita, minuziosamente descritta dal confessore, riuscì a far proseliti, a coinvolgere le popolazioni e a creare intorno a sé un’aura di misticismo tale da diventare la protettrice proprio di quei Domenicani che avrebbero scientificamente torturato donne più o meno libere, con misticismi sicuramente meno d’effetto. I Domenicani, abilissimi comunicatori in perenne conflitto con l’altro ordine religioso noto per le medesime qualità, i Gesuiti di Papa Francesco e delle più alte gerarchie della comunicazione vaticana, riuscirono ad affermare che Caterina aveva anche le stimmate, le quali non erano sanguinanti come quelle di San Francesco, ispiratore di un altro ordine rivale, i Francescani appunto, bensì di luce.
Attraversando chiostri superstiti riportati alla loro funzione originale dopo una serie di modificazioni architettoniche anche piuttosto spericolate, nate dalle esigenze delle successive funzioni del monastero, quindi di caserma napoleonica e di sede istituzionale del Regno d’Italia ci viene da pensare a quanta strada deve ancora compiere il BelPaese prima di potersi definire democrazia.
Visitiamo brevemente quello che oggi è il Polo Bibliotecario Parlamentare, nato dalla fusione delle Biblioteche di Camera e Senato, fino a pochissimi anni fa divise da una porta e da una fondamentale mancanza di comunicazione tra le due istituzioni che si riflette ancora nella evidente suddivisione di ruoli, competenze e spazi tra i lavoratori dei due rami del polo.
Giungiamo quindi alla Biblioteca Casanatense, dove va in scena il grande spettacolo del sapere universale del tempo.
La splendida biblioteca con volumi di gran pregio voluta da Girolamo Casanate con una precisa volontà è un vero e proprio gioiello architettonico e della conoscenza dove lo scibile è strutturato in rigidissima categorizzazione in base a quelle che erano le priorità del tempo.
Forse ebbe un’intuizione, forse nell’ultima parte della sua vita volle fare uno scherzo alla marchese del Grillo o la sua fu semplicemente un desiderio di affermazione del proprio potere personale. Sapeva, probabilmente, che come inquisitore, cardinale e bibliotecario il suo nome non sarebbe rimasto nella memoria storica della Città Eterna e che se avesse donato il suo fondo librario alla più importante, prestigiosa e imponente biblioteca cittadina non sarebbe stato altro che il nome di una sala o di un’ala di una grande istituzione e così decise di donare i suoi libri e fare un consistente lascito ai Domenicani per la costruzione di una Biblioteca pubblica. Qualcosa di rivoluzionario per il tempo e soprattutto qualcosa di molto diverso da quello che noi oggi consideriamo pubblico, tant’è che in una lunga e successiva diatriba legale tra Stato italiano e ordine domenicano furono proprio i ‘cani del Signore’ ad avere la peggio per il mutamento, nel corso dei secoli, del significato della parola ‘pubblico’.
Usciamo dalla Casanatense con la sensazione di qualcosa di bello e andiamo di filato a vedere Sant’Ignazio, ci spostiamo poi verso Fontana di Trevi dove acquistiamo pizza e panini da mangiare nella piazza di San Claudio. Torniamo verso Sant’Ignazio per una fantomatica visita gratuita che non viene effettuata, torniamo dunque alla Casanatense per un interessantissimo giro didattico tra carte astrali e mappe geografiche.

Torniamo dunque verso la macchina con la fantasia piena di mappe di esploratori e di pirati, Valentina sulla via del ritorno ha un forte mal di stomaco e decidiamo che è meglio evitare la pizza a Roma.  

sabato 17 settembre 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Itinerari mentanesi. Mentana * Castelli * Mentana

