domenica 31 agosto 2014

Cronachette di un viaggio in Italia ** San Donà di Piave * Venezia * Murano * Lido * Pellestrina * Chioggia

31 agosto

Itinerario: San Donà di Piave * Venezia * Murano * Lido * Pellestrina * Chioggia

Venezia è unica
Ci svegliamo più tardi del solito, è domenica e vogliamo riposarci un po'. Siamo tornati stanchi ieri sera. Mangiamo e prepariamo i panini per la giornata, sembra che non si riesca ad uscire da San Donà poi finalmente prendiamo il treno e ci avviamo verso la città. Decidiamo di seguire un percorso differente e ci lasciamo guidare dagli eventi collaterali della Biennale Architettura.

Venezia 'popolare'
Dalla stazione prendiamo al volo il vaporetto che ci porta ad Arsenale, girovaghiamo un po', entrando nei luoghi della Biennale e ci troviamo nei Giardini dove ci imbattiamo in un progetto bellissimo: il recupero della serra che veniva utilizzata per la coltivazione delle piante della Biennale e che era poi stata abbandonata. Un'associazione l'ha rimessa in piedi e ha creato uno spazio di coltivazione, di incontro, di arte e un caffè dove ristorarsi e abbandonare lo stress.

Croce e martello
Vaghiamo per calli, campielli e canali nella zona più 'popolare' per quanto Venezia possa esser popolare, dove incontriamo l'Italia di Don Camillo e Peppone, il circolo del Partito Comunista rigorosamente diviso in circolo del PD e circolo di Rifondazione Comunista accanto al dipinto di Gesù Cristo.

La Serra della Biennale
Proseguiamo e ci troviamo nell'allestimento catalano, Claudio trova spunti interessanti.

Azioni di recupero urbano
La Biennale Architettura diverte Claudio. Contenti e felici ci imbarchiamo per Murano e Burano ma il percorso non sembra quello giusto, ci innervosiamo, Valentina annulla l'appuntamento con la sua amica veneziana e poi ci muoviamo verso il Lido per arrivare a Pellestrina, seguendo il filo leggero dei merletti. A Burano abbiamo infatti appreso che il primo museo del merletto è stato creato proprio lì e ci ha incuriosito.

Orti urbani nella città lagunare
Una meraviglia ci pervade: l'isola è piccola e poco abitata, non vi sono monumenti o palazzi ma gli abitanti chiacchierano tra loro come fossero in una famiglia allargata. Ritmi a misura delle persone in un posto spettacolare. Invece di rimanere lì come ci piacerebbe, proseguiamo per Chioggia, luogo frequentato da turisti e macchine da cui andiamo via velocemente temendo di perdere l'ultimo treno per San Donà che puntualmente perdiamo.

Verso Pellestrina
Ragazzi di Pellestrina si preoccupano per noi, delle signore di paese ci guardano canzonatorie sapendo che per le 22:40 non riusciremo mai e poi mai ad arrivare al treno. Prendiamo alcuni pezzi di pizza e ci imbarchiamo.

Il tramonto in laguna
Gli abitanti dell'isolotto hanno una specie di innata compassione nel senso di partecipare ai sentimenti altrui che ci ammalia. Arrivando avevamo incontrato un gruppetto di isolani che ci aveva fornito indicazioni per goderci l'isolotto, tornavano da una crociera dove avevano sentito suonare niente meno che 'La Socera' Patrik, Claudio decide di regalar loro un suo CD per celebrare la coincidenza. Mentre stiamo per tornare a Lido ci viene una gran voglia di tornare presto.

Sul traghetto ragazzi vestiti a festa per la domenica sera lagunare. Claudio ha un'idea: e se ci fossero altri treni? Ci sono, o meglio c'è un autobus sostitutivo. I Ragazzi di Pellestrina tirano un sospiro di sollievo insieme a noi mentre le paesanotte ci gardano stizzite e falsamente contente.

L'acqua è via di comunicazione
A Pellestrina l'architettura si sta evolvendo in base alle effettive esigenze degli abitanti creando forme che col tempo verranno abbellite e si svilupperanno, forse in una nuova opera d'arte vivente e vissuta. Mentre Burano è staticamente cristallizzata nel suo ritmo perfetto di colori e forme, Pellestrina è in evoluzione e questo la rende ancor più bella. Da Lido arriviamo a Venezia attraversando lentamente il Canal Grande, quale e quanta meraviglia!

