sabato 8 ottobre 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Itinerari mentanesi. Mentana * Autogrill * Terme di Rapolano * Asciano * Crete senesi * Sinalunga * Autogrill * Mentana

8 ottobre 2016

Mentana * Autogrill * Terme di Rapolano * Asciano * Crete senesi * Sinalunga * Autogrill * Mentana


Ci svegliamo verso le otto di mattina, il tempo è incerto ma non sembra minacciare pioggia. Guardiamo le previsioni meteo e decidiamo di fare colazione e sbrigarci per andare alle terme. Prepariamo velocemente borsone e zaino, prendiamo la Ford Focus e partiamo verso la provincia di Siena. Prendiamo l’autostrada, mentre il tempo varia sulle nostre teste ammiriamo la meraviglia dell’autunno sui vigneti laziali e umbri. La ruggine comincia a posarsi sul verde delle foglie mentre i grappoli sodi di succoso nettare sono stati già raccolti e portati a vinificare. Rimaniamo in silenzio in un intreccio di pensieri e immagini fino a Orvieto, poi Claudio ha la necessità di una colazione e ci fermiamo all’autogrill prima di quello di Fabro, dove troviamo una carovana di turisti cinesi. Andiamo via con la voglia di arrivare presto. Rapolano ci accoglie tra le sue calde acque solfuree e ci rilassiamo per almeno quattro ore in cui l’unico nostro interesse è la bellezza del lasciarsi coccolare dal benefico liquido. Pranziamo nella tavola calda delle terme e poi ci addormentiamo nell’area della vasca coperta con l’acqua caldissima. Respiriamo a pieni polmoni lo zolfo che lava via tutti i fastidi e le noie. I nostri corpi si adagiano nel tepore umidiccio come in un accogliente grembo materno prima di decidere che è ora di tornare nella vita normale, per quanto il concetto di normalità sia discutibile, e andare a toglierci il costume. Valentina si asciuga i capelli e si veste, preferendo lasciare sulla sua pelle il velo di acqua solforosa e quindi ha tutto il tempo di osservare con sguardo rilassato il movimento lento e cadenzato di una scopa che definisce spazi, linee e superfici mentre Claudio fa una lunga doccia. Usciamo poco prima dell’inizio del temporale, vorremmo fermarci nella vicina Asciano per un panino ma non troviamo niente di aperto per cui proseguiamo verso Sud attraversando le Crete senesi, paesaggio brullo, aspro e morbido al contempo, che volevamo vedere da tempo. Arriviamo a Sinalunga, dove l’Eroe dei due mondi venne arrestato poco prima di giungere a Mentana per perdere la famosa battaglia, ci fermiamo nel bar Garibaldi costruito all’interno di quello che fu probabilmente l’albergo in cui soggiornò. Molte cose sono cambiate da allora, tra cui l’usanza di utilizzare pane fresco per i panini, per cui Claudio prende una birra olandese e una focaccia con salame piccante mentre Valentina resta digiuna fino all’arrivo al vicino supermercato. Andiamo via con disappunto e ci avviamo decisamente verso casa mente il temporale si scatena fuori dall’abitacolo, ci fermiamo per un caffè in autogrill dove troviamo un’altra carovana di turisti cinesi e quindi torniamo a Mentana.   

sabato 1 ottobre 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Itinerari mentanesi. Mentana * Sutri * Lido degli Estruschi, Tarquinia * Cerveteri * Mentana

1 ottobre 2016

Mentana * Sutri * Lido degli Estruschi, Tarquinia * Cerveteri * Mentana

Ci svegliamo verso le otto con la voglia di pigrare tra le lenzuola e le coperte. Ci alziamo pieni di buone intenzioni per andare in piscina ma tra una cosa e l’altra non usciamo prima delle dieci e mezza e tutte le piscine sono stracolme di ragazzini e persone che hanno soltanto il weekend per fare attività sportiva. Dopo qualche indecisione ci dirigiamo verso il mare, anche la Focus si è stancata di gironzolare sempre per le stesse strade e ha voglia, come noi, di sentire l’arietta salmastra sulla superficie. Non facciamo colazione ma prendiamo caffè e prosecco in un bar di Sutri dove intavoliamo una animata discussione sulla necessità di costruire una scena musicale indipendente e sull’importanza della cultura nelle contemporanee società democratiche. Non c’è più la guerra, pensiamo, ormai da parecchi anni e costruire pace e libertà è un percorso lungo, difficile eppure meraviglioso. Risaliamo sulla Ford e proseguiamo verso il mare. La campagna laziale si snoda lentamente davanti ai nostri occhi coi vigneti colmi di frutta matura o già vendemmiati e il mare è un’apparizione blu che ci attrae a sé. Il cielo non è limpidissimo e c’è vento ma appena arriviamo sul lungomare ci guardiamo e in men che non si dica indossiamo i costumi da piscina, senza timore di sembrare ridicoli tanto non c’è praticamente nessuno sull’ampia spiaggia, e qualche aspirante surfista si allena nell’acqua non limpidissima. Entriamo senza indugio, valutando la temperatura come piuttosto più calda di quella dell’oceano, ci guardiamo, osserviamo gli aspiranti surfisti coperti con le mute e Claudio scuote la testa sorridendo “non sanno che vuol dire aver bisogno della muta”, scherza e ridiamo con l’oceano negli occhi e il Tirreno che ci accarezza il corpo con la dolcezza del Mediterraneo. Sguazziamo divertendoci a nuotare controcorrente, saltiamo sulle onde surfando col corpo, urliamo per farci scorgere dagli altri in acqua, ci sorridono, si sono accorti di noi. Ridiamo felici e ci sentiamo liberi, riadattiamo la canzone di Gaber ‘la libertà non è uno spazio libero, la libertà è un bagno in mezzo al mare’. Pensandoci a mente fredda ci rendiamo conto di quanto tale gioco di parole sia vero. Usciamo, ci asciughiamo togliendoci il costume fondamentalmente noncuranti di esser visti seminudi mentre il vento ci acconcia i capelli e il mare ci nutre la pelle, tanto sulla spiaggia non c’è praticamente nessuno e le poche persone stanno o sdraiate ad abbronzarsi oppure sono intente ad apprendere qualche sport e non ci guardano neanche. Le risate nei nostri occhi si incontrano e torniamo sulla Focus con una gran voglia di mangiare della frutta. Salutiamo il mare e andiamo verso Cerveteri, dove troviamo una cantina sociale niente male e le necropoli patrimonio UNESCO chiuse, è già tardi dobbiamo tornare verso casa, non prima di una sosta in una bottega artigiana dove troviamo squisitezza marinare.
Torniamo senza indugio verso casa con una gran fame, un forte desiderio di creare e l’oceano irrimediabilmente negli occhi. 

venerdì 30 settembre 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Itinerari mentanesi. Mentana * Roma * Autogrill * Santuario di San Gabriele dell’Addolorata * Castelli * Fonte Cerreto * Campo Imperatore * Autogrill * Mentana

30 settembre 2016

Mentana * Roma * Autogrill * Santuario di San Gabriele dell’Addolorata * Castelli * Fonte Cerreto * Campo Imperatore * Autogrill * Mentana

Ci svegliamo presto, ci prepariamo e usciamo. Ci rincontriamo all’ora di pranzo, Claudio si cambia d’abito e andiamo verso Roma dove deve svolgere alcuni lavori, quindi prendiamo l’autostrada e ci dirigiamo, a bordo della Ford Focus, verso l’Abruzzo per ordinare un ovale di ceramica decorato. Mentre i Preappennini laziali esprimono la loro bellezza di fine estate l’Appennino centrale ci abbraccia nel suo accogliente ventre roccioso. Il Gran Sasso ci incanta, per gioco pensiamo a quante volte lo dovremmo vedere per trovarlo noioso e la risposta è impossibile da decifrare in forma di astrazione matematica. Il pomeriggio crea giochi luminosi che si trasformano in ali di luce sulle forti e possenti montagne, decidiamo che forse è meglio andare a visitare prima il Santuario di San Gabriele dell’Addolorata, Mamma Enza e Papà Giancarlo ce ne avevano tanto parlato incuriosendoci, e quindi recarci a Castelli.
La chiesa primonovecentesca in stile classico non ci piace granché e il grosso edificio brullo in cemento armato e ferro che riprende nelle intenzioni le linee delle montagne non ci fa venire certo voglia di entrare. Superiamo la riluttanza e ci troviamo immersi in un arcobaleno di luce e colore in cui la gioia dello stare insieme e la felicità della meraviglia quotidiana dell’essere nell’universo ci pervade. Vetrate multicolori inondano uno spazio aperto, espressione concreta e architettonicamente efficace della spiritualità contemporanea, a prescindere dal proprio credo religioso o dal proprio ateismo. Una chiesa è pur sempre una chiesa e tutto è apparenza di semplicità, di essenzialità, nonostante la profusione di marmi e vetri e mosaici tutto sembra soltanto un grande abbraccio, emozione di bellezza e condivisione. Le ‘armi’ in questo luogo dello spirito sono le canne degli organi che esprimono con la musica la felicità dell’essere insieme e dell’esprimere la propria spiritualità in comunione con gli altri. I mosaici sono essenziali e bellissimi, le vetrate un’onda di pura energia. All’interno della chiesa, verso la cripta, ritroviamo con nostra gioia i pezzi di ceramica del presepe creato dagli studenti dell’Istituto Grue. Usciamo, mentre Claudio va a vedere la cripta con il corpo del santo, Valentina, decisamente meno interessata a reliquie cattoliche, ammira la collezione di arte sacra contemporanea. Ci ritroviamo fuori dalla chiesa, davanti al portale dell’emigrante, meraviglioso memento per l’attuale realtà italiana.
Ci avviamo dunque verso Castelli, dove troviamo tutte le botteghe chiuse e un bottegaio che ci introduce a vedere i suoi lavori che però Valentina non trova particolarmente adatti a quello che ci serve. Chiamiamo i mastri con cui avevamo avuto uno scambio di email e ordiniamo finalmente l’inserto per il letto in ferro e ceramica.
Torniamo verso l’autostrada, andiamo a Fonte Cerreto, dove mangiamo benissimo, quindi riprendiamo la Ford e ci dirigiamo verso Campo Imperatore dove ammiriamo un cielo senza luna e colmo di stelle. Alcune persone stanno osservando col telescopio e ci fanno vedere Altair, quale emozione vedere quel puntino luminoso, nel buio della notte senza pianeti, e pensare che quella moltitudine di minuscole lucelle è una minima parte dell’enorme quantità di sistemi stellari con nomi e caratteristiche diverse rispetto al sistema solare di cui siamo parte.