17 settembre 2016
Mentana * Castelli * Mentana

Ci svegliamo presto con la voglia di poltrire nel fresco tepore mattutino. Facciamo colazione, ci prepariamo e usciamo. La Ford è già carica con gli strumenti da lavoro di Claudio, Francesco ci aspetta al bar, dobbiamo sbrigarci. Siamo indecisi se lasciare alla piccola Sara il regalo per il suo compleanno davanti alla porta oppure farglielo trovare al ritorno. È meglio darglielo di persona, pensa Claudio. Francesco è puntuale e ci incontriamo subito. Mentana è ancora sonnolenta, chi doveva alzarsi presto per andare a Roma si è già alzato i primi furgoni del mercato cominciano a preparare banchi ricolmi di mercanzia e prodotti agroalimentari locali.
Chiacchieriamo del più e del meno fino all’uscita autostradale con vivacità senza sentire il peso del tragitto. Le montagne ci accolgono ricolme di nebbiolina, fiamme di nuvolette sembrano originare dalle sinuose morbidezze rocciose, gli alberi sbadigliano via la notte per accogliere il sole pieno di fine estate.
Il Gran Sasso gioca a nascondino in spettacolari svelamenti celandosi quindi in un manto lieve e denso di umidità. Raggiungiamo subito la casetta dove Claudio e Francesco devono sistemare un soppalco. È in pietra, immersa nel bosco, piccolina e inserita in un casolare più ampio ma sempre non particolarmente grande. La strada per raggiungerla è seminascosta dalle fronde e dalle curve, si inoltra nel bosco fitto, quindi si apre a mostrare il roccioso e fiero Camicia illuminato da sapienti raggi di un sole che ha deciso di coccolarci evidenziando tra luci ed ombre la bellezza della Natura in cui è immersa l’abitazione. Un prato ampio e vasto si espande fino alle pendici del monte e verso la radura, il mare all’orizzonte sembra compreso tra due mani di colline con l’attaccatura dei palmi e i polsi uniti, le dita aperte a formare un’ideale coppa. Sotto lo strapiombo ecco minuscola Castelli, un quadro inerpicato su una cresta.
È ora di cominciare il lavoro, Valentina saluta Claudio e Francesco e si dirige con la Focus, dopo aver segnato sul TomTom le indicazioni stradali per il casolare non facilissimamente individuabile, verso la scuola di cui con tanto entusiasmo ci avevano parlato Mamma Lucilla e Papà Pietro. Uno scoiattolo nero attraversa la strada ricordandole i mesi canadesi in cui ha avuto modo di conoscere piuttosto bene le abitudini delle pesti pelose con delle ottime pubbliche relazioni, come le vennero descritti una volta. La trova subito prima di entrare in paese e quello che vede la incanta oltre ogni immaginazione.
Eppur si muove, le viene da pensare, eppure è possibile, anche in Italia che la scuola sia luogo di apprendimento e insegnamento, che vi sia gioia nell’imparare e nell’insegnare e che si crei quella incredibile magia che soltanto si genera quando si può liberamente esprimere il talento e il desiderio di conoscenza, di sapere. Tutto è come dovrebbe essere, l’atmosfera è rilassata, tranquilla, giocosa e allegra. Le aule e i laboratori le fanno venire in mente quella scuola d’arte canadese che tanto l’aveva sconvolta perché aveva pensato, quel giorno di inimmaginabile sciopero selvaggio degli autobus, che è possibile, è concretamente possibile creare delle scuole che funzionano, delle scuole in cui apprendere non sia un peso bensì un gioco, il più appassionante di tutti i giochi e di tutte le esperienze, eccezion fatta per la vita e per l’amore stessi.
Nella scuola c’è anche un presepe splendido e altre opere create dagli allievi nel corso degli anni. Un sentimento di pura emozione la pervade, la felicità le si legge negli occhi, è possibile anche in Italia, pensa con un sospiro di grandissima fiducia.
Esce stordita da quel luogo magico e si dirige verso Castelli.
Lì fa il giro di tutte le botteghe artigiane, dopo aver sorbito un caffellatte in un coloratissimo bar, e cerca di familiarizzarsi con lo stile delle ceramiche castellane, peculiarissimo e affatto differente tra bottega e bottega.
Se vi sono taluni motivi ricorrenti, che hanno costituito nel corso del tempo un vero e proprio marchio di fabbrica della ceramica prodotta in questo paesino abbarbicato tra le montagne, ed è evidentemente individuabile uno stile caratteristico e tipico, vi è anche una notevole diversificazione di motivi e produzioni che cambiano sensibilmente o variano lievemente in base all’artigiano che li crea. In altre parole, sembra di fare un tuffo nella tradizione tutta italiana delle botteghe in cui il ‘maestro’ ha affinato tecniche e stilemi.
Nell’aria si diffondono odorini squisiti per l’ora di pranzo, Valentina va a recuperare Claudio e Francesco con la Focus incredibilmente senza sbagliare strada decisamente di ottimo umore. Quando arriva non hanno ancora finito, ma di lì a poco sarà ora di ‘rifare i ferri’ e andare via. L’entusiasmo di Valentina ci riporta verso la scuola dove Francesco e Claudio sembrano non credere ai loro occhi, si girano e si guardano intorno come bambini in un mondo incantato di fiaba e realtà al contempo.
Usciamo con gli occhi pieni di certezza che volendo tutto si può fare, con determinazione, cocciutaggine, sapere, arte e conoscenza, perfino una buona scuola in Italia.
Ci dirigiamo quindi verso il Santuario di San Donato con il soffitto a pannelli di maiolica, è aperto e bellissimo. Una chiesetta in pietra, alle spalle il Camicia, nel bel mezzo del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga, e all’interno una spiritualità fatta di verità e di bellezza.
Arriviamo a Castelli affamati, troviamo un ristorantino dove ci accolgono con gentilezza e mangiamo bene. Quindi ci scateniamo nel paesello per trovare le ceramiche che più sono adatte a ciò che abbiamo in mente di realizzare. I mastri artigiani ci accolgono sorridendo, sanno già quello che abbiamo in mente e svelano a Claudio e Francesco, stupefatti da tanta bellezza e diversità negli stili, le loro creazioni.