Sulle tracce di Garibaldi
L'unicità di questa città si esprime in qualunque luogo ma forse si evidenzia sempre più sull'acqua che qui è via, è strada, collegamento e luogo di comunicazione sociale e interpersonale. Luogo di antichi dialoghi presentemente futuri. Dire che Venezia è unica è una banalità ma racchiude una grande verità. Raggiungiamo la stazione con lo stupore artistico negli occhi dissetati di bellezza e stanchi, passiamo sul Ponte di Calatrava verso Piazzale Roma e imprechiamo sottovoce per la scomodità di un ponte che sembra tanto carinamente moderno quanto futilmente scomodo e poco funzionale.



Ragioniamo sul tema principale della Biennale Architettura, il filo rosso che ci ha guidati in questa gita veneziana, e arriviamo alla conclusione che il moderno, la modernità è e può essere miglioramento e abbellimento quando è necessaria, quando nasce da esigenze primarie e non è un caso che gli orientali prendano spunto dagli alberi per le loro costruzioni, considerando le vite delle
Lasciamo traffico e rumore

persone qualcosa si simile alla linfa vitale che ne abita i tronchi.

La modernità non è e non deve essere distruzione o auto-celebrazione di ego spropositati quali quelli dei moderni archistar.
 
Prendiamo l'autobus e viviamo in diretta l'inizio del temporale. La tempesta, scultura in ferro che aveva attirato la nostra attenzione verso i luoghi 'collaterali' della Biennale e scatenato la nostra allegra ilarità, ci accompagna e si esprime nella sua rinfrescante e turbinosa potenza, dopo aver irradiato di lampi il cielo di Venezia, e ci saluta.

Il filo rosso che ci ha guidati in questa nuova scoperta della città lagunare che tanto amiamo ci saluta a suo modo con effetti naturali di rara bellezza che creano una perfetta sintonia con l'unica e

Ciao e grazie Venezia!
meravigliosa regina indiscussa delle città sull'acqua.
 
Sull'autobus le questioni dell'Europa, dei confini e delle frontiere ci riportano sulla terraferma con il cuore e col corpo.

Ci addormentiamo stremati da questa giornata fantasticamente burrascosa.

Grazie Venezia per averci svelato la tua bellezza anche questa volta!


Scritto da Valentina Cosimati







sabato 30 agosto 2014

Cronachette di un viaggio in Italia ** San Donà di Piave * Venezia * Murano * Torcello * Burano * Venezia * Isiata

30 agosto

Itinerario: San Donà di Piave * Venezia * Murano * Torcello * Burano * Isiata

I giardini di vetro di Murano
Ci svegliamo presto, facciamo colazione e prepariamo l'insalata di riso da portare via, speriamo di trovare un parco, un modo o un posto appartato in cui mangiare qualcosa.

Arriviamo a Venezia col treno, passare sull'acqua fa sempre un certo effetto. salutiamo la città che tanto amiamo e prendiamo subito il vaporetto per le isole.


Burano è un quadro
Murano è la prima tappa, incantati dalla presenza del vetro ovunque, liquido come l'acqua, limite e confine di queste lande, e dure come la pietra che affatica le gambe quando si cammina per queste calli.

Corte 11 settembre a Burano
Ci fermiamo su una panchina all'incrocio di alcuni palazzi incantati dal suono in assoluta assenza di rumori di autovetture, del traffico e dei clacson. Rimaniamo qualche minuto immersi in questo silenzio pieno di note, di voci, di cinguettii, del frusciare delle foglie e dello sciabordio lieve della laguna. pro piacere per il cervello che sembra rilassarsi completamente. È incredibile la quantità di stimoli uditivi cui siamo esposti quotidianamente.

Campanile pendente a Burano
Guardiamo un mastro vetraio all'opera e andiamo verso Torcetto, dove incontriamo resti antichi e un matrimonio in stile lagunare, senza gondole.