Torniamo verso Mentana non senza una sosta in autogrill per un caffè stanchi e felici. Facciamo giusto in tempo a metterci il pigiama e cadiamo addormentati in un sonno luminoso e riposante. 

sabato 24 settembre 2016

Cronachette di un Viaggio in Italia. Itinerari mentanesi. Mentana * Insula Sapientiae * Chiesa di Sant’Ignazio * Fontana di Trevi * San Claudio * Biblioteca Casanatense * Mentana

24 settembre 2016

Mentana * Insula Sapientiae * Chiesa di Sant’Ignazio * Fontana di Trevi * San Claudio * Biblioteca Casanatense * Mentana

Ci svegliamo verso le otto, ci prepariamo velocemente e usciamo per partecipare ad una visita guidata all’Insula Sapientiae durante le Giornate del Patrimonio. Valentina indossa per l’occasione la maglietta bianca di seta cucita su misura da Mamma Lucilla, con scarpe rigorosamente basse e comode, Claudio non trova la giacca di lino e opta per una camicia senza cravatta. Saliamo sulla Focus e arriviamo senza fretta e senza eccessivo traffico a Roma, dove troviamo parcheggio dalle parti di Piazzale Flaminio dove pare stiano allestendo un palco per un concerto con finalità animaliste.
Di buon passo arriviamo in Via del Seminario in tempo per il turno delle 11, senza aver fatto colazione. Lo stomaco di Valentina brontola ma fino all’ora di pranzo non sazierà la fame, cosa che ovviamente le causerà un mal di stomaco alquanto molesto che troverà sfogo sulla strada del ritorno e definitivamente poco prima di cena col risultato di un ascetico e non voluto digiuno giornaliero.
Facciamo dunque il nostro ingresso nella Sala del Refettorio della Camera dei Deputati che ci offre ancora una volta la visione di un legno di pirati più che di una biblioteca, abbiamo la netta sensazione di essere nel regno incontrastato del Sandokan uscito dalla penna di Salgari.
Lì ci viene gentilmente raccontata la storia dell’Insula e un moto di rabbia nei confronti dell’ordine dei cosiddetti ‘cani del Signore’ si placa soltanto con la constatazione che oggi quelle che furono sale di tortura, imposizione, coercizione, odio e negazione delle libertà personali ed individuali sono oggi luogo di quella che dovrebbe essere la massima espressione della democrazia italiana e, ancor più, luoghi in cui gli strumenti sono quelli della conoscenza e non dell’odio. Forse i luoghi hanno però una storia, un’attitudine e, a sentire i resoconti parlamentari, sembra proprio che la vocazione alla tortura e alla negazione delle libertà in favore dell’ignoranza gretta e accecante permanga in molti anfratti di quello che fu un monastero costruito a forza sulle più modeste, e probabilmente molto più spirituali, sedi di ordini femminili nonché dei Septa Iulia, luoghi destinati ad uso civile, o ancora a sovrastare templi di altre religioni.
Il monastero dell’ordine religioso fondato da Domenico, poi creato Santo, e tristemente famoso per l’Inquisizione e per aver torturato Giordano Bruno, Tommaso Campanella, aver indotto Galilei all’abiura, aver rincorso e distrutto la vita di donne considerate streghe e aver reso alquanto difficile se non impossibile la libera circolazione di idee e libertà, venne costruito a ridosso del Collegio Romano, al confine con la Chiesa di Sant’Ignazio, venerato dai Gesuiti, acerrimi nemici, insieme ai Francescani di quei Domenicani devoti a Santa Caterina da Siena.
Caterina viene anche definita Santa Anoressia ed è, a guardare con occhi maliziosi, il primo esperimento dell’era volgare ben riuscito di creazione a tavolino di un’icona della propaganda, ben precedente le avanguardie novecentesche, dopo la dissoluzione dell’Impero Romano.
Caterina, analfabeta e molto devota, venne seguita sin da bambina da un confessore che ne descrisse accuratamente le gesta mettendone in luce gli aspetti comunicativamente più rilevanti ai fini dello spirito religioso. Ella venne costretta dal padre, ricco borghese che aveva previsto per lei, giovane carismatica e di bell’aspetto, un matrimonio conveniente, a vestire i panni consunti della serva di casa e a svolgere tutte quelle mansioni che non si addicevano ad una donna della sua condizione sociale ed economica. Il confessore sempre accanto, che probabilmente aveva di già intuito le potenzialità della forza comunicativa della giovane, la incoraggiò a resistere e a far valere il proprio diritto a monacarsi nonostante la ferma opposizione paterna. A quei tempi per una donna opporsi alla volontà del padre non era cosa facile, né tantomeno considerata accettabile dalla chiesa e dalla società. Caterina riuscì però sin da subito a far valere i propri diritti di libera scelta affermando la propria vocazione a sposare soltanto il suo sommo idolo, Gesù. Tanto fece e tanto disse che alla fine la spuntò, forse con grande soddisfazione da parte del confessore, che la condusse per mano sulla via della santità, dote che puntualmente le venne tributata.
Nella sua vita, minuziosamente descritta dal confessore, riuscì a far proseliti, a coinvolgere le popolazioni e a creare intorno a sé un’aura di misticismo tale da diventare la protettrice proprio di quei Domenicani che avrebbero scientificamente torturato donne più o meno libere, con misticismi sicuramente meno d’effetto. I Domenicani, abilissimi comunicatori in perenne conflitto con l’altro ordine religioso noto per le medesime qualità, i Gesuiti di Papa Francesco e delle più alte gerarchie della comunicazione vaticana, riuscirono ad affermare che Caterina aveva anche le stimmate, le quali non erano sanguinanti come quelle di San Francesco, ispiratore di un altro ordine rivale, i Francescani appunto, bensì di luce.
Attraversando chiostri superstiti riportati alla loro funzione originale dopo una serie di modificazioni architettoniche anche piuttosto spericolate, nate dalle esigenze delle successive funzioni del monastero, quindi di caserma napoleonica e di sede istituzionale del Regno d’Italia ci viene da pensare a quanta strada deve ancora compiere il BelPaese prima di potersi definire democrazia.
Visitiamo brevemente quello che oggi è il Polo Bibliotecario Parlamentare, nato dalla fusione delle Biblioteche di Camera e Senato, fino a pochissimi anni fa divise da una porta e da una fondamentale mancanza di comunicazione tra le due istituzioni che si riflette ancora nella evidente suddivisione di ruoli, competenze e spazi tra i lavoratori dei due rami del polo.
Giungiamo quindi alla Biblioteca Casanatense, dove va in scena il grande spettacolo del sapere universale del tempo.
La splendida biblioteca con volumi di gran pregio voluta da Girolamo Casanate con una precisa volontà è un vero e proprio gioiello architettonico e della conoscenza dove lo scibile è strutturato in rigidissima categorizzazione in base a quelle che erano le priorità del tempo.
Forse ebbe un’intuizione, forse nell’ultima parte della sua vita volle fare uno scherzo alla marchese del Grillo o la sua fu semplicemente un desiderio di affermazione del proprio potere personale. Sapeva, probabilmente, che come inquisitore, cardinale e bibliotecario il suo nome non sarebbe rimasto nella memoria storica della Città Eterna e che se avesse donato il suo fondo librario alla più importante, prestigiosa e imponente biblioteca cittadina non sarebbe stato altro che il nome di una sala o di un’ala di una grande istituzione e così decise di donare i suoi libri e fare un consistente lascito ai Domenicani per la costruzione di una Biblioteca pubblica. Qualcosa di rivoluzionario per il tempo e soprattutto qualcosa di molto diverso da quello che noi oggi consideriamo pubblico, tant’è che in una lunga e successiva diatriba legale tra Stato italiano e ordine domenicano furono proprio i ‘cani del Signore’ ad avere la peggio per il mutamento, nel corso dei secoli, del significato della parola ‘pubblico’.
Usciamo dalla Casanatense con la sensazione di qualcosa di bello e andiamo di filato a vedere Sant’Ignazio, ci spostiamo poi verso Fontana di Trevi dove acquistiamo pizza e panini da mangiare nella piazza di San Claudio. Torniamo verso Sant’Ignazio per una fantomatica visita gratuita che non viene effettuata, torniamo dunque alla Casanatense per un interessantissimo giro didattico tra carte astrali e mappe geografiche.

Torniamo dunque verso la macchina con la fantasia piena di mappe di esploratori e di pirati, Valentina sulla via del ritorno ha un forte mal di stomaco e decidiamo che è meglio evitare la pizza a Roma.  

sabato 17 settembre 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Itinerari mentanesi. Mentana * Castelli * Mentana