È tardi e torniamo verso Mentana, non senza una sosta, come all’andata, per un caffè al solito Autogrill, chiacchierando tutto il tempo di diritti civili. 

sabato 10 settembre 2016

Cronachette di un Viaggio in Italia. Itinerari mentanesi. Mentana * Roma, Santa Maria della Pace * Mentana

10 settembre 2016

Mentana * Roma * Mentana

Ci svegliamo poco prima delle otto. La giornata è bella, un po’ afosa, non ci sono nuvoloni all’orizzonte come previsto dal servizio meteorologico, decidiamo di uscire. Siamo indecisi tra l’andare in una piscina termale nei dintorni, nel caso ci chiediamo quale sarebbe quella più adatta in base alla temperatura dell’acqua, al mare o in montagna. Dovremmo anche tirare su le piante di pomodoro nell’orto, cadute durante la nostra assenza, sistemare i potos, andare a fare la spesa al mercato settimanale e sbrigare altre faccende domestiche. Sarebbe opportuno anche andare a trovare Nonna, Genitori e parentado. Oppure pigrare tutta la giornata e rimandare gli impegni a domani. Siamo svegli, dormire tutta la giornata non è poi così allettante. Claudio è un po’ stanco e non ha troppa voglia di guidare a lungo, optiamo per un giretto a Roma. È sabato e, incrociando le dita, dovremmo riuscire ad arrivare in tempo per gli orari di apertura, si fa per dire, di Santa Maria della Pace. Da oltre dieci anni Valentina cerca invano di vedere la chiesetta dall’interno, recandovisi sempre negli orari di apertura indicati ma non c’è mai stato verso di trovarla aperta. Cancello chiuso, vasi davanti al cancello, uno scrigno di tesori inestimabili sequestrato dai preti, uno tra i più begli affreschi di Raffaello visibile soltanto dall’alto grazie ad una finestra nel bar nell’adiacente, e annesso ma gestito diversamente, Chiostro del Bramante.
Saliamo sulla Ford e ci dirigiamo verso Villa Borghese. Troviamo parcheggio quasi subito. Attraversiamo a piedi vicoli e piazzette in cui notiamo con un certo piacere misto ad una specie di orgoglio nazionale e locale che stanno rifiorendo le botteghe di artigianato di qualità nel centro storico della Capitale.
Appena arriviamo davanti all’ingresso della Piazzetta della Pace, dove le saracinesche del Caffè della Pace sono vergognosamente chiuse, e dove fervono lavori di ristrutturazione del manto stradale e di ripristino della pavimentazione a sanpietrini, scorgiamo il cancello della chiesa aperto. Non vogliamo ancora credere ai nostri occhi, ma anche il portale è aperto.
Appena varchiamo la soglia di marmo bianco che ci porta verso una sinfonia di policromie sorprendenti, un brivido di emozione percorre la schiena di Valentina, che cerca il contatto con le dita di Claudio.
Ecco che, alla nostra destra, compare l’affresco tante volte cercato, tantissime volte sbirciato dalla grande finestra e l’arte pervade i nostri sensi.
È un tutto, una musica che travalica il tempo e lo spazio, luce pura nella sua più mirabile espressione di pulviscoli colorati, assoluta bellezza.