Venezia è magica
Dopo poco ci dirigiamo verso Burano ♥ una meraviglia assoluta, sembra di camminare in un quadro ben dipinto: le case di colori vivaci e un ritmo allegro sembrano essere parte integrante di un disegno tridimensionale eseguito da un pittore particolarmente ispirato quel giorno. Per qualche istante comprendiamo lo stupore della recitazione in un teatro quale quello Olimpico di Vicenza, o meglio di Palladio, visto che Vicenza a nostro avviso può aver difficilmente ispirato tanta e tale ingegnosa bellezza.
San Marco in tutto il suo splendore

L'Olivetti a San Marco, c'è la Valentine?
Ci lasciamo cullare da questa isola, ci facciamo ammaliare dai suoi merletti, uno dei pochi esempi del superamento della perfezione della Natura ad opera dell'uomo, anzi, è bene ricordare, delle donne, che forse proprio in questa arte artigiana distillata in decenni e decenni di pratica quotidiana hanno saputo e potuto trovare un modo di evadere dalle anguste gabbie costruite intorno a loro. Nella minuzia dei disegni costruiti con fili tanto sottili da sembrare creati dai ragni si sviluppa e si evolve un ingegno, peraltro anche matematico, che mette in connessione mani e corpi, in cui ceti altissimi e infimi della società del tempo, si tesse una forma di liberazione.
La Calle dei Fabbri

Giocare nella Biennale Architettura
Creare eccellentissime e pregevolissime opere artigianali è forse, per le donne del tempo, quindi dal XVII secolo in avanti, un modo per aggiornarsi, informarsi, riscattarsi, sostenere economicamente anche una eventuale famiglia che in alcuni casi poterono costruire proprio grazie al proprio lavoro.

Una ragazza orfana poteva, ad esempio, “farsi una dote” per sposarsi o farsi monaca in virtù delle proprie abilità. Ma soprattutto poteva entrare nelle corti dei regnanti, finanche viaggiare fino in Francia, che all'epoca era un'impresa elitaria, pur se di umili origini, con il proprio lavoro, che veniva ritenuto talmente valido da far scomparire come d'incanto le rigide e inique distinzioni classiste. È indubbio che lo svilupparsi di una classe borghese florida e il fiorire di relazioni commerciali e quindi culturali abbia fortemente contribuito a creare una società piuttosto libertaria per l'epoca ma è forse ancor più significativo che a questa floridezza abbia contribuito in parte non trascurabile l'apporto delle donne e del loro eccellente lavoro.
Specchi

I tetti di Venezia
Camminando camminando giungiamo ad un piccolo parco sulla riva della laguna, come molti altri turisti ci sediamo all'ombra e mangiamo l'insalata di riso. Il matrimonio di Torcello sembra fare un percorso simile al nostro... la barca con gli sposi passa nel canale dove stiamo mangiando e sui ponticelli vediamo due donne con la testa coperta da veli ricamati, chiaro e scuro, forse in base all'età o allo stato civile. Sembrano bambole spagnole e il velo sembrerebbe tenuto da una sorta di pettinino molto grande apppuntato circa venti o trenta centimetri sopra i capelli. Ma forse è soltanto suggestione e vi sono vari matrimoni.
I tetti di Venezia

Proseguiamo il nostro giro spizzicando di quando in quando un pezzo dello squisito dolcetto acquistato a caro prezzo in un forno pasticceria colmo di autentiche bontà.
Stanchi, ci dirigiamo verso il vaporetto e prendiamo al volo quello per Venezia San Marco.

Venezia
La coppia di origine indiana incontrata sul primo vaporetto e poi di nuovo sul secondo si sono lasciati ammaliare dall'incanto dell'isola.

Arriviamo a Venezia passando per il Lido, San Marco si esprime in tutto il suo splendore. Percorriamo i tracciati turistici accodandoci alla calca. Effettivamente Venezia è proprio bella. Riusciamo a capirne un po' più la misteriosa meraviglia quando ci troviamo “tra i suoi tetti” cui accediamo grazie ad un evento della Biennale Architettura. Alcuni esperimenti incuriosiscono Claudio, altri ne scatenano un'ilarità contagiosa.

Gondole
Torniamo a San Donà stanchissimi e gaudenti. A Isiata, ovvero dall'altra parte della strada, mangiamo il baccalà di Zia Lucia e una bianchissima polenta, forse di riso? Crolliamo addormentati prestissimo e ben rifocillati. 