17 settembre 2016
Mentana * Castelli * Mentana

Ci svegliamo presto con la voglia di poltrire nel fresco tepore mattutino. Facciamo colazione, ci prepariamo e usciamo. La Ford è già carica con gli strumenti da lavoro di Claudio, Francesco ci aspetta al bar, dobbiamo sbrigarci. Siamo indecisi se lasciare alla piccola Sara il regalo per il suo compleanno davanti alla porta oppure farglielo trovare al ritorno. È meglio darglielo di persona, pensa Claudio. Francesco è puntuale e ci incontriamo subito. Mentana è ancora sonnolenta, chi doveva alzarsi presto per andare a Roma si è già alzato i primi furgoni del mercato cominciano a preparare banchi ricolmi di mercanzia e prodotti agroalimentari locali.
Chiacchieriamo del più e del meno fino all’uscita autostradale con vivacità senza sentire il peso del tragitto. Le montagne ci accolgono ricolme di nebbiolina, fiamme di nuvolette sembrano originare dalle sinuose morbidezze rocciose, gli alberi sbadigliano via la notte per accogliere il sole pieno di fine estate.
Il Gran Sasso gioca a nascondino in spettacolari svelamenti celandosi quindi in un manto lieve e denso di umidità. Raggiungiamo subito la casetta dove Claudio e Francesco devono sistemare un soppalco. È in pietra, immersa nel bosco, piccolina e inserita in un casolare più ampio ma sempre non particolarmente grande. La strada per raggiungerla è seminascosta dalle fronde e dalle curve, si inoltra nel bosco fitto, quindi si apre a mostrare il roccioso e fiero Camicia illuminato da sapienti raggi di un sole che ha deciso di coccolarci evidenziando tra luci ed ombre la bellezza della Natura in cui è immersa l’abitazione. Un prato ampio e vasto si espande fino alle pendici del monte e verso la radura, il mare all’orizzonte sembra compreso tra due mani di colline con l’attaccatura dei palmi e i polsi uniti, le dita aperte a formare un’ideale coppa. Sotto lo strapiombo ecco minuscola Castelli, un quadro inerpicato su una cresta.
È ora di cominciare il lavoro, Valentina saluta Claudio e Francesco e si dirige con la Focus, dopo aver segnato sul TomTom le indicazioni stradali per il casolare non facilissimamente individuabile, verso la scuola di cui con tanto entusiasmo ci avevano parlato Mamma Lucilla e Papà Pietro. Uno scoiattolo nero attraversa la strada ricordandole i mesi canadesi in cui ha avuto modo di conoscere piuttosto bene le abitudini delle pesti pelose con delle ottime pubbliche relazioni, come le vennero descritti una volta. La trova subito prima di entrare in paese e quello che vede la incanta oltre ogni immaginazione.
Eppur si muove, le viene da pensare, eppure è possibile, anche in Italia che la scuola sia luogo di apprendimento e insegnamento, che vi sia gioia nell’imparare e nell’insegnare e che si crei quella incredibile magia che soltanto si genera quando si può liberamente esprimere il talento e il desiderio di conoscenza, di sapere. Tutto è come dovrebbe essere, l’atmosfera è rilassata, tranquilla, giocosa e allegra. Le aule e i laboratori le fanno venire in mente quella scuola d’arte canadese che tanto l’aveva sconvolta perché aveva pensato, quel giorno di inimmaginabile sciopero selvaggio degli autobus, che è possibile, è concretamente possibile creare delle scuole che funzionano, delle scuole in cui apprendere non sia un peso bensì un gioco, il più appassionante di tutti i giochi e di tutte le esperienze, eccezion fatta per la vita e per l’amore stessi.
Nella scuola c’è anche un presepe splendido e altre opere create dagli allievi nel corso degli anni. Un sentimento di pura emozione la pervade, la felicità le si legge negli occhi, è possibile anche in Italia, pensa con un sospiro di grandissima fiducia.
Esce stordita da quel luogo magico e si dirige verso Castelli.
Lì fa il giro di tutte le botteghe artigiane, dopo aver sorbito un caffellatte in un coloratissimo bar, e cerca di familiarizzarsi con lo stile delle ceramiche castellane, peculiarissimo e affatto differente tra bottega e bottega.
Se vi sono taluni motivi ricorrenti, che hanno costituito nel corso del tempo un vero e proprio marchio di fabbrica della ceramica prodotta in questo paesino abbarbicato tra le montagne, ed è evidentemente individuabile uno stile caratteristico e tipico, vi è anche una notevole diversificazione di motivi e produzioni che cambiano sensibilmente o variano lievemente in base all’artigiano che li crea. In altre parole, sembra di fare un tuffo nella tradizione tutta italiana delle botteghe in cui il ‘maestro’ ha affinato tecniche e stilemi.
Nell’aria si diffondono odorini squisiti per l’ora di pranzo, Valentina va a recuperare Claudio e Francesco con la Focus incredibilmente senza sbagliare strada decisamente di ottimo umore. Quando arriva non hanno ancora finito, ma di lì a poco sarà ora di ‘rifare i ferri’ e andare via. L’entusiasmo di Valentina ci riporta verso la scuola dove Francesco e Claudio sembrano non credere ai loro occhi, si girano e si guardano intorno come bambini in un mondo incantato di fiaba e realtà al contempo.
Usciamo con gli occhi pieni di certezza che volendo tutto si può fare, con determinazione, cocciutaggine, sapere, arte e conoscenza, perfino una buona scuola in Italia.
Ci dirigiamo quindi verso il Santuario di San Donato con il soffitto a pannelli di maiolica, è aperto e bellissimo. Una chiesetta in pietra, alle spalle il Camicia, nel bel mezzo del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga, e all’interno una spiritualità fatta di verità e di bellezza.
Arriviamo a Castelli affamati, troviamo un ristorantino dove ci accolgono con gentilezza e mangiamo bene. Quindi ci scateniamo nel paesello per trovare le ceramiche che più sono adatte a ciò che abbiamo in mente di realizzare. I mastri artigiani ci accolgono sorridendo, sanno già quello che abbiamo in mente e svelano a Claudio e Francesco, stupefatti da tanta bellezza e diversità negli stili, le loro creazioni.

È tardi e torniamo verso Mentana, non senza una sosta, come all’andata, per un caffè al solito Autogrill, chiacchierando tutto il tempo di diritti civili. 

sabato 10 settembre 2016

Cronachette di un Viaggio in Italia. Itinerari mentanesi. Mentana * Roma, Santa Maria della Pace * Mentana

10 settembre 2016

Mentana * Roma * Mentana

Ci svegliamo poco prima delle otto. La giornata è bella, un po’ afosa, non ci sono nuvoloni all’orizzonte come previsto dal servizio meteorologico, decidiamo di uscire. Siamo indecisi tra l’andare in una piscina termale nei dintorni, nel caso ci chiediamo quale sarebbe quella più adatta in base alla temperatura dell’acqua, al mare o in montagna. Dovremmo anche tirare su le piante di pomodoro nell’orto, cadute durante la nostra assenza, sistemare i potos, andare a fare la spesa al mercato settimanale e sbrigare altre faccende domestiche. Sarebbe opportuno anche andare a trovare Nonna, Genitori e parentado. Oppure pigrare tutta la giornata e rimandare gli impegni a domani. Siamo svegli, dormire tutta la giornata non è poi così allettante. Claudio è un po’ stanco e non ha troppa voglia di guidare a lungo, optiamo per un giretto a Roma. È sabato e, incrociando le dita, dovremmo riuscire ad arrivare in tempo per gli orari di apertura, si fa per dire, di Santa Maria della Pace. Da oltre dieci anni Valentina cerca invano di vedere la chiesetta dall’interno, recandovisi sempre negli orari di apertura indicati ma non c’è mai stato verso di trovarla aperta. Cancello chiuso, vasi davanti al cancello, uno scrigno di tesori inestimabili sequestrato dai preti, uno tra i più begli affreschi di Raffaello visibile soltanto dall’alto grazie ad una finestra nel bar nell’adiacente, e annesso ma gestito diversamente, Chiostro del Bramante.
Saliamo sulla Ford e ci dirigiamo verso Villa Borghese. Troviamo parcheggio quasi subito. Attraversiamo a piedi vicoli e piazzette in cui notiamo con un certo piacere misto ad una specie di orgoglio nazionale e locale che stanno rifiorendo le botteghe di artigianato di qualità nel centro storico della Capitale.
Appena arriviamo davanti all’ingresso della Piazzetta della Pace, dove le saracinesche del Caffè della Pace sono vergognosamente chiuse, e dove fervono lavori di ristrutturazione del manto stradale e di ripristino della pavimentazione a sanpietrini, scorgiamo il cancello della chiesa aperto. Non vogliamo ancora credere ai nostri occhi, ma anche il portale è aperto.
Appena varchiamo la soglia di marmo bianco che ci porta verso una sinfonia di policromie sorprendenti, un brivido di emozione percorre la schiena di Valentina, che cerca il contatto con le dita di Claudio.
Ecco che, alla nostra destra, compare l’affresco tante volte cercato, tantissime volte sbirciato dalla grande finestra e l’arte pervade i nostri sensi.
È un tutto, una musica che travalica il tempo e lo spazio, luce pura nella sua più mirabile espressione di pulviscoli colorati, assoluta bellezza.
Non c’è un dettaglio, un’inezia, un qualcosa che non sia espressione completa di perfezione.
Se l’essere umano è stato in grado di creare questo, pensiamo all’unisono senza parlare, tutta la bellezza che non è stata compresa, vista, immaginata è possibile e c’è forse un motivo per cui gli esseri umani popolano, distruggendolo continuamente, e costantemente proteggendolo, questo meraviglioso Pianeta.
Tutte le emozioni coesistono nell’attimo di estasi suprema che si prova semplicemente ammirando il capolavoro raffaellesco, tutti gli attimi vissuti in tutti gli angoli della Terra, nei mondi dell’immaginazione e della fantasia, dell’arte, della musica, della scienza e della letteratura, sono raffigurati dalle sibille e dagli angeli.
Intorno a noi Michelangelo, Rosso Fiorentino, Sangallo chiedono a gran voce attenzione. Ci giriamo col naso all’insù che non ci fa venire le vertigini perché sembra che a Santa Maria della Pace tutta l’arte italiana si sia data appuntamento per sconvolgere e riempire di senso, di bellezza, di assoluto e di verità chi guarda, incredulo, attonito, ciò che è, nel suo essere più essenziale.
Impossibile descrivere tanta bellezza perché ha la medesima forza dell’oceano, delle montagne più maestose e imponenti, della Natura.
Santa Maria della Pace non è una chiesa qualunque, è uno scrigno, qualcosa di talmente bello da risultare indescrivibile perché è come se le parole più emozionanti di Shakespeare, le invenzioni più strabilianti di Leonardo e la musica più ispirata di Vivaldi si trovassero unite in un unicum spazio-temporale.
Usciamo dalla chiesa con un lieve giramento di testa e la voglia di tornare per vedere le variazioni di luce sui colori. L’affresco di Raffaello ci coccola gli occhi e ci inebria, nenia visiva, emozione allo stato puro. Vaghiamo alla ricerca di qualcosa da mangiare ma neanche il ritmo brioso di Piazza Navona riesce a distoglierci dalla voglia di tornare a vedere quel capolavoro.
Entriamo a San Luigi de’ Francesi, il Trittico di San Matteo è reso invisibile dalla calca di turisti che si affollano per vedere i Caravaggio mentre i fedeli si raccolgono in preghiera. Non cerchiamo la forza di Michelangelo Merisi da Caravaggio e anche la violenza espressiva di Michelangelo Buonarroti ci colpisce relativamente. Siamo come stregati dalle Sibille raffaellesche e torniamo verso Santa Maria della Pace, rientriamo per farci travolgere dalla bellezza nella sua forma più eccelsa. Usciamo, mangiamo qualcosa e poi rientriamo. Non c’è alternativa, ci sentiamo richiamati da quell’assoluto, come ci è accaduto col Gran Sasso, col Monte Bianco, con l’oceano.