Non c’è un dettaglio, un’inezia, un qualcosa che non sia espressione completa di perfezione.
Se l’essere umano è stato in grado di creare questo, pensiamo all’unisono senza parlare, tutta la bellezza che non è stata compresa, vista, immaginata è possibile e c’è forse un motivo per cui gli esseri umani popolano, distruggendolo continuamente, e costantemente proteggendolo, questo meraviglioso Pianeta.
Tutte le emozioni coesistono nell’attimo di estasi suprema che si prova semplicemente ammirando il capolavoro raffaellesco, tutti gli attimi vissuti in tutti gli angoli della Terra, nei mondi dell’immaginazione e della fantasia, dell’arte, della musica, della scienza e della letteratura, sono raffigurati dalle sibille e dagli angeli.
Intorno a noi Michelangelo, Rosso Fiorentino, Sangallo chiedono a gran voce attenzione. Ci giriamo col naso all’insù che non ci fa venire le vertigini perché sembra che a Santa Maria della Pace tutta l’arte italiana si sia data appuntamento per sconvolgere e riempire di senso, di bellezza, di assoluto e di verità chi guarda, incredulo, attonito, ciò che è, nel suo essere più essenziale.
Impossibile descrivere tanta bellezza perché ha la medesima forza dell’oceano, delle montagne più maestose e imponenti, della Natura.
Santa Maria della Pace non è una chiesa qualunque, è uno scrigno, qualcosa di talmente bello da risultare indescrivibile perché è come se le parole più emozionanti di Shakespeare, le invenzioni più strabilianti di Leonardo e la musica più ispirata di Vivaldi si trovassero unite in un unicum spazio-temporale.
Usciamo dalla chiesa con un lieve giramento di testa e la voglia di tornare per vedere le variazioni di luce sui colori. L’affresco di Raffaello ci coccola gli occhi e ci inebria, nenia visiva, emozione allo stato puro. Vaghiamo alla ricerca di qualcosa da mangiare ma neanche il ritmo brioso di Piazza Navona riesce a distoglierci dalla voglia di tornare a vedere quel capolavoro.
Entriamo a San Luigi de’ Francesi, il Trittico di San Matteo è reso invisibile dalla calca di turisti che si affollano per vedere i Caravaggio mentre i fedeli si raccolgono in preghiera. Non cerchiamo la forza di Michelangelo Merisi da Caravaggio e anche la violenza espressiva di Michelangelo Buonarroti ci colpisce relativamente. Siamo come stregati dalle Sibille raffaellesche e torniamo verso Santa Maria della Pace, rientriamo per farci travolgere dalla bellezza nella sua forma più eccelsa. Usciamo, mangiamo qualcosa e poi rientriamo. Non c’è alternativa, ci sentiamo richiamati da quell’assoluto, come ci è accaduto col Gran Sasso, col Monte Bianco, con l’oceano.

Torniamo di corsa a Mentana, l’acquazzone incombe. 

domenica 4 settembre 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Itinerari mentanesi. Mentana * Roma * Licenza * Orvinio * Ponticelli di Scandriglia * Mentana