Scritto da Valentina Cosimati

venerdì 29 agosto 2014

Cronachette di un viaggio in Italia ** San Giorgio di Mantova * Villafranca di Verona * San Donà di Piave * Trieste * Gorizia * Nova Gorica * Slovenia * San Donà di Piave

29 agosto

Itinerario: San Giorgio di Mantova * Villafranca di Verona * Vicenza * San Donà di Piave * Trieste * Gorizia * Nova Gorica * Slovenia * San Donà di Piave


Villafranca di Verona
Ci svegliamo di buon mattino, ci prepariamo, incartiamo per bene le buste di spazzatura differenziata e... ci facciamo imprecar dietro da inservienti del centro commerciale: la spazzatura può essere un forte motivo di discordia da queste parti :)

Campanile pendente on the road
Arriviamo a San Donà di Piave, non entriamo in un borgo con castello che ci aveva molto incuriosito e passiamo da Villafranca di Verona, punto di antiche scorrerie tra Scaligeri e Gonzagheschi che persino Napoleone aveva timore ad attraversare. I discendenti degli antichi briganti settentrionali ci accolgono bene e ci adattiamo subito a quella che qui evidentemente è un'arte che persiste nel tempo: quella del 'caffè', della chiacchiera al bar.

Ingresso del Teatro Olimpico
Queste terre ci sono simpatiche, non altrettanto Vicenza, il cui Teatro Olimpico è un gioiello di rara bellezza in una cittadina in cui l'integrazione tra culture è evidentemente un esperimento mal riuscito, forse anche per una certa marziale rigidità mentale.

Letter to the World o quasi...
Arriviamo a San Donà di Piave ma la stanza non è pronta, primo di una serie di disguidi che ci fa pensare di andar via quanto prima. Decidiamo che, avendo visto Trento, non possiamo non passare per Trieste, città che si conferma nel nostro sentire una città di zingari, con tutte le accezioni positive e negative che ciò implica nel nostro immaginario.




Claudio nel cortile del Teatro Olimpico
Andiamo via di corsa alla volta di Gorizia per vedere il confine che non c'è più, l'odioso confine, l'orrenda divisione di una città tenuta ostaggio da divisioni inique e doganieri incattiviti.

Teatro Olimpico
Con giubilo, gioia e profondo sentimento di liberazione dall'oppressione degli impotenti e ormai evidentemente inutili aguzzini delle antiche frontiere ci godiamo l'aria fresca e il senso di libertà della cittadinanza europea.
In un caffè gustiamo formaggi e prosciutto e quel carattere indomito che caratterizza i goriziani.

Isabella d'Este ci saluta
Teatro Olimpico
La città ci piace e pensiamo di rimanerci, poi ci rispostiamo verso San Donà, prima di prendere sonno ci imbattiamo nella locale Sagra di Isiata, scopriremo poi che quest'anno si festeggi anche l'ottantesimo compleanno di una signora che da 40 anni cucina il baccalà rosso per la sagra.

Sinagoga di Trieste
Recuperiamo i cavi per caricare i dispositivi elettronici e, finalmente, ci addormentiamo in un sonno breve ma rinfrancante.

La mancanza di ambiente naturale e di uccelli ci aveva stordito e aver ritrovato una natura coltivata ma non una terra sfruttata fino all'assurda denaturalizzazione ha placato le nostre menti.



Un quadro ispirato alla Camera degli Sposi nel bed and breakfast, la Red
Gorizia
Fenice, ci fa pensare che siamo comunque nel posto giusto in questo nostro viaggio.
Andrea Mantegna sembra proprio volerci guidare e accompagnare. 

Scritto da Valentina Cosimati



giovedì 28 agosto 2014

Cronachette di un viaggio in Italia ** San Giorgio * Mantova * Sabbioneta * Mantova

28 agosto

Itinerario: San Giorgio * Mantova * Sabbioneta * Mantova

Mantova è sempre uno spettacolo
Ci svegliamo in un clima freddo, grigio e ventoso ma decidiamo comunque di non crogiolarci tra le lenzuola e di esplorare Mantova. Entriamo dalla Porta San Giorgio: con il buio o con il giorno, con il bello o il malo tempo è sempre uno spettacolo.
Sant'Andrea a Mantova
Abbiamo intenzione di esplorare il percorso evidenziato dalla Madonna della Vittoria e ci rechiamo a Sant'Andrea, passando prima per una pizzeria/panificio dove abbiamo gustato una squisita focaccia e ci siamo tolti definitivamente lo sfizio della torta di rose, buona ma niente di che. Mangiamo la focaccia in Piazza delle Erbe, a fianco alla basilica di San Lorenzo, pregevole costruzione circolare dove stavano celebrando la messa. Una felice sensazione di raccoglimento spirituale in una chiesa antica e semplicemente bella.