Torniamo di corsa a Mentana, l’acquazzone incombe. 

domenica 4 settembre 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Itinerari mentanesi. Mentana * Roma * Licenza * Orvinio * Ponticelli di Scandriglia * Mentana

4 settembre

Mentana * Roma * Licenza * Orvinio * Ponticelli di Scandriglia * Mentana

Ci svegliamo ancora un po’ intontiti dal viaggio. Sistemiamo alcune faccende domestiche, prepariamo il sugo da imbottigliare per l’inverno, mangiamo e decidiamo di andare a fare un giro tra i monumenti aperti gratuitamente la domenica, stimolati dalla telefonata di Mamma Lucilla.
La prima tappa è Roma, non troppo trafficata in questa calda domenica di settembre, probabilmente sono tutti quanti al mare. Ci troviamo davanti alle Terme di Caracalla all’ora di pranzo, non dobbiamo fare la fila, il solleone romano ha evidentemente fatto desistere anche i turisti più motivati. Il complesso, maestoso esempio di stupefacente capacità ingegneristica ci incanta nella sua bellezza. Particolarmente evidente, oltre al livello di conoscenza scientifica raggiunta dagli antichi romani, che le società per qualche strano motivo arrivano ad un punto di saturazione e poi sembrano disgregarsi per ricominciare. Le conoscenze tecnologiche di ingegneri e maestranze imperiali quasi all’inizio della dissoluzione del più grande impero occidentale è a dir poco impressionante. Talune tecnologie sono attualmente utilizzate, altre recentemente (ri)scoperte, moltissime non comprese dalle società fino a poche manciate di decenni fa. Difficile comprendere in che modo le società possano, pressoché all’improvviso, perdere le più basilari forme di conoscenza, le tecnologie e il sapere letterario, artistico, scientifico, seppur ‘evolvendosi’, in qualche forma. Quello che più colpisce l’immaginazione è che vi sia sempre un punto di dissoluzione fortemente collegato alla corruzione soprattutto nelle società dittatoriali, in cui il livello di libertà individuale e collettivo è fortemente inficiato dall’assolutismo dispotico.
Sembra che tutte le società, nella storia, si siano scontrate al loro apice con la mancanza fondamentale di libertà e si siano dunque corrotte fino a dissolversi nel liquame della corruttela.
Questo pensiero ci inquieta non poco quando vediamo un’opera di arte contemporanea ideata da Michelangelo Pistoletto e commentata da Achille Bonito Oliva. La reazione spontanea e immediata di Claudio è ‘e ce se chiama pure Michelangelo!’. Valentina, più diplomaticamente, pensa che in fondo il simbolo trinitario cattolico associato a quello matematico dell’infinito nell’ideazione di un terzo Paradiso, dunque ad una dimensione spirituale fortemente intrisa di religiosità cristiana, in un luogo di svago e ristoro quale quello di un ampio e monumentale complesso termale della Roma Antica che certamente non era particolarmente permeata di dualismo o dogmatico trinitarismo cattolico è forse un po’ fuori luogo.
Proseguiamo comunque il nostro giro, diretti alla Villa di Orazio, nel comune di Licenza.
Al percorso a piedi preferiamo quello su quattro ruote e il grande poeta romano, che ebbe il coraggio di rifiutare le offerte di Cesare per vivere tranquillo tra i monti che a lui debbono la dedica a Lucrezio, ci punisce dall’eternità per questo facendoci trovare i cancelli di ingresso chiusi.
Guardiamo qualcosa dall’esterno, un po’ si riesce a vedere e soprattutto molto si riesce a capire di una persona che ha avuto la forza di vivere e agire le proprie idee.
Scoraggiati andiamo verso Orvinio per mangiare un po’ di pizza, nel frattempo la selvaggia Sabina, in cui la natura si è intrecciata all’opera umana in una armoniosa sinfonia verde e blu, ci accoglie e ci fa sentire a casa, distanti da quell’oceano che ci ha inebriati eppure felici di essere qui.
Andando verso la Villa di Orazio siamo passati a pochi chilometri dalla dimora scelta da Giuseppe Tucci, nel paesino di San Polo dei Cavalieri ove il giovane e ribelle Federico Cesi preferiva alla guerra l’osservazione e lo studio della natura. Lo spirito di questi personaggi per qualche motivo ispira il nostro viaggio e i nostri percorsi e ci riporta verso luoghi in cui la libertà può essere agita individualmente prima ancora che collettivamente.
A Orvinio il forno è chiuso e al chioschetto in piazza servono soltanto gelati confezionati industriali. Andiamo quindi verso Scandriglia passando per la solita via impervia e dissestata, Orazio è lì, ci sembra quasi di sentirlo ridacchiare bonario. Ci fermiamo a raccogliere le more e arriviamo a Scandriglia senza un filo di benzina. Claudio se ne accorge tardi, Valentina inserisce sul TomTom l’indicazione benzinai e giungiamo alla pompa di benzina di Ponticelli, frazione di Scandriglia, dove ci accoglie una scena da film western, sembra quasi che stiamo ripercorrendo al contrario la strada del nostro viaggio e, oltre a Orazio e Tucci, ci sembra di intravedere il cappello di Clint mentre le note di Morricone rendono arte senza tempo le immagini di Sergio Leone.

Nel giro di poco riusciamo a risolvere la questione in un teatrino molto divertente, a vederlo da fuori. Torniamo a Mentana stanchissimi e Mamma Lucilla ci offre un approdo con riso, verdure e mozzarelle. Con nostra grande felicità prepara anche la sua ormai leggendaria crema con le more, torniamo, Claudio bada alla bollitura delle bottiglie di sugo e ci addormentiamo stremati. 

venerdì 2 settembre 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Agriturismo nel Parco dell’Uccellina * Alberese * Grosseto * Marina di Grosseto * Arcille * Mentana

2 settembre 2016

Agriturismo nel Parco dell’Uccellina * Alberese * Grosseto * Marina di Grosseto * Arcille * Mentana

Ci svegliamo tardi, verso le nove dopo una dormita di circa dodici ore. Pensiamo sia ora di tornare verso Mentana, così da avere almeno la giornata di sabato per lavare i panni, sistemarci e riprendere il tran-tran quotidiano. Paghiamo il soggiorno, lasciamo la stanza e carichiamo la Focus, andiamo ad Alberese per acquistare biglietti e Settimana Enigmistica nuova, torniamo verso l’agriturismo dove parcheggiamo la Ford stracarica. Ci incamminiamo verso la fermata dell’autobus, attratti da un nuovo cartello, nell’attesa andiamo a curiosare dalle parti della sede del parco, quindi torniamo verso la fermata e compiliamo schemi di parole crociate sotto il sole cocente. Arriviamo al mare e costruiamo una capannuccia con pezzi di ramo ammonticchiati sulla spiaggia e parei. Ci spruzziamo un po’ di protettivo, ringraziando mentalmente Mariagrazia e Massimiliano per averci regalato il doposole che ci ha permesso di poterci sdraiare nuovamente sulla sabbia toscana dopo il primo ‘bagno di sole’.
L’acqua è fresca, cominciamo a risentire la giusta temperatura, trasparente e calmissima, per cui nuotiamo e sguazziamo felici nel liquido elemento per più di un’ora. Ci viene una gran fame e Claudio va verso i chioschetti per acquistare qualche panino. Nel frattempo Valentina, comodamente stesa sotto i teli a compilare schemi di parole crociate, viene raggiunta da un topolino di campagna che la saluta passandole sul braccio e gettandosi nel mare. I condizionamenti sociali e mentali sono una cosa molto complessa e fortemente radicata nell’istintualità per cui le viene spontaneo fare un gran balzo e lanciarsi in acqua. In men che non si dica smonta la capannuccia, prepara le borse e raggiunge Claudio al chioschetto.
Contestualmente anche gli ambulanti smantellano i ‘negozi’, forse ispirati da tanta foga.
Mangiamo ottimi panini dopo aver igienizzato il braccio dove il topolino, tra l’altro carinissimo e molto coraggioso, aveva deciso di camminare per paura di eventuali germi che tali bestioline potrebbero trasmettere agli esseri umani. Ci rilassiamo un po’ sotto la frescura della pineta accompagnati dal suono melodioso di grilli e cicale, quindi ripartiamo.
L’autobus arriva quasi subito e, appena giunti all’agriturismo, chiediamo di poterci dare una lavata raccontando la storia del topolino che suscita ilarità e comprensione. Ci cambiamo d’abito, riprendiamo la Focus e andiamo verso Grosseto, dove troviamo un ottimo negozietto di prodotti naturali e un negozio di scarpe che scatena la rabbia di Claudio il quale si rifiuta categoricamente di acquistare un nuovo paio di calzature suscitando l’incredula reazione di Valentina che invece ha una passione molto femminile per tale accessorio.
È quasi ora di cena e ci dirigiamo verso Arcille, abbiamo voglia di assaggiare la zuppa di funghi che ci ha consigliato la ragazza la sera prima. Non ci servirà lei, stasera, a meno che non vogliamo mangiare sotto il tendone con le luci a neon anziché davanti al tramonto toscano. Siamo dispiaciuti ma ci troviamo comunque bene.
Intavoliamo una discussione culinaria con un trio formato da due fiorentini e un novarese in cui la ricetta della pappa al pomodoro infiamma inevitabili riflessioni sul concetto di Stato e organizzazione sociale, concludiamo la disquisizione concordando sul fatto che il parmigiano non va d’accordo con le tagliatelle ai porcini.

Chiacchierando chiacchierando Claudio beve un’altra bottiglia di Morellino e Valentina accusa una grande stanchezza per cui ci avviamo verso casa ma la pesantezza sugli occhi si fa sentire e non c’è molto altro da fare se non cercare un luogo dove fermarci. Proviamo ad Ansedonia ma poi riusciamo ad arrivare verso Orte e ci appisoliamo nel primo autogrill dopo il casello, riuscendo ad evitare un pericoloso colpo di sonno.  

giovedì 1 settembre 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Agriturismo nel Parco dell’Uccellina * mare * Grosseto * Arcille * Agriturismo nel Parco dell’Uccellina

1 settembre 2016

Agriturismo nel Parco dell’Uccellina * mare * Grosseto * Arcille * Agriturismo nel Parco dell’Uccellina

Ci svegliamo tardissimo, dopo le undici. Pigriamo tutta la giornata, l’agriturismo della Signora Paola ci fa uno strano effetto di posto familiare, spesso sono le persone a fare i luoghi. Siamo ancora indolenziti, regaliamo il latte alla nuora della Signora Paola, l’intestino di Valentina ha accusato qualche contraccolpo dopo il viaggio. Lasciamo la Ford parcheggiata, ci prepariamo per il mare e ci incamminiamo alla fermata. Ci accingiamo a compilare qualche schema di parole crociate e arriva subito l’autobus. È talmente tardi che non ci preoccupiamo di trovare una capannina, ci lanciamo verso l’acqua limpida e placida per un lungo bagno. Mentre ci asciughiamo e compiliamo schemi di parole crociate il flusso di ambulanti aumenta ad un punto tale da sembrarci inopportuno e snervante. Hai voglia a dir no in modo cortese! forse la gentilezza è da taluni presa come forma di debolezza e accettazione e l’educazione, il non voler litigare e il lasciar correre per evitare di rovinarsi le vacanze viene frainteso quale stimolo a proseguire in azioni di disturbo, peraltro illecite e illegali. Mettere cartelli con su scritto ‘no, grazie, gentilmente’ ci sembra un’opzione ma poi rischieremmo i rimbrotti e l’accusa di razzismo, d’altronde, pensiamo, anche questi devono campare, sì, ci rispondiamo, ma anche noi, pertanto, dedicandoci un paio di giorni di relax, abbiamo optato per un parco naturale con ingresso contingentato per le automobili e una enorme quantità di richieste di permesso per qualunque attività commerciale. All’arrivo di un ambulante che pubblicizzava occhiali a 5 euro di famose marche dell’alta moda, una nuvola di umor nero si dipinge sulla testa di Valentina. Decidiamo quindi di fare un lungo bagno nella limpida acqua, tanto tranquilla da far pensare ad un enorme lago se non fosse evidentemente salata. Il paragone ci ricorda che, in fondo, il Mediterraneo è un enorme lago salmastro e la tutela dell’ambiente marino è una necessità assoluta. Questo viaggio sta decisamente facendo crescere la nostra coscienza ambientalista, non poi così dormiente.
Ci asciughiamo e per non rovinarci la giornata riprendiamo la navetta verso l’agriturismo, che arriva dopo qualche minuto in cui Valentina sfoga tutto il suo nervosismo nei confronti degli ambulanti che si comportano da bravotti di manzoniana memoria, pretendendo rispetto, educazione e gentilezza, non avendo però l’accortezza di rivolgere le medesime premure nei confronti degli altri.
Riprendiamo subito la Ford per andare verso Grosseto, dove troviamo un baretto in cui è possibile connetterci a internet e dove chiacchieriamo di politica, nuove tecnologie, attualità e terremoto.
Grosseto non è particolarmente affollata ma ci dà comunque la sensazione di una città, per cui andiamo verso la sagra del porcino di Arcille, dove ammiriamo un tramonto spettacolare e mangiamo benissimo, consigliati da una ragazza carinissima su piatti e specialità.