4 settembre

Mentana * Roma * Licenza * Orvinio * Ponticelli di Scandriglia * Mentana

Ci svegliamo ancora un po’ intontiti dal viaggio. Sistemiamo alcune faccende domestiche, prepariamo il sugo da imbottigliare per l’inverno, mangiamo e decidiamo di andare a fare un giro tra i monumenti aperti gratuitamente la domenica, stimolati dalla telefonata di Mamma Lucilla.
La prima tappa è Roma, non troppo trafficata in questa calda domenica di settembre, probabilmente sono tutti quanti al mare. Ci troviamo davanti alle Terme di Caracalla all’ora di pranzo, non dobbiamo fare la fila, il solleone romano ha evidentemente fatto desistere anche i turisti più motivati. Il complesso, maestoso esempio di stupefacente capacità ingegneristica ci incanta nella sua bellezza. Particolarmente evidente, oltre al livello di conoscenza scientifica raggiunta dagli antichi romani, che le società per qualche strano motivo arrivano ad un punto di saturazione e poi sembrano disgregarsi per ricominciare. Le conoscenze tecnologiche di ingegneri e maestranze imperiali quasi all’inizio della dissoluzione del più grande impero occidentale è a dir poco impressionante. Talune tecnologie sono attualmente utilizzate, altre recentemente (ri)scoperte, moltissime non comprese dalle società fino a poche manciate di decenni fa. Difficile comprendere in che modo le società possano, pressoché all’improvviso, perdere le più basilari forme di conoscenza, le tecnologie e il sapere letterario, artistico, scientifico, seppur ‘evolvendosi’, in qualche forma. Quello che più colpisce l’immaginazione è che vi sia sempre un punto di dissoluzione fortemente collegato alla corruzione soprattutto nelle società dittatoriali, in cui il livello di libertà individuale e collettivo è fortemente inficiato dall’assolutismo dispotico.
Sembra che tutte le società, nella storia, si siano scontrate al loro apice con la mancanza fondamentale di libertà e si siano dunque corrotte fino a dissolversi nel liquame della corruttela.
Questo pensiero ci inquieta non poco quando vediamo un’opera di arte contemporanea ideata da Michelangelo Pistoletto e commentata da Achille Bonito Oliva. La reazione spontanea e immediata di Claudio è ‘e ce se chiama pure Michelangelo!’. Valentina, più diplomaticamente, pensa che in fondo il simbolo trinitario cattolico associato a quello matematico dell’infinito nell’ideazione di un terzo Paradiso, dunque ad una dimensione spirituale fortemente intrisa di religiosità cristiana, in un luogo di svago e ristoro quale quello di un ampio e monumentale complesso termale della Roma Antica che certamente non era particolarmente permeata di dualismo o dogmatico trinitarismo cattolico è forse un po’ fuori luogo.
Proseguiamo comunque il nostro giro, diretti alla Villa di Orazio, nel comune di Licenza.
Al percorso a piedi preferiamo quello su quattro ruote e il grande poeta romano, che ebbe il coraggio di rifiutare le offerte di Cesare per vivere tranquillo tra i monti che a lui debbono la dedica a Lucrezio, ci punisce dall’eternità per questo facendoci trovare i cancelli di ingresso chiusi.
Guardiamo qualcosa dall’esterno, un po’ si riesce a vedere e soprattutto molto si riesce a capire di una persona che ha avuto la forza di vivere e agire le proprie idee.
Scoraggiati andiamo verso Orvinio per mangiare un po’ di pizza, nel frattempo la selvaggia Sabina, in cui la natura si è intrecciata all’opera umana in una armoniosa sinfonia verde e blu, ci accoglie e ci fa sentire a casa, distanti da quell’oceano che ci ha inebriati eppure felici di essere qui.
Andando verso la Villa di Orazio siamo passati a pochi chilometri dalla dimora scelta da Giuseppe Tucci, nel paesino di San Polo dei Cavalieri ove il giovane e ribelle Federico Cesi preferiva alla guerra l’osservazione e lo studio della natura. Lo spirito di questi personaggi per qualche motivo ispira il nostro viaggio e i nostri percorsi e ci riporta verso luoghi in cui la libertà può essere agita individualmente prima ancora che collettivamente.
A Orvinio il forno è chiuso e al chioschetto in piazza servono soltanto gelati confezionati industriali. Andiamo quindi verso Scandriglia passando per la solita via impervia e dissestata, Orazio è lì, ci sembra quasi di sentirlo ridacchiare bonario. Ci fermiamo a raccogliere le more e arriviamo a Scandriglia senza un filo di benzina. Claudio se ne accorge tardi, Valentina inserisce sul TomTom l’indicazione benzinai e giungiamo alla pompa di benzina di Ponticelli, frazione di Scandriglia, dove ci accoglie una scena da film western, sembra quasi che stiamo ripercorrendo al contrario la strada del nostro viaggio e, oltre a Orazio e Tucci, ci sembra di intravedere il cappello di Clint mentre le note di Morricone rendono arte senza tempo le immagini di Sergio Leone.