I Norsa nella chiesa di Sant'Andrea...
Il personaggio Daniel Norsa ci accompagna in questo giretto cittadino. Entriamo a Sant'Andrea e Valentina individua subito la cappella minore dove è il quadro in questione ma non lo riconosce, si fa confondere dai cartelli informativi posti all'ingresso della cappelletta dove stanno montando un'impalcatura per restaurare la chiesa dopo il terremoto che ha devastato la zona e ha rischiato di far crollare il palazzo ducale, forse è destino che non la dobbiamo vedere subito.

... e di fronte alla chiesa di Sant'Andrea
L'interno è maestosamente arioso e, cercando il quadro con Norsa, ci imbattiamo in una serie di quadri e personaggi, tra opere di restauro e restauratrici così impegnate nel loro lavoro da non avere idea di dove sia questo quadro, di cui effettivamente non conoscevano  la storia. Una di loro ci accompagna dal sagrestano e viene a vedere la cappella minore con noi, riferirà alle altre,  altrettanto incuriosite dalla nostra ricerca tra le vicende mantovane.

Non si può stare a dieta a Mantova!
Il quadro non soltanto è presente, ma è anche piuttosto evidente la presenza dei personaggi che ci avevano incuriosito. Come immaginato, Norsa è un vero e proprio Shylock simpatico, forse era anche un po' burlone, fosse stato cattolico in quel tempo sarebbe forse diventato una sorta di marchese del Grillo, il senso dell'umorismo tipicamente ebraico traspare dallo sguardo scanzonato e il gusto del dispetto eclatante per mettere in luce le contraddizioni logiche sembra essere il tratto distintivo con cui il pittore lo ha voluto immortalare.

Casa di Andrea Mantegna
Usciamo dalla chiesa contenti e baldanzosi seppur Claudio si sia fatto irretire dal nervosismo dopo l'incontro con un mendicante di origine africana che parlava inglese e chiedeva monete in cambio di aiuto anche se non si è ben capito di quale aiuto avremmo avuto bisogno passeggiando turisticamente tra le vie di una città a noi ignota eppur già familiare, dove le antiche culture di popoli diversi sembrano incontrarsi senza troppi pregiudizi.

L'Umanesimo par qui esprimere tutte le proprie potenzialità e il Rinascimento sembra un buon auspicio per questa nostra Italia contemporanea, tanto confusa da corrotti e corruttori di bassa lega, senza il minimo afflato ideale o amor patrio.

Agli antipodi nel cortile di Mantegna
Camminiamo alla ricerca vana della casa di Andrea Mantegna, incontriamo invece le pescherie di Giulio Romano. Riprendiamo la macchina e ci avviamo verso la casa del Maestro, è chiusa al pubblico ma il cortile, con la perfetta quadratura del cerchio e il sole nella pavimentazione a ciottoli si schiude ai nostri occhi.



 Sembra particolarmente simbolico per la nostra storia: Vale e

Al centro dell'Universo
 Claudio da parti opposte del Globo, ci guardiamo, comunichiamo, utilizziamo la tecnologia e ci riuniamo per non lasciarci mai più... la perfetta quadratura del cerchio.
 
Una persona ci cede il suo biglietto di parcheggio, deve essere un'usanza qui, la solidarietà cittadina. Abbiamo pochi minuti e va bene così.

Torniamo velocemente all'appartamento, indecisi se andare a fare un giro sui barconi delle mini crociere fluviali o proseguire per Sabbioneta.

La sbrisolona :)
Optiamo per la seconda ipotesi e con l'occasione guardiamo da fuori Palazzo Te, circondato da apparati industriali e intasato dal mercato settimanale. Sabbioneta è particolare ma non scendiamo neanche dalla macchina: le città ideali, le lingue artificiali non hanno quella vitale stratificazione che le fa essere vive ed evolvere in un costante cambiamento.

Torniamo verso l'appartamento, il Tomtom ha ripreso a funzionare, ci addormentiamo di un sonno profondo e prepariamo i bagagli.

Birra e dolcetto
Concludiamo la serata a Mantova con uno strano sentimento di disagio e affezione. Sembra che i  ciottoli di questa città innervosiscano Claudio rendendolo irascibile e pronto allo sproloquio. Forse gli ci vuole una birretta. 