Claudio beve un’intera bottiglia di Morellino e Valentina, notoriamente astemia, guida fino all’agriturismo, dove ci addormentiamo satolli e contenti.     

mercoledì 31 agosto 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Autostrada * Populonia * Agriturismo * Rispescia * Alberese * mare * Montiano * Magliano in Toscana * Rispescia * Alberese * Agriturismo

31 agosto 2016

Autostrada * Populonia * Agriturismo * Rispescia * Alberese * mare * Montiano * Magliano in Toscana * Rispescia * Agriturismo

Ci svegliamo verso le 8, assonnati e stanchi. La sosta per evitare un colpo di sonno si è rivelata una scoperta di nuove forme pubblicitarie molto carine sebbene taluni dettagli possano essere migliorabili. Ripartiamo subito verso Alberese, giriamo verso Populonia, per vedere il famoso Parco Naturale di Baratti, che non ci piace punto. Proseguiamo. Giungiamo a Rispescia e fortunatamente c’è un posticino per noi nel solito agriturismo, dove ritroviamo e possiamo finalmente salutare la Signora P., con cui chiacchieriamo brevemente di quanto accaduto nel tempo in cui non ci siamo viste e sentite. Un abbraccio, poi ci sistemiamo nella camera scaricando qualche bagaglio, torniamo ad Alberese per alcuni acquisti. Nel centro di Alberese compriamo biglietti dell’autobus, panini imbottiti che a Valentina ricordano molto quelli distribuiti dai chioschi tanti anni fa e l’immancabile Settimana Enigmistica, è l’edizione precedente, pazienza. Parcheggiamo, la Ford ancora carica ma non in modo eccessivo, l’autobus arriva quasi subito. L’Uccellina ci accoglie nella sua delicata bellezza di macchia mediterranea non distrutta dall’avidità edilizia degli esseri umani, l’odore di pini ci inebria. La spiaggia è abbastanza affollata nonostante sia la fine di agosto. Costruiamo una capannina recuperando legni dispersi, ci spruzziamo protettivo solare, sistemiamo gli asciugamani, una gran quantità di venditori ambulanti ci chiede di acquistare mercanzia. Ci innervosiamo, non ricordiamo tanta insistenza nel Parco, rispondiamo in modo secco, in modo piccato ci viene risposto: ‘con calma, con calma, poi io me ne vado’, chiediamo scusa ma gli ambulanti continuano a questuare e proporre merci da acquistare. Andiamo a farci un bagno, siamo stanchissimi e non ci va di discutere. Le onde lievi ci coccolano senza stancarci, scarichiamo le tensioni del viaggio, le gambe gonfie da troppo girovagare cominciano a riprendere una forma normale. L’acqua, che in altre occasioni avremmo trovato freddina, ci sembra quasi calda dopo quella gelida dell’oceano, per cui sguazziamo per circa un’ora. Siamo contenti di essere venuti nel Parco toscano, qualunque altro luogo ci sarebbe sembrato troppo affollato, costruito, urbanizzato, troppo poco ‘naturale’.
Mangiamo e osserviamo incuriositi una tribù di bambini trasformatisi per l’occasione in guerrieri tribali con tanto di bastoni rituali. L’oggetto della loro attenzione è una volpe che col suo musetto curioso non capisce tutte quelle urla. Si aspetterebbe forse una carezza o un pezzetto di cibo, ma i bimbi continuano ad esultare e gridando la fanno scappare.
Dormicchiamo un po’, compiliamo qualche schema di parole crociate, facciamo qualche bagno, l’Uccellina ci incanta come al solito, ci lasciamo cullare dalla sua bellezza fino a che arriva un temporale per cui dobbiamo riprendere la navetta e tornare verso Alberese. Nonostante cominciamo a rilassarci abbiamo ancora i ritmi frenetici del viaggio per cui decidiamo di andare alla cantina sociale. Valentina ricorda che quella più buona è dalle parti di Montiano, Claudio pensa sia dalle parti di Magliano. In effetti abbiamo ragione entrambi, è appena fuori Magliano verso Montiano. Acquistiamo vino e prelibatezze da regalare ad amici e parenti. Chiacchieriamo un po’ delle diverse mentalità tra Toscana e Lazio e ci dirigiamo verso l’agriturismo, non senza passare prima per l’alimentari di Rispescia. Claudio porta una bottiglia di vino alla Signora Paola che ci fornisce uno stendino per appendere i panni appoggiati sulle sedie in modo poco decoroso. Mangiamo, proviamo a connetterci ad internet senza riuscirci.

Abbiamo deciso di dedicarci qualche ora, di fermarci un po’ prima di ricominciare il tran tran quotidiano con la consapevolezza che dopo aver visto l’oceano qualcosa in noi è profondamente cambiato. Siamo felici di essere all’Uccellina, ci riavviciniamo pian piano all’urbanità dopo esserci inselvatichiti per qualche giorno, sapendo che non c’è niente di normale nel vivere in città inquinate, colme di cemento e di incomprensioni. Ci addormentiamo assonati.

martedì 30 agosto 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Friuli * Verona * Cremona * Roncole Verdi * Autostrada

30 agosto 2016

Friuli * Verona * Cremona * Roncole Verdi * Autostrada

Ci svegliamo verso le 7, indolenziti da un’ennesima notte senza un vero e proprio letto. Il Friuli ci accoglie con una generosa colazione, ettari di campi coltivati con le Alpi Giulie a far da cornice. Claudio ha voglia di un bel pasto caldo, gli vengono in mente i tortelli di Gina per cui ci dirigiamo senza indugio verso Verona anche se avremmo voglia di esplorare il Friuli, regione che sfugge ai nostri giri ancora una volta, così come il Piemonte, che per qualche motivo non siamo riusciti a vedere insieme. Il maltempo lascia gradualmente il passo ad una bella giornata di sole che scalda gli acini dell’uva matura pronta per la prossima vendemmia. Nelle pianure coltivate racchiuse dentro una nube di inquinamento sottile si aprono varchi verso luoghi meravigliosi e posti incantevoli. L’Italia, con le sue innumerevoli diversità, con l’abitudine ad abbellire a non esser mai contenti di sé nella tensione verso un miglioramento costante, ci fa sentire fieri di essere italiani. C’è qualcosa di bello nel BelPaese che ci fa sperare nella possibilità di andare avanti, di costruire arte e non soltanto industrie. Pur di mangiare i famosi tortelli Claudio decide di non passare né a Venezia né a Pellestrina, come vorrebbe Valentina, dunque proseguiamo speditamente sulla strada Romea, ovvero di quei pellegrini che erano diretti a Roma. Non essendo in Francia, dove le Vie Francigene hanno ottenuto riconoscimento internazionale, la Via Romea non ha cartelli turistici se non le semplici indicazioni stradali. Borghi con chiese di notevole pregio si rincorrono tra le distese verdi e gialle dove riposano gli aironi. Ne avvistiamo anche uno che ha tutta l’aria di essere cinerino, è piuttosto diverso dagli altri, bianchi, immacolati seppur vivano nel fango, noblesse oblige, verrebbe da pensare. A Verona troviamo subito parcheggio, abbiamo una piccola discussione sulla strada da percorrere per giungere nella splendida Piazza delle Erbe, poi Claudio dimostra facilmente di aver ragione per cui Valentina dovrà pagare il pranzo, camminiamo a passo svelto tra viuzze e piazzette colorate, elegantemente briose con i fiori che traboccano dalle finestre colorate in un tripudio di ritmi architettonici. Piazza delle Erbe ci fa rallentare il passo per la sua incomparabile beltà, i palazzi decorati con un gusto tutto italiano che esprime appieno la compresenza di stili e di tempi, peculiarità di molte città italiane particolarmente evidente in alcune di esse, tra cui Roma e, appunto la città dell’amore shakespeariano. Prima di fiondarci dentro la Bottega del tortello da passeggio, dove facciamo conoscenza con alcune persone e chiacchieriamo a lungo con una versione umana del gatto Roxy, di nome Giacomo, accompagnato da una ragazza, Silvia, passiamo accanto alla Casa di Giulietta. Pensiamo che questo è proprio il viaggio delle riunificazioni di grandi amori leggendari, ricordiamo il corteo nuziale per Ines e Pedro ad Alcobaca e a Valentina torna in mente una canzone che ha a che fare con un’onda bianca e il sole, cantata dalla splendida voce di Mamma Lucilla. I due antispecisti sono impegnati a cercare di capire e sperimentare nuove forme di economia senza soldi, discutiamo di politica e corruzione e riprendiamo la strada verso il bresciano per poi arrivare a Cremona dove troviamo tutto chiuso, Museo del violino, liuterie, negozietti, per cui, al contrario di Crema, non ci fa una grande impressione e ci sembra meno vivace di Salisburgo. Proseguiamo quindi nella Pianura Padana e ci troviamo a Roncole Verdi, la patria di Verdi e di Guareschi, dove c’è la minuscola piazzetta in cui è racchiuso l’immaginario italiano. 
Al bancone dove Guareschi mesceva vino e bevande una ragazza di origine rumena con un accento della Bassa degno dei migliori libri di Don Camillo e Peppone.
Proseguiamo e ci fermiamo in Autogrill vicino Parma dove mangiamo bene spendendo poco.

lunedì 29 agosto 2016

Cronachette di un viaggio in Europa. Austria * Germania * Austria * Italia. Tirolo * Monaco di Baviera * Salisburgo * Friuli