Nel giro di poco riusciamo a risolvere la questione in un teatrino molto divertente, a vederlo da fuori. Torniamo a Mentana stanchissimi e Mamma Lucilla ci offre un approdo con riso, verdure e mozzarelle. Con nostra grande felicità prepara anche la sua ormai leggendaria crema con le more, torniamo, Claudio bada alla bollitura delle bottiglie di sugo e ci addormentiamo stremati. 

venerdì 2 settembre 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Agriturismo nel Parco dell’Uccellina * Alberese * Grosseto * Marina di Grosseto * Arcille * Mentana

2 settembre 2016

Agriturismo nel Parco dell’Uccellina * Alberese * Grosseto * Marina di Grosseto * Arcille * Mentana

Ci svegliamo tardi, verso le nove dopo una dormita di circa dodici ore. Pensiamo sia ora di tornare verso Mentana, così da avere almeno la giornata di sabato per lavare i panni, sistemarci e riprendere il tran-tran quotidiano. Paghiamo il soggiorno, lasciamo la stanza e carichiamo la Focus, andiamo ad Alberese per acquistare biglietti e Settimana Enigmistica nuova, torniamo verso l’agriturismo dove parcheggiamo la Ford stracarica. Ci incamminiamo verso la fermata dell’autobus, attratti da un nuovo cartello, nell’attesa andiamo a curiosare dalle parti della sede del parco, quindi torniamo verso la fermata e compiliamo schemi di parole crociate sotto il sole cocente. Arriviamo al mare e costruiamo una capannuccia con pezzi di ramo ammonticchiati sulla spiaggia e parei. Ci spruzziamo un po’ di protettivo, ringraziando mentalmente Mariagrazia e Massimiliano per averci regalato il doposole che ci ha permesso di poterci sdraiare nuovamente sulla sabbia toscana dopo il primo ‘bagno di sole’.
L’acqua è fresca, cominciamo a risentire la giusta temperatura, trasparente e calmissima, per cui nuotiamo e sguazziamo felici nel liquido elemento per più di un’ora. Ci viene una gran fame e Claudio va verso i chioschetti per acquistare qualche panino. Nel frattempo Valentina, comodamente stesa sotto i teli a compilare schemi di parole crociate, viene raggiunta da un topolino di campagna che la saluta passandole sul braccio e gettandosi nel mare. I condizionamenti sociali e mentali sono una cosa molto complessa e fortemente radicata nell’istintualità per cui le viene spontaneo fare un gran balzo e lanciarsi in acqua. In men che non si dica smonta la capannuccia, prepara le borse e raggiunge Claudio al chioschetto.
Contestualmente anche gli ambulanti smantellano i ‘negozi’, forse ispirati da tanta foga.
Mangiamo ottimi panini dopo aver igienizzato il braccio dove il topolino, tra l’altro carinissimo e molto coraggioso, aveva deciso di camminare per paura di eventuali germi che tali bestioline potrebbero trasmettere agli esseri umani. Ci rilassiamo un po’ sotto la frescura della pineta accompagnati dal suono melodioso di grilli e cicale, quindi ripartiamo.
L’autobus arriva quasi subito e, appena giunti all’agriturismo, chiediamo di poterci dare una lavata raccontando la storia del topolino che suscita ilarità e comprensione. Ci cambiamo d’abito, riprendiamo la Focus e andiamo verso Grosseto, dove troviamo un ottimo negozietto di prodotti naturali e un negozio di scarpe che scatena la rabbia di Claudio il quale si rifiuta categoricamente di acquistare un nuovo paio di calzature suscitando l’incredula reazione di Valentina che invece ha una passione molto femminile per tale accessorio.
È quasi ora di cena e ci dirigiamo verso Arcille, abbiamo voglia di assaggiare la zuppa di funghi che ci ha consigliato la ragazza la sera prima. Non ci servirà lei, stasera, a meno che non vogliamo mangiare sotto il tendone con le luci a neon anziché davanti al tramonto toscano. Siamo dispiaciuti ma ci troviamo comunque bene.
Intavoliamo una discussione culinaria con un trio formato da due fiorentini e un novarese in cui la ricetta della pappa al pomodoro infiamma inevitabili riflessioni sul concetto di Stato e organizzazione sociale, concludiamo la disquisizione concordando sul fatto che il parmigiano non va d’accordo con le tagliatelle ai porcini.