Le cartiere Burgio
Strani effetti collaterali di un agglomerato urbano di cui non vuole nemmeno assaporare le bevande alcoliche.
 
Da quando siamo arrivati, all'entusiasmo di Valentina per il cibo, si è accompagnato un diffidente disinteresse di Claudio per i vini locali e, in generale, per i sapori e gli aromi di queste fertili terre. Salutiamo la città di Virgilio, ringraziandola in cuor nostro per averci mostrato alcuni suoi percorsi, alcuni tesori che contraddistinguono la sua ricchezza visiva...

Virgilio
La bussola senza il suo ago (Claudio) e la vagante senza senso dell'orientamento (Valentina) si sentono smarriti e perplessi nella Storia italica.

L'ultima impressione di Mantova è che 'Nemo propheta in patria' è proprio vero, persino se il 'Nessuno' in questione è Virgilio...

Tornando alla normale quotidianità nel vicinato del nostro alloggio sentiamo una nuova forma di litigata contemporanea: 
Quante?
Quante volte?
Quante volte ti ho detto che la carta del caffè va nella plastica?


Scritto da Valentina Cosimati

mercoledì 27 agosto 2014

Cronachette di un viaggio in Italia ** Lago di Garda * Lazise * Colà * Mantova

27 agosto
Itinerario: Lago di Garda * Lazise * Colà * Mantova

Dopo un intenso giro turistico riflettiamo sull'opportunità di tornare a casa per mancanza di soldi.

Acqua! a Lazise
Ci svegliamo stanchi e affaticati con le gambe e i piedi doloranti per il peregrinare tra borghi e città. Il sole preannuncia una splendida giornata e decidiamo di andare verso Lazise, il Lago di Garda e le terme. Acqua, ecco ciò di cui sembrano aver bisogno i nostri corpi, una bella nuotata, un bagno rigenerante.

Lazise è un gioiello, frequentatissimo. Tra l'altro è giorno di mercato per cui le già affollate stradine si popolano di turisti e abitanti, senza però creare il tipico senso di soffocamento da calca, chissà perché.

Mercatino a Lazise
La strada per arrivare da Mantova è una enorme distesa di campi di pannocchie, patate, zucchine. Passiamo all'interno di questa meravigliosa onda verde e, oltre a notare la quasi totale assenza di uccelli - “Gli sparano!” - esclama Claudio scatenando una fragorosa risata. Ci accorgiamo che da queste parti gli animali vengono allevati soltanto in modo intensivo: i campi, utilizzati evidentemente per una continua produzione agricola, servono a far crescere “l'oro verde” non possono mica venir calpestate dagli animali al pascolo....Tutto questo ci sembra altamente innaturale e decidiamo che carne e formaggi non costituiranno la base dei nostri pasti, almeno in questa zona.

Il Lago di Garda
Lazise, dunque, è incantevole e il Lago di Garda molto più piccolo di quanto Vale immaginasse, le ricorda Trevignano o Bracciano piuttosto che l'Ontario o altre formazioni lacustri di ampiezza considerevole. La meta odierna sono le Terme di Colà-Lazise Parco Termale del Garda.



L'ingresso fa pensare vagamente a quello del Bioparco (lo zoo) di Roma, con spunti Coppedè, suggestivo. Una ragazza che sembra una creatura elaborata in computer grafica, con scultorei ricci mogano, carnagione diafana e occhi color acquamarina, una moderna Medusa?, è alla cassa, paghiamo e ci spiega velocemente e molto affabilmente in che modo funziona il parco...perché 
Shakti-Matting a Colà
proprio di questo si parla: un parco con abeti e alberi all'apparenza secolari, il cui nome è indicato su apposite targhette, dove si sviluppano due laghetti, uno più piccolo, l'altro più caldo, dotato anche di grotte e vasche idromassaggio. Optiamo per il lago grande. Ci cambiamo d'abito smadonnando per la pessima organizzazione all'interno di una sorta di tenda montata su una struttura circolare in ferro che non chiude neanche bene, scomodi, somigliano a disagevolissimi camerini. Possibile che con un biglietto tanto salato non vi siano neanche degli spogliatoi? Ah se il parco fosse in Toscana altro che camerini volanti! - pensiamo attoniti.