29 agosto 2016

Tirolo * Monaco di Baviera * Salisburgo * Friuli

Ci svegliamo verso le 8 indolenziti per la mancanza di un letto vero. Apriamo i finestrini e l’aria profumata del bosco dopo la pioggia si insinua nell’abitacolo, la cascata davanti ai nostri occhi ha aumentato parecchio la sua portata e dal rumore diremmo che anche il fiume si è ingrossato. Avremmo voglia di rimanere ma Valentina è un po’ inquieta. Il meteo prevede pioggia per oggi e vista la repentinità e la foga con cui si scatenano i temporali in montagna, con tanto di fulmini e raffiche di vento, non si sente tranquilla ad andare a fare le passeggiate che avremmo voluto fare. Ci facciamo la doccia a turno e Claudio asciuga le scarpe con il phon nella lavanderia, suscitando la curiosità ilare di alcuni campeggiatori. C’è qualcosa che ci fa stare bene qui ma forse è meglio andare, conosciamo poco la montagna e sappiamo bene che sottovalutarne i pericoli può essere più che rischioso fatale. Dunque ripartiamo non senza esserci assicurati che il coraggioso alpinista con una minuscola tenda che ieri sera aveva sfidato le intemperie e le forze naturali fosse ancora lì, aver salutato i roulottisti gentili e mentalmente i bambini che giocavano con una macchinina supersonica visto che la palla era proibita. Non ripartiamo proprio per niente, la Focus è stanca e non ne vuol sapere di mettersi in moto, almeno non fino all’intervento di alcune persone della reception del camping Edelweiss. Pronti? Via.
Salutiamo la valle con le montagne, le cascate, i fiumi e i torrenti, l’odore di bosco e gli abeti da cui sembra nascere la nebbia e dove pare di poter veder nascere le nubi.
Un posto magico che ci ha accolti con amore, proteggendoci dai pericoli alpini.
Arriviamo a Monaco attraversando la Baviera. Lo scenario cambia in modo evidente per Valentina e impercettibile per Claudio. L’architettura è molto razionale e le grandi campagne disseminate di fienili a forma di grandissime cucce per giganteschi cani. La quantità di mucche che abbiamo incontrato durante questo viaggio è enorme e si arricchisce di ulteriori varietà nella regione dell’Oktoberfest. Claudio non riesce a bere neanche una birra e questo lo rende nervosamente incredulo. Arriviamo a Monaco, mangiamo pretzle e un panino in un forno della catena Muller, dove non c’è il bagno e non vendono birra, soltanto acqua gassata aromatizzata alla frutta. Con l’aria contrita si accinge ad ingollare il panino. Facciamo rifornimento d’acqua in un supermercato lì di fronte, acquistiamo pane nero, formaggio, latte, muesli e il preziosissimo elemento che qui sembra avere un prezzo esorbitante nonostante la copiosa presenza di tale liquido.
Ci innervosiamo e decidiamo di tornare verso l’Austria, riattraversiamo la Baviera, scoprendo con sgomento che andare al bagno e bere acqua in questa parte dell’Europa è qualcosa di molto complicato e costoso. Proseguiamo verso Salzburg dove parcheggiamo, vorremmo trovare un hotel per dormire ma capiamo che i prezzi di questa ridente cittadina i prezzi sono proibitivi quando chiediamo una birra e una bottiglietta d’acqua e ne abbiamo conferma assoluta quando entriamo nell’ufficio informazioni del locale festival operistico. Consci di chiedere informazioni sul prezzo di biglietti di uno tra i più importanti e prestigiosi festival operistici internazionali non riusciamo a trattenerci dal ridere quando veniamo a sapere i costi. Gironzoliamo per le vie del centro, oggettivamente molto carino, anche se Claudio smania dalla voglia di andarsene. Tutta questa ostentazione di modestia non gli va particolarmente a genio. I prezzi eccessivamente alti di qualunque cosa ci fanno venire in mente le parole di chi dice che con la cultura non si mangia e ci fanno salire una rabbia sorda nei confronti di chi afferma di governarci. Ce la prendiamo con la scarna bellezza di edifici storici e chiese, seppur molto graziosamente decorati, dunque risaliamo sulla Ford e torniamo verso il confine italiano. Il tempo inclemente non ci impedisce di ammirare montagne verdi e blu con paesini di casette con ampi e protettivi tetti marroni, le nuvolette che si insinuano tra i monti. Salutiamo idealmente l’Austria e il campeggio Edelweiss nella Stubaital che ci ha ricaricato di energie e ci ha fatto entrare in contatto profondo con le Alpi.
Siamo stanchi, stremati da un viaggio molto diverso da quello che immaginavamo e che avevamo programmato, con tanta voglia di dormire in un lettone ma anche con tantissime immagini negli occhi, sensazioni, impressioni e l’idea che ‘fatta l’Europa bisogna fare gli europei’.
Non siamo passati a Innsbruck, dove ricordavamo alti personaggi di legno sparsi per la città, alti quasi quanto i personaggi della fiesta di Almería. Quando li abbiamo visti la prima volta ci erano sembrati Pinocchi giganti pronti ad animarsi al suono di un flauto magico suonato da un misterioso personaggio leggendario e fiabesco, li avevamo dimenticati nella calura spagnola ma evidentemente ci avevano richiamato, personaggi in cerca d’autore, di cantore o flautista.
Pensiamo che in fondo l’Europa è una realtà molto più ampia di quanto avessimo compreso, i cui confini sono definiti soltanto dalla fantasia e dal meraviglioso immaginario collettivo in cui personaggi reali e immaginari si intrecciano nelle storie delle persone, passando dal teatro agito nell’antica Grecia alle fieste spagnole, passando per le fiabe sussurrate ai bambini, gli unici che possano davvero capire la magia di una barba intrecciata quale criniera accarezzata da fate e streghette. I simboli incisi nelle rocce dialogano attraversando a zig-zag il Vecchio Continente.  

domenica 28 agosto 2016

Cronachette di un viaggio in Europa. Austria. Tirolo. La tempesta.


28 agosto 2016

Tirolo

Ci svegliamo dopo l’alba, intorno alle 8.30 e non crediamo ai nostri occhi. Siamo in un luogo meraviglioso, completamente immersi nella natura, tra le montagne coperte di abeti altissimi, accanto ad un ruscello impetuoso, di fronte a noi una cascata con ettolitri di acqua che scendono ad una velocità impressionante dalle alte montagne, all’orizzonte un ghiacciaio, tutt’intorno natura.
Decidiamo di restare qualche giorno qui. Sistemiamo l’abitacolo, i bagagli, e le borse così da poterci sdraiare comodamente. La Focus può essere utilizzata quasi come un mini-van e non ci lasciamo sfuggire l’occasione di soggiornare in un posto tanto spettacolare. Stiamo ritrovando i nostri ritmi vitali, ricominciamo a respirare, il cervello, il corpo e anche i capelli si rilassano. Paghiamo anche la seconda notte e ci adattiamo alla vita da campeggio.
Abbiamo la sensazione che tutto abbia un significato che ha poco a che fare con la razionalità.
Lo spirito di Tucci e la sua forza ci accompagnano in questo viaggio di conoscenza, più che di turismo.
Ci siamo accorti che c’è un nuovo modo di viaggiare e siamo parte di questa onda, siamo una tribù in movimento. I concetti espressi dalla Scuola di Comunicazione di Toronto sulle nuove forme di organizzazione civica e di socialità ci sembrano più che mai attuali.
Raccogliamo le energie e poi, forse ripartiremo, per il momento tutto ciò che abbiamo voglia di fare è essere.
Trascorriamo parte del pomeriggio a lavare e asciugare i panni nella lavanderia del Campingplatz Volderau, di quando in quando qualche persona si avvicenda ai lavandini e sorridendo cercano di capire in che modo possano essere di aiuto. Notiamo che gli uomini e i bambini sono addetti alle pulizie di panni e piatti e comunque non c’è in questo caso una suddivisione di ruoli maschilista, come sarebbe ovvio e normale in qualunque società. Gli uomini e le donne si aiutano a vicenda e imparano a collaborare tra loro sin da bambini. Valentina ritrova in questo molto della sua educazione, di concetti, idee e pratiche che hanno contraddistinto la sua infanzia e la sua adolescenza. Claudio si adegua e si sente a suo agio tanto che comincia a sbloccarsi con l’inglese e comunica lasciando andare una timidezza comprensibile seppur poco utile alla comunicazione verbale.
Dopo qualche minuto speso a cercar di capire come far funzionare le lavatrici fa il suo ingresso nella lavanderia un oriundo che molto carinamente inserisce la sua carta di credito austriaca e ci evita di trascorrere quasi due ore a spingere il bottone dell’elettricità ogni due minuti.
Non abbiamo la medesima fortuna con l’asciugatrice. Ci viene fame e facciamo merenda con i Gentilini e una Paulaner, sempre dentro la lavanderia, dopo poco arrivano delle donne che lavano i piatti, anche loro evidentemente svolgono tale mansione, non parlano inglese, ma comunichiamo lo stesso. Pensano che l’asciugatrice sia troppo lenta e che non sia una buona macchina. Offriamo loro un biscotto che sembrano non voler accettare ma poi si convincono alla parola ‘italiani’. Ci offrono quindi di utilizzare il loro stendino, in cambio accettano i biscotti restanti.
Sorridiamo felici, ci sentiamo un po’ tutti quanti parte di una specie di tribù.
Il tempo non è bellissimo, dalle montagne sembrano addensarsi nubi che poi corrono verso fondo valle, il cielo è di un azzurro rarefatto e terso. Andiamo a fare una passeggiatina, l’altitudine non si sente troppo ma la stanchezza del viaggio sì. Arranchiamo su una salitella simile a quella della Macchia del Barco, anche se tra abeti altissimi contornati da montagne di incommensurabile bellezza, cascate, ruscelli dove non si può non provare ad infilare i piedi per trarne beneficio e ristoro. Torniamo indietro e Claudio lava finalmente le sue scarpe. L’olezzo insopportabile o forse il fatto di averle lavate nei lavandini sbagliati scatena l’ira del cielo montanaro che scatena su di noi una bufera violentissima con scariche di pioggia, fulmini, saette e vento. Claudio va a prendere la Ford inzuppandosi per aver percorso qualche metro, va a prendere Valentina nella lavanderia con i panni asciutti, o quasi. Andiamo verso il paese più vicino, poi ci dirigiamo verso Neustiff, siamo un po’ spaventati dalla tempesta. In paese non troviamo un posto dove mangiare e torniamo indietro, la furia del vento si è placata, forse riusciremo a tornare al campeggio e mangiare qualcosa là. La strada è però bloccata, causa caduta massi, speriamo che il campeggio sia a posto e che le persone stiano bene. Immediatamente prima del blocco c’è una baitina dove possiamo fermarci, trovare riparo e rifocillarci. Mangiamo peraltro piuttosto bene per la prima volta da quando siamo arrivati in Tirolo e facciamo amicizia con alcuni avventori, alcuni turisti e altri gente del posto che non sembrano tanto spaventati quanto sorpresi.
Temiamo di non poter arrivare al campeggio, non ci sentiamo troppo tranquilli, chiediamo ripetutamente alla polizia e ai vigili del fuoco se il camping è sicuro, ci dicono di sì, i massi sono caduti più a monte e non c’è pericolo nell’area dove siamo.