Chiacchierando chiacchierando Claudio beve un’altra bottiglia di Morellino e Valentina accusa una grande stanchezza per cui ci avviamo verso casa ma la pesantezza sugli occhi si fa sentire e non c’è molto altro da fare se non cercare un luogo dove fermarci. Proviamo ad Ansedonia ma poi riusciamo ad arrivare verso Orte e ci appisoliamo nel primo autogrill dopo il casello, riuscendo ad evitare un pericoloso colpo di sonno.  

giovedì 1 settembre 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Agriturismo nel Parco dell’Uccellina * mare * Grosseto * Arcille * Agriturismo nel Parco dell’Uccellina

1 settembre 2016

Agriturismo nel Parco dell’Uccellina * mare * Grosseto * Arcille * Agriturismo nel Parco dell’Uccellina

Ci svegliamo tardissimo, dopo le undici. Pigriamo tutta la giornata, l’agriturismo della Signora Paola ci fa uno strano effetto di posto familiare, spesso sono le persone a fare i luoghi. Siamo ancora indolenziti, regaliamo il latte alla nuora della Signora Paola, l’intestino di Valentina ha accusato qualche contraccolpo dopo il viaggio. Lasciamo la Ford parcheggiata, ci prepariamo per il mare e ci incamminiamo alla fermata. Ci accingiamo a compilare qualche schema di parole crociate e arriva subito l’autobus. È talmente tardi che non ci preoccupiamo di trovare una capannina, ci lanciamo verso l’acqua limpida e placida per un lungo bagno. Mentre ci asciughiamo e compiliamo schemi di parole crociate il flusso di ambulanti aumenta ad un punto tale da sembrarci inopportuno e snervante. Hai voglia a dir no in modo cortese! forse la gentilezza è da taluni presa come forma di debolezza e accettazione e l’educazione, il non voler litigare e il lasciar correre per evitare di rovinarsi le vacanze viene frainteso quale stimolo a proseguire in azioni di disturbo, peraltro illecite e illegali. Mettere cartelli con su scritto ‘no, grazie, gentilmente’ ci sembra un’opzione ma poi rischieremmo i rimbrotti e l’accusa di razzismo, d’altronde, pensiamo, anche questi devono campare, sì, ci rispondiamo, ma anche noi, pertanto, dedicandoci un paio di giorni di relax, abbiamo optato per un parco naturale con ingresso contingentato per le automobili e una enorme quantità di richieste di permesso per qualunque attività commerciale. All’arrivo di un ambulante che pubblicizzava occhiali a 5 euro di famose marche dell’alta moda, una nuvola di umor nero si dipinge sulla testa di Valentina. Decidiamo quindi di fare un lungo bagno nella limpida acqua, tanto tranquilla da far pensare ad un enorme lago se non fosse evidentemente salata. Il paragone ci ricorda che, in fondo, il Mediterraneo è un enorme lago salmastro e la tutela dell’ambiente marino è una necessità assoluta. Questo viaggio sta decisamente facendo crescere la nostra coscienza ambientalista, non poi così dormiente.
Ci asciughiamo e per non rovinarci la giornata riprendiamo la navetta verso l’agriturismo, che arriva dopo qualche minuto in cui Valentina sfoga tutto il suo nervosismo nei confronti degli ambulanti che si comportano da bravotti di manzoniana memoria, pretendendo rispetto, educazione e gentilezza, non avendo però l’accortezza di rivolgere le medesime premure nei confronti degli altri.
Riprendiamo subito la Ford per andare verso Grosseto, dove troviamo un baretto in cui è possibile connetterci a internet e dove chiacchieriamo di politica, nuove tecnologie, attualità e terremoto.
Grosseto non è particolarmente affollata ma ci dà comunque la sensazione di una città, per cui andiamo verso la sagra del porcino di Arcille, dove ammiriamo un tramonto spettacolare e mangiamo benissimo, consigliati da una ragazza carinissima su piatti e specialità.

Claudio beve un’intera bottiglia di Morellino e Valentina, notoriamente astemia, guida fino all’agriturismo, dove ci addormentiamo satolli e contenti.