Claudio termale
Ovviamente gli spogliatoi ci sono, all'interno di una spettacolare struttura modernissima in ferro, legno e vetro stile fin de siècle, XIX s'intende, seppur costruiti evidentemente sul finire del XX secolo.
 
Ci immergiamo in questo paradiso terrestre, l'acqua è semplicemente perfetta, calda, sulfurea senza l'odore di zolfo, che pure ci piace molto, e sotto i piedi un ghiaino che massaggia delicatamente l'arco plantare.

Ci coccoliamo con massaggi in acqua, tenedoci reciprocamente a galla e trasportandoci senza fatica, insomma: proprio quello che serviva per rinfrancar le membra e lo spirito più che fra un enigma e l'altro, tra una città e l'altra. Il sole ci regala una calda e serena 

Parco Termale del Garda di Colà - Lazise
giornata estiva in questo agosto che sembra aver confuso gli emisferi australe e boreale. Ce ne andiamo di malavoglia con il desiderio di tornare presto, magari non da soli.
 


Arriviamo verso le 4 a San Giorgio, santo di cui vogliamo approfondire la conoscenza e la simbologia associata, visto che sembra una costante di questa prima parte di viaggio...è curioso pensare, tra l'altro, che San Giorgio è il nome delle scuole elementari frequentate da Claudio parecchi anni fa. Ci cambiamo e rifocilliamo velocemente poi... Mantova da Porta San Giorgio :) spettacolarmente bella o “semplicemente meravigliosa” come recita la brochure informativa. A Palazzo Ducale ritiriamo i biglietti acquistato ieri per telefono, non senza aver, prima d'entrare nelle mura cittadine, intavolato una breve discussione sulla presunta imminente chiusura delle Cartiere Burgo e sulla inettitudine della classe dirigente italiana, selezionata con criteri altri rispetto al merito e che chiaramente crea disoccupazione anziché sviluppo, arroccamento corporativo e isolazionismo egoista piuttosto che portare avanti e far crescere realtà produttive di tutto rispetto spesso e volentieri costruite faticosamente e fortunosamente con l'ingegno creativo della generazione post-
Camera Picta del Mantegna
bellica della Seconda Guerra Mondiale.
 
 
La Camera Picta o Camera degli Sposi di Andrea Mantegna è effettivamente un gioiello di rara bellezza, godiamo di tanta arte per il tempo che ci è concesso dalle esigenze organizzativo-museali e poi ci rifocilliamo con un cappuccino, una tortina di tagliatelle, un bicchiere di vino e un occhio di bue alla nutella in un baretto vicino alla Casa del Rigoletto dove entriamo per il rotto della cuffia, stava per chiudere.
Nel baretto leggiamo alcune pagine di libri e riviste acquistati nella libreria del Palazzo ed elaboriamo alcune delle informazioni che ci sono state fornite da una gentile donzella dell'Ufficio Informazioni Turistiche posto all'interno della Casa di Rigoletto, appunto.

Palazzo Ducale Mantova
Visitiamo dunque il Palazzo Ducale di gran carriera “incontrando” due donne: Isabella D'Este, di cui avevamo imparato a comprendere la genialità, e la monaca pittrice falsaria romana naturalizzata mantovana Lucrina Fetti, vissuta tra il XVI e il XVII secolo, che ha subito stimolato la nostra fantasia. Il palazzo è veramente pregevole epperò un senso di oppressione claustrofobica lo trasmette comunque, la sensazione che qualunque persona, nell'Occidente (intendendo Europa, Nord America, Australia e Nuova Zelanda) ricca o povera nell'ambito della decenza, viva meglio o comunque avrebbe la possibilità di vivere con più agio e comodità rispetto al più potente dei re – e soprattutto delle regine – del passato è sempre più vivida. Salutiamo i custodi a Palazzo e le nostre “eroine” e andiamo a cena nell'Appartamente Isabella d'Este in località San Giorgio, a piazza San Giorgio(!).
Valentina e Rigoletto
Sfogliamo un po' di materiale informativo, diamo una scorsa alla guida di Mantova e ci dirigiamo verso la Madonna della Vittoria per scoprire un universo tutto mantovano.

Una associazione culturale locale è riuscita a far conoscere le meraviglie che si celano in questo luogo di culto tanto emblematico per comprendere la realtà sociale e culturale del luogo natio del sommo Virgilio.