Ci rilassiamo nella baitina ma siamo contenti quando possiamo tornare verso il camping. Non è possibile mettere in pratica la strategia per dormire che avevamo ideato causa maltempo per cui tiriamo giù i sedili e ci copriamo coi sacchi a pelo.

sabato 27 agosto 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Passo del Tonale * Val di Sole * Val di Rabbi * Merano * Tirolo

27 agosto 2016

Passo del Tonale * Val di Sole * Val di Rabbi * Merano * Tirolo

Ci svegliamo dopo l’alba, un po’ indolenziti dal viaggio e dall’aver dormito nella Focus. Il sole è alto nel cielo terso, il Passo comincia ad animarsi, i mercanti si svegliano e sistemano in bella vista oggetti da montagna, andiamo in un bar a turno a fare colazione e darci una rinfrescata. I raggi a quest’altitudine ‘incocciano’, scendiamo verso la Val di Sole dove facciamo colazione e commentiamo le recenti notizie sul terremoto. Non ci sono novità sulla diga di Campotosto e questo ci preoccupa un po’. Gli uffici del turismo perfettamente organizzati ci mettono di buon umore, comunque acquistiamo qualche giornale e cerchiamo di trovare un posto per la notte. Questo viaggio ha tutta l’intenzione di proseguire on the road e non riusciamo a fermarci. Mentre la Val di Sole ci accoglie e ci fa sentire bene, la Val di Rabbi, dove ci rechiamo incuriositi da un’iniziativa culturale multimediale sull’acqua, ci innervosisce alquanto per cui invece di tornare verso la Val di Sole ci dirigiamo verso Merano, non senza essere prima passati all’autolavaggio automatico e aver utilizzato ben dieci gettoni per riuscire a dare una pulita non troppo approfondita, la sabbia finissima dell’oceano mescolata a residui di molliche, foglie e foglioline raccolte dalle nostre scarpe durante il tragitto non vuole saperne di venir aspirata e la brezza oceanica mista alla terra del deserto, alla caliggine e allo smog ha creato una patina che non si vuole togliere dalla carrozzeria. Valentina si abitua lentamente all’altitudine e alle strade di montagna, arriviamo a Merano, cittadina che stranamente non ci dà claustrofobia. Parcheggiamo sotto le terme, che sembrano molto belle, ampie con tante piscine ma non ci ispirano granché. Preferiamo andare a cercare un posto per dormire, prima, però, non resistiamo alla tentazione di andare a mettere i piedi nell’acqua gelida del fiume cittadino, imitando gli abitanti. All’ufficio del turismo capiamo che una stanza non costa meno di novanta euro a notte in un albergo con una o due stelle, ci sembra un prezzo esorbitante, ringraziamo e usciamo per le vie della cittadella tirolese. Stando ai cartelli stradali dovrebbe essere addirittura pre-tirolese ma da queste parti si sentono tedeschi, non italiani. La toponomastica locale è decisamente ispirata al Risorgimento ma i negozi glorificano Mozart, la Principessa Sissi e altri compositori dell’Impero Austro-Ungarico. Ci sembra una città immersa nelle sue limitazioni auto-imposte. I tedeschi e gli austriaci non considerano i tirolesi come appartenenti alla loro patria mentre i meranesi non si degnano di essere italiani, rozzi, dongiovanni e maschilisti. Gli italiani sono ben diversi da ciò che i sudtirolesi immaginano, però è vero che c’è stato un passato in cui gli italiani sono stati così, o forse no, visto e considerato che la stragrande maggioranza dei siti UNESCO si trova nel BelPaese e che l’arte e la biodiversità prodotte dagli italiani sono ineguagliate e ineguagliabili.
Entriamo in una libreria, i libri italiani sono al secondo piano. Ci viene un po’ di tristezza per questo mondo conchiuso in cui tutto è collegato ad un’identità nazionale negata.
Pensiamo di aspettare un paio d’ore e di gironzolare per la città, poi di entrare in un bar e collegarci ad internet così che Claudio possa vedere in pace la partita di calcio.
Passeggiamo nella calma ovattata delle strade pulite e ben ordinate, con qualche palazzo non perfettamente tirato a lucido, ci guardiamo negli occhi e andiamo verso il parcheggio a riprendere la Focus.
Ci dirigiamo verso Vipiteno passando per le montagne. Guidare tra le stradine impervie non è facilissimo, frotte di motociclisti corrono in modo abbastanza incosciente, qualche macchina d’epoca romba tra i tornanti mentre i veri eroi della strada montana, i ciclisti, attraversano silenziosi salite e discese impegnative anche per le quattro ruote motorizzate.
Le montagne di un blu che fa inevitabilmente pensare ad un arcaico mare pietrificato sono talmente belle da far dimenticare qualunque stanchezza e negatività.
Ci par di volare nell’infinito movimento della natura e della vita. Breve sosta in un bar di un Passo dove alcune aquile si muovono ferme e repentinamente scattano tuffandosi nell’aria rarefatta e limpidissima.
I rapaci reali ci accompagnano da giorni, Claudio si spaventa un po’ in un’area di pic-nic dove ci fermiamo per mangiare il tonno e il pane comprati in Spagna con un po’ di mais italiano, pensa che ci abbiano puntati ma non siamo prede per i loro artigli e le guardiamo con la curiosità con cui si osservano esseri tanto maestosi.
Andiamo via temendo di trovarci ad affrontare tornanti dopo il tramonto e ci fermiamo in un paese appena prima di Vipiteno dove Claudio può guardare la partita e pensiamo di pernottare in un campeggio, l’idea non ci stuzzica troppo anche se avremmo bisogno di ricaricare le batterie di telefoni, computer e di fare una bella doccia rigenerante. L’alternativa è andare verso l’Austria, Paese che Claudio ama particolarmente.
Arriviamo a Stubaital di notte, siamo stanchi e assonnati, non troviamo niente che ci piaccia e un sincero sconforto ci assale. Ci sembra che tutto ciò che abbiamo fatto, i chilometri percorsi siano stati soltanto un’inutile diversivo per non rilassarci e sarebbe stato meglio, molto meglio, restare vicino all’oceano.
Mentre vaghiamo nella valle tirolese cercando un posto dove dormire ci viene una gran voglia di gridare, le montagne ci sembrano ostili, i balconcini di legno con i fiorellini ci evocano il discorso di Peppino Impastato sulla bellezza, non riusciamo a capire perché siamo qui e nemmeno in che modo riuscire a trovare un luogo per riposarci e ripartire.

Finalmente approdiamo ad un campeggio, c’è una donna gentile che ci accoglie, il prezzo è abbordabilissimo, i bagni perfetti. Posizioniamo la Focus, la aggiustiamo per la notte e ci addormentiamo nel buio più fitto.

venerdì 26 agosto 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Autostrada * Terme di Colà * Passo di Crocedomini * Passo del Tonale

26 agosto 2016

Autostrada * Terme di Colà * Passo di Crocedomini * Passo del Tonale

Ci svegliamo dopo una notte alla guida e qualche ora di sonno nel parcheggio dell’Autogrill, ben diversi da quelli degli altri Paesi, molto puliti e ben tenuti. Abbiamo il bisogno di riposare un po’ e andiamo verso le Terme di Colà. Bellissime, al solito. L’oceano continua ad essere nei nostri pensieri, nei nostri sguardi e nella nostra memoria corporea. Non riusciamo a toglierci di dosso la sensazione di libertà, il colore dei raggi del sole, così dissimile eppure assimilabile a quelli che attraversano i boschi del Monte Bianco, l’oro della sabbia, la velocità delle onde. Qualcosa è cambiato in noi, è come se avessimo scoperto, vissuto la libertà, come se avessimo compreso qualcosa di più intenso, di più vero.
Non siamo soli, ci rendiamo conto che molte persone vivono le nostre stesse sensazioni. Ci sembra che ci sia un nuovo modo di viaggiare, che tanto nuovo non è ma è tornato di moda.
Abbiamo visto molti autostoppisti per le strade, cosa che non si vedeva da molti anni, e molti ‘acchittano’ van, minivan e furgoncini a guisa di camperini piccoli e agili che facilmente riescono a passare tra le viuzze europee.
C’è voglia di libertà e ci auguriamo fortemente che questo desiderio sia condiviso da tante persone. Le città ci sembrano sempre più luoghi in cui viene messa in atto una forma di tortura di persone e ambiente, una forma di distruzione non necessaria, tanto dannosa quanto assolutamente inutile.
Speriamo che le persone si rendano conto di quanto sia fondamentale rispettare l’ambiente.
Alle terme ci rilassiamo ma Valentina, stranamente, trova l’acqua caldissima e riesce a sguazzare poco, abbiamo le gambe gonfie da troppe ore in macchina e abbiamo una gran voglia di tornare verso l’oceano o comunque di camminare tra le montagne e ruscelletti freschi.

