28
dicembre
Verona
→ Via Emilia → Modena → Autostrada → Mentana
Dopo
essere andati a dormire alle 8 si sera ci svegliamo intorno alle 4 di
mattina, è troppo presto per iniziare la giornata e ci rimettiamo a
dormire per altre tre o quattro ore circa.
Ci alziamo un po'
assonnati, forse anche dal troppo dormire, ci prepariamo, chiudiamo
le valigie e notiamo con una certa meraviglia che i bagagli si sono
espansi in numero e grandezza tanto da riuscire a caricare la
macchina con grande difficoltà.
Partiamo con l'automobile che
somiglia più ad una di quelle foto dei pullman sudamericani che ad
una normale macchina. Capita.
Salutiamo Verona con la voglia di
tornarvi, un giorno. È immersa in una lattiginosa nebbiolina ed è
incantevole nella sua bellezza. Prendiamo la Via Emilia verso Modena,
Valentina spiega a Claudio che lui non conosce il nome della strada
perché non ha ascoltato Guccini da piccolo, da giovane o da adulto,
altrimenti avrebbe saputo che esiste un universo “tra la Via Emilia
e il West”.
La lacuna letterar-musicale viene presto colmata appena
ci fermiamo a fare benzina da un benzinaio con jeans attillati,
stivali da buttero motociclista e l'aria di chi è appena sceso da un
palco della serie 'sesso, droga e rock'n'roll' e bistecca.
Le punte
dei piedi rialzate, la camminata di chi ha il cavallo, naturale o
meccanico, proprio lì dietro e ora si appoggia sui talloni spostando
il baricentro in un dialogo costante con la pancia 'importante' e
piena di birra, lambrusco e cibo della prateria.
Le braccia
leggermente aperte, annaspanti verso un pubblico alla Vasco Rossi e
le gambe divaricate che si ricongiungono all'altezza dei malleoli. Un
movimento che mette in risalto le pudenda e fa spostare il corpo
nonostante la fasciatura in jeans strettissimo ma non elasticizzato.
La testa rubizza e tendente al calvo non è coperta dal cappello
d'ordinanza dei cow-boys perché, col giubbetto aperto a significare
un virile (?) dispregio del freddo, chiuso stonerebbe e comunque è
un abitante della Via Emilia, compagno, mica un qualsiasi vaccaro
yankee.
Due bellissimi pastori tedeschi lo seguono senza guinzaglio.
Claudio rimonta velocissimo in macchina appena uno dei due gli si
avvicina. Ma hanno la stessa placida tranquillità di quelli
incontrati al Santuario della Madonna di La Salette. Riesce per fare
benzina dopo le rassicurazioni del locale aspirante buttero aspirante
metropolitano.
È tutto pronto, possiamo ripartire. Intorno a noi
campi innevati di fresco, negozi e bar chiusi. Quale emozione dopo
tanta pianura e montagne massicce vedere le delicate increspature
degli Appennini, maestosamente bianchi nella loro rocciosa eterna
danza. Increspature di un remoto mare, merletti di una gigantesca
tela, forti linee delicate che emanano potenza leggiadra e ricordano
vagamente le forme dei Lucretili, cui siamo più abituati e ci fanno
sentire a casa. Modena è poco accessibile con la macchina e i
negozietti di norcineria sono chiusi.
Troviamo un supermercato lungo
la strada e ci fermiamo ad acquistare prosciutto, che non è un
granché, pane, più buono del prosciutto, squacquerone, che
assaggeremo la sera e si dimostrerà squisito.
Comincia a nevicare
implacabilmente, siamo vicini a Bologna e dicidiamo di prendere
subito l'autostrada, per fortuna. La neve rende il paesaggio ancor
più incantato di quanto sia normalmente, attraversiamo gli Appennini
con un'apprensione notevole, chiamando Genitori e Nonna per
rassicurarli che va tutto bene. Siamo preoccupati ma ben attrezzati,
catene da neve, tisana calda, coperte, cibo, benzina. Sappiamo in
cuor nostro che non resteremo bloccati ma non si sa mai.
Mangiamo con
aria indifferente, non confessandoci gli evidenti timori. Proseguiamo
quasi in silenzio. Attraversiamo gallerie e tratti innevati, le
montagne si intravedono nel bianco turbinoso di una nevicata
tranquillissima che a noi sembra una bufera, una tormenta, una
tempesta in piena regola.
Ai bordi della strada la neve aumenta di
minuto in minuto. La corsia di sorpasso in alcuni punti è
completamente coperta, segno inequivocabile che non si sorpassa con
quel clima avverso.
Valentina mangia il Gorgonzola con nonchalance e
Claudio addenta panini facendo finta di niente. Velocità media: 30
km orari in autostrada e distanze di sicurezza amplissime.
Le neve
continua a cadere imperterrita. Vediamo un camion con delle lucette,
pensiamo con sollievo che sia uno spazzaneve, notiamo un inesistente
miglioramento nella pulizia della strada laddove la neve si accumula
sempre di più. Gallerie ci schiudono la vista a paesaggi
poeticamente favolosi e sempre più bianchi.
E d'improvviso, ecco che
la strada torna ad essere normale, qualche fiocco che nemmeno
attecchisce sullo scuro asfalto finalmente libero dall'invernale
elemento.
Ricominciamo a respirare normalmente, a chiacchierare.
Siamo salvi e ora possiamo anche ammettere che ci siamo spaventati.
Dalla parte opposta della strada una fila di chilometri e chilometri
ci segnala che stavano bloccando l'accesso al valico. Siamo stati,
tutto sommato, fortunati, rischiavamo di rimanere bloccati per ore.
Ci fermiamo in un Autogrill dalle parti di Arezzo, Valentina gode di
un estatico piacere nel sentire il caos vivace di un gruppetto di
persone del Sud, forse napoletani, e si bea della confusione di corpi
che tendono ad occupare tutti gli spazi disponibili in una umanità
non cordialmente indifferente, anzi forse rumorosamente impiccetta.
Caffettino, che Valentina trova incredibilmente squisito nella forma
espressa, e si riparte verso casa. Il cielo, più caldo e meno
livido, ci regala momenti di sole pieno alternati a giochi di nubi
con colori e luminescenze minerali di rara bellezza.