La chiesa venne costruita a spese di un ricco ebreo, Daniel Norsa, che era molto simpatico ai Gonzaga e ad una parte della cittadinanza mantovana in quanto era ricco e ben propenso a prestare denaro per soddisfare i capricci dei regnanti. Uno Shylock simpatico. Questo signore era tanto potente e importante nella città da essere raffigurato in un quadro esposto nella Cappella piccola di Sant'Andrea. Ma procediamo con ordine.

Madonna della Vittoria a Mantova
Daniel Norsa era un ricco ebreo che “commerciava denari” con i Gonzaga intorno al XV secolo, era un borghese, non potendo per evidenti discordanze religiose essere creato nobile, ricco e a quanto parrebbe anche piuttosto influente. Decide di acquistare, per costruire la propria dimora, un luogo dove è dipinta una Madonna.

Per la religione ebraica qualunque rappresentazione figurativa del divino è sacrilega e, non riconoscendo Gesù quale figlio di Dio e incarnante il principio stesso della divinità, è palese che la madre del dio e del figlio del dio cattolico, Cristo per il principio trinitario, non è altro che la rappresentazione pittorica di una bella fanciulla.

Madonna della Vittoria a Mantova

Come è noto, spesso le Madonne celebrate nella storia dell'arte italiana erano tutto fuorché vergini virtuose o illibate madri per opera dello Spirito Santo. Di spiriti avevano sentito l'odore ma erano spesso più simili ai fumi dell'alcool che all'acre effluvio degli incensi.



Vai a sapere perché, se per voglia di “marcare” il territorio al pari dei suoi concittadini cristiani o per convinzioni religiose che gli impedivano di considerare “accettabile” e sufficientemente “decorosa” l'immagine di una avvenente donzella a raffigurare una vergine madre di un dio da lui misconosciuto e ritenuto sacrilego, tant'è che decide di chiedere al Vescovo, quindi all'autorità religiosa cattolica, il permesso a rimuovere il dipinto. Apriti cielo! Una sommossa popolare si scatena, forse anche per qualche conticino in sospeso, si potrebbe malignamente pensare, e il povere – si fa per dire – Daniel Norsa si vede costretto a rinunciare ai piani per la costruzione della propria dimora, a pagare per la costruzione della Chiesa della Vittoria e per la relativa pala d'altare dipinta dal Mantegna. Cosa raffigura questa
Mantova semplicemente meravigliosa
pala? È presto detto, una presunta vittoria di Francesco II Gonzaga a Fornovo nella “battaglia del Taro alla testa dell'esercito della Lega Italiana contro Carlo VIII re di Francia” (da Omnia Mantova); la nostra guida pubblicata da Tre Lune cin informa che “Ariosto fu obiettivo: non so se vincitor, non vinto almeno”.
 




Lucrina Fetti
Quindi Daniel Norsa ebbe a pagare per celebrare una pseudo vittoria di una pseudo battaglia degli italiani contro i francesi, i quali, tornati qualche secolo dopo con Napooleone pensarono (male) di rubare la Pala di Mantegna, uno dei primi furti d'eccellenza, e di portarla in Francia, a Versailles.  È tuttora conservata al Louvre come gran parte dei capolavori nostrani. Ci chiediamo se e quando ce li restituiranno...

L'onta sacrilega dei Norsa viene dunque lavata, secondo la Ragione del tempo, con la costruzione di una chiesa ma, e questo è quello che più ci fa capire la mentalità e la società mantovana del Rinascimento, suscitando in noi meraviglia e ammirazione. I Norsa e questo episodio vengono raffigurati immediatamente dopo quello che era uno dei più noti “mass media”, un quadro.

Spartito musicale nello studiolo di Isabella d'Este
Nel Palazzo Ducale avevamo notato una testa di Moro scolpita e nell'oculo della volta della Camera Picta uno dei cinque personaggi adulti raffigurati è proprio un Moro, un uomo con la pelle scura: Mantova doveva essere davvero un luogo di incontro e dialogo di culture, pur coi limiti imposti dalla cultura Rinascimentale del XVI secolo, e soprattutto è stata una delle culle del pensiero moderno con lo sviluppo di una classe borghese attiva e presente nel tessuto urbano sin da tempi piuttosto remoti.

Torniamo a San Giorgio con la sensazione di aver compreso qualcosa della patria di Virgilio e... ci innervosiamo pensando che forse dovremmo tornare a casa... troppe spese e il guadagno?

Scritto da Valentina Cosimati