Breve chiacchierata con i termalisti e poi via verso le montagne, vorremmo andare a vedere il tramonto al Rifugio Crocedomini e così facciamo. Le vette dialogano con una nebbiolina leggera e una sensazione di infinito ci pervade. Prendiamo un aperitivo, quindi camminiamo un po’ per entrare in contatto col luogo. Un anfiteatro magico ci abbraccia. Il rumore umano si infiltra tra suoni d’acqua, di campane e di animali. Parliamo, camminiamo e finalmente spegniamo i telefonini. È ora di stare un po’ tra noi, di vivere appieno il nostro rapporto e la felicità di essere in mezzo al Parco dell’Adamello Brenta, nella valle dei simboli, la Valcamonica. Torniamo verso il rifugio, Claudio regala un disco The Balmung al gestore del rifugio, beviamo un altro aperitivo, poi prendiamo la chitarra e cominciamo a cantare mentre il sole tramonta tra i picchi. Sembra di volare o di essere in una qualche forma di paradiso. Descrivere ciò che proviamo in quel momento è pressoché impossibile. Non abbiamo voglia di niente, non sentiamo il bisogno di alcunché, siamo, semplicemente e assolutamente siamo nell’istante presente, siamo parte della perfezione e tutto ci appare per ciò che è. O meglio, tutto è ciò che è nel momento stesso del suo essere. Qualcosa, appunto, di indescrivibile, che è possibile soltanto vivere per qualche istante di pura estasi meditativa. Al Rifugio ci sentiamo accolti in un ambiente familiare e amico. Per la seconda volta il Crocedomini ci coccola nel suo canto di sirena camuna e per l’ennesima volta la valle di Cernunnos ci ammalia con la sua naturale e meravigliosa bellezza. Quando usciamo a riveder le stelle, e la Via Lattea, abbiamo la tentazione di rimanere lì, rientriamo e riusciamo dal rifugio come attratti inevitabilmente da una forza, un magnetismo complessissimo e al contempo talmente elementare da apparire ovvia. Proseguiamo, Valentina si addormenta profondamente, la sua testa in eterno movimento si è finalmente rilassata e per qualche ora riesce a non pensare a niente di niente di niente, Claudio guida fino al Passo del Tonale dove tiriamo giù i sedili, stendiamo i sacchi a pelo e ci addormentiamo tra le stelle e una nube che avvolge la notte. 

giovedì 25 agosto 2016

Cronachette di un viaggio in Italia. Valle d'Aosta. Varreyes * Valgrisenche * Courmayeur * Donnas * Autostrada

25 agosto 2016

Varreyes * Valgrisenche * Courmayeur * Donnas * Autostrada

Ci svegliamo tardi, verso le nove. Facciamo una lunga doccia, laviamo i capelli e ci asciughiamo. Godiamo la visuale dal giardino delle montagne, la campana della chiesetta ci dà il buongiorno. È tutto molto bello, molto gradevole. Avremmo voglia di restare ma ‘bisogna andare’. Sistemiamo un po’ i bagagli, paghiamo e ci dirigiamo verso Aosta, dopo pochi metri tra le strade cittadine un senso di claustrofobia ci assale e scappiamo verso la Valgrisenche, dove salutiamo idealmente Grisanche, il Sanbernardo di peluche che è ormai parte della nostra vita. Ci calmiamo appena arriviamo in mezzo alle montagne, tra la natura, le casette sparse e un ritmo che sembra naturale, giusto, vero. Le strade sono piene di curve e tornanti e un po’ di mal di macchina ci scombussola lo stomaco. All’ufficio postale incontriamo un personaggio che ha parenti in Abruzzo e a Torlupara. Chiacchieriamo un po’ e veniamo a scoprire che è arrivato in Valgrisenche quasi negli stessi anni in cui Valentina, Mamma Lucilla e Papà Pietro sono passati di là, portando con sé il peluche. Coincidenze che ci fanno sorridere. Abbiamo voglia di restare ma andiamo via, continuiamo a macinare chilometri, diretti verso il Monte Bianco, calamita di roccia che ci attrae a sé con il canto suadente di enorme sirena apparentemente immobile. Le notizie del terremoto continuano a scuoterci, avremmo il desiderio di essere lì, aiutare, far qualcosa ma sappiamo che non servirebbe a niente, sarebbe più dannoso che utile, considerando che la strada di accesso ad Amatrice è particolarmente impervia e stretta e rischieremmo di ostacolare i soccorsi anziché agevolarli. Arriviamo a Courmayeur, molto carina. Prima di arrivare Sua Maestà il Monte Bianco ci abbraccia idealmente in una emozionante forza di bellezza assoluta. La cittadella non ci dà il senso di claustrofobia delle altre città ma è pur sempre un centro urbano. Troviamo un caffè bellissimo dove incontriamo un personaggio un po’ particolare, invitato dal locale festival, si definisce un avventuriero e fa cose un po’ strane quali scalare il Kilimangiaro dopo aver attraversato a nuoto un fiume pieno di animali voraci e aver corso per una quarantina di chilometri sotto il sole africano per poi riscendere e ricominciare a correre. Gli chiediamo perché, ci risponde per amore dell’avventura. Ci viene da sorridere, pensiamo alle storie di cavalieri, draghi e principesse rinchiuse in qualche torre di castello, ma lui non ha parlato di principesse o di tornei da vincere, soltanto di spirito d’avventura, non conosce Tucci ma sembra animato da uno spiritello dispettoso, un duende o qualcosa del genere. Non sapremmo dire. Andiamo via, Valentina ha difficoltà con l’altitudine e preferisce scendere a valle. Il viaggio prosegue.
Arriviamo a Donnas, ci fermiamo in una trattoria pub valdostano irlandese dove hanno la connessione wi-fi. Ci rifocilliamo e chiacchieriamo un po’, lei è un donnone con un carattere evidentemente focoso, testarda e con la voglia di andar via dalla valle che le sembra eccessivamente chiusa, lui è mingherlino, con boccoli tra il biondo e il rossiccio, timido e gentile, ama la storia della Valle d’Aosta, è innamorato della sua terra, di quel territorio dove i raggi del sole sono lamine d’aria dorata che filtra attraverso le cime di alberi ad alto fusto. Montagne silenziosamente innevate d’inverno e rumorosamente cariche d’acqua in estate, dove è possibile parlare con gli alberi e gli abitanti di tutti i boschi di qualunque pianeta.
Lei è innamorata dell’Irlanda, del mare freddo e impetuoso che abbraccia le scogliere ripide, di un popolo che parla con le popolazioni di tutti i boschi di qualunque pianeta.
Lui ha convinto lei a rimanere, sono felici insieme anche se le opinioni sul concetto di abitabilità non convergono.
Ci troviamo a nostro agio. Forse un po’ ci fanno pensare a noi, alla nostra storia, alla necessità che abbiamo di stare insieme e all’insofferenza per tante cose. La differenza maggiore è forse data dal fatto che Claudio è tutto tranne timido e gentile. Gentile forse, ma timido proprio no. Le nostre litigate somigliano a guerre e fanno pensare a quel vulcano dal nome impronunciabile che qualche anno fa ha bloccato il traffico aereo di mezza Europa finché non s’è chetato. Notizie del terremoto continuano ad arrivare a tratti, ci sentiamo nell’impossibilità di agire concretamente. Temiamo per l’incolumità di chi è ancora là e di chi abita nella valle al di sotto della diga di Campotosto. E soprattutto temiamo per l’ingordigia di chi potrebbe evitare disastri e tragedie ma è troppo avido per salvare vite, paesi, luoghi. Il suono agghiacciante di risate unte di sete di denari echeggia nella nostra memoria. Speriamo che questa volta sia diverso, speriamo che si riesca a sentire il rumore delle risate soddisfatte di soccorritori e persone con senso civico e il suono melodioso delle lacrime di chi sa di poter contare ancora su ciò che è veramente importante in una società.

Avremmo voglia di fermarci a Donnas ma proseguiamo, arriviamo verso Milano, coperta da una coltre di rosso fumo, segno inequivocabile di inquinamento. Pensiamo che l’umanità si stia sbagliando di grosso, che ci sia qualcosa di profondamente errato in tutto ciò che è chiamato ‘sviluppo’. È assolutamente necessario agire per creare sviluppo sostenibile, rispettare la natura non è un’opzione è una assoluta necessità.

mercoledì 24 agosto 2016

Cronachette di un viaggio in Europa. Autostrada * dintorni di Seez * Passo del Piccolo San Bernardo * La Thuille * Pré Saint Didier * Verrayes di Nus

24 agosto 2016

Autostrada * dintorni di Seez * Passo del Piccolo San Bernardo * La Thuille * Pré Saint Didier * Verrayes di Nus

Ci svegliamo ad un orario imprecisato prima dell’alba e riprendiamo subito la strada verso l’Italia. Attraversiamo la Francia in autostrada passando tra le colline di Bordeaux, il parco naturale con i vulcani spenti, territori a noi ignoti e proseguiamo senza fermarci se non per qualche breve, brevissima sosta. Ci diamo il cambio alla guida un paio di volte, superiamo le città con la tristezza negli occhi e la rabbia nel cuore. Il paesaggio francese scivola via oltre il finestrino della Ford Focus, anch’essa non particolarmente intenzionata a fermarsi in questa landa in cui imprigionano l’oceano con campeggi organizzati con animatori, discoteche e altre forme di distrazione di massa. Guidiamo e non riusciamo neanche a cantare, le onde continuano a muoversi nei nostri corpi e nella nostra pelle. Le nuvole di brezza oceanica sono l’immagine che ci ristora dalla stanchezza. Ci sentiamo frustrati, nervosi, esausti. Ad un certo punto del percorso, nel pomeriggio entriamo nella regione del Rodano, le montagne imponenti placano l’arsura di libertà, ci torna il buon umore. Ci fermiamo per comprare qualche sciroppo, proseguiamo verso Bourg Saint Maurice per svalicare dal Passo del Piccolo San Bernardo, i tornanti e le curve infinite non ci distolgono dal senso di profonda pace delle montagne. Sentiamo il richiamo del Monte Bianco e ci sentiamo profondamente avvolti nell’essenza più pura della bellezza.
Arriviamo in Italia, riconosciamo luoghi e da qualche dettaglio che non riusciamo a definire ci sentiamo in patria, nel nostro Paese. L’altitudine ha i suoi effetti collaterali e preferiamo scendere a valle, le teste confuse da uno stordimento che ci istupidisce. A Prè-Saint-Didier abbiamo voglia di fermarci, non troviamo il luogo adatto, ci fermiamo a chiedere informazioni negli alberghi e cerchiamo su Booking, dove riusciamo a trovare un posto perfetto per noi. Un paesino di tre case, una casetta con tetto di ardesia a gestione familiare con persone a dir poco carinissime, abbiamo voglia di fermarci ancora ma non è possibile, possiamo stare soltanto una notte.
Non è ancora ora di dormire, però. Abbiamo bisogno di mangiare qualcosa e ci rechiamo in un ristorantino vicino, consigliatoci dal gestore, dove intavoliamo discussioni e conversazioni con gli avventori e veniamo a sapere del terremoto amatriciano. Siamo profondamente addolorati e cerchiamo di capire in che modo dare una mano. Non sarà possibile, è già arrivato l’esercito, leggiamo freneticamente su internet. Temiamo per la diga di Campotosto, pare sia costruita su una falda sismica. I nostri pensieri si rabbuiano, vorremmo essere lì, aiutare, agire e ci rendiamo conto di non poterlo fare, a meno di non rischiare l’arresto per aver ostacolato operazioni di salvataggio da parte di esercito e protezione civile.
Chiacchieriamo con gli altri, ci sono anche due ragazzini coi capelli bianchi e il corpo un po’ asciugato dall’età, pare siano americani, emanano gioia di vivere. Ci attardiamo a conversare con i proprietari del ristorante e una coppia di Assisi, il discorso inevitabilmente va a finire su politica e pregiudizi. Ci salutiamo con un W Mazzini! W Garibaldi!

Un rapido sguardo alle stelle e poi ci addormentiamo come ghiri.