23 dicembre 2018
Dolo * Venezia * Desenzano del Garda
Ci svegliamo in una mattina nebbiosa, cerchiamo di fare il
bagnetto a Giulia che rischia di scivolare nella vasca antica, il giardino è di
una bellezza incantevole. Scendiamo nella sala ristorante per la colazione e,
dopo qualche perplessità, decidiamo di caricare i bagagli sulla Ford Focus e
partire. Giulia suona un po’ lo Yamaha nell’ingresso, facciamo il check-out.
Mentre Papà Claudio carica la station wagon, Mamma Valentina allatta Giulia nel
sontuoso ingresso della residenza estiva di una nobile famiglia veneziana, dove
anche il Doge soggiornò in quegli ultimi decenni in cui l’Italia era ancora
divisa e si preparava alla difficile transizione verso la repubblica
democratica, un passaggio che ancor oggi, o forse soprattutto in questo momento
storico, sembrerebbe ben lungi dall’essere effettivo, ma forse le apparenze
ingannano e le maschere celano volti antichi e nuove virtù. La riva del Brenta
è un susseguirsi di splendide ville venete, più o meno ben tenute, che sembrano
voler raccontare storie decadenti o esercitare una forma di resistenza all’industria
pesante che circonda la bellezza raffinata di questi luoghi con una dirompente
violenza inquinante. Le statue e la cura con cui vengono tenuti i giardini di
questi baluardi della meravigliosa tradizione artistica e artigiana italiana, i
vetri che illuminano affreschi e porticati, le finestre spesse di legno buono,
con maniglie indistruttibili, i pavimenti e i parquet incorruttibili perché
cesellati con maestria e sapienza sembrano gridare all’intera umanità: basta
inquinare, cerchiamo di ritrovare la capacità di amare la bellezza, la dignità che
si esprime nel saper fare, nell’evocare scenari fantastici e favolosi anche grazie
alla giustapposizione di imperfezioni di materiali antichi.
Troviamo un posteggio nel parcheggio comunale di Piazzale
Roma a Venezia e il ritmo lento del cammino, reso ancor più cadenzato dalle
difficoltà di attraversare ponti senza rampe col passeggino, seppur leggero e
maneggevole com’è il Cam Curvi. Giulia non sembra apprezzare troppo gli sforzi
di Mamma Valentina e Papà Claudio e, dopo una mezza dozzina di ponti, decide
che preferisce camminare, eventualmente arrampicandosi sul fianco materno ma
senza troppa convinzione.
Riusciamo a trovare la focaccia nell’antica pasticceria Rizzardini,
dove eravamo già stati nel 2015, mangiamo pastarelle e prendiamo un paio di rustici
da portar via.
Proseguiamo verso Piazza San Marco, Giulia cammina un po’ ma
poi si fa convincere a salire sul passeggino. Quando arriviamo a Piazza San
Marco all’esortazione di Mamma Valentina e Papà Claudio ‘guarda che bello!”, Giulia
risponde: “che bello”, facendo ovviamente andare in brodo di giuggiole i
genitori che continuano a guardarla estasiati.
La basilica di San Marco è chiusa per la funzione liturgica,
ma riaprirà dopo un’oretta, una fervente ascoltatrice di Radio Maria ci spiega
alcune simbologie nella facciata della basilica, Mamma Valentina discute
amabilmente con lei e la ringrazia vivamente. Decidiamo dunque di andare a
prendere un caffè nella serra vicino a Via Garibaldi recuperata da qualche anno
e trasformata in vivaio caffetteria, un raro e prezioso luogo verde nella città
lagunare che a Mamma Valentina piace molto, mentre a Papà Claudio un po’ meno. Sembra
che Giulia lo trovi gradevole ma decisamente non apprezza la presenza di un
pianoforte che non funziona, anche se c’è una chitarra e alcuni avventori che
attirano decisamente la sua attenzione e con cui fa, ovviamente, amicizia conquistando
sorrisi, benevolenze e complimenti. Usciamo dalla serra dopo aver bevuto una birra,
un gingerino con la cannuccia e una spremuta d’arancia- Nei giardini ammiriamo una
statua dedicata a Giuseppe Garibaldi che ci piace molto perché esprime, a nostro
parere, l’essenza della sua eroicità, fatta di umiltà, di umorismo e di una
semplicità da grande saggio, mai pomposa né altera o militaresca, inserita all’interno
di un tessuto urbano che celebra con convinzione gli eroi, le glorie e l’importanza
del Risorgimento. Il Garibaldi veneziano è un generale col poncho, senza
cavallo o pennacchi, con un leone, libero anch’esso che non è sottomesso o
vinto, bensì accoccolato fieramente accanto, alleato inseparabile e conscio
della propria forza morale e politica. Due giganti gentili e invincibili che,
nella loro grandiosità, non hanno bisogno di ostentare grandezze.
Dopo pochi passi, appena arriviamo su Via Garibaldi, l’unica
che a Venezia abbia il nome di ‘via’, quasi a significare che la glorificazione
dell’Eroe de’ due mondi esprime una sorta di estraneità ad un tessuto urbano
complesso, variegato, un finissimo broccato o un ingegnoso merletto ricamato nell’arco
di secoli, in cui ogni bottega, finestra, canale, calle e campiello sobriamente
sorride della propria perfezione. A Garibaldi è dedicata una statua in un
giardino quasi dimenticato e una via, a Manin e agli eroi risorgimentali sono
dedicate statue e targhe ma i veri orgogli veneziani, tra cui Elena Lucrezia
Cornaro Piscopia la prima donna laureata della storia, il geniale drammaturgo
Carlo Goldoni, o l’inarrivabile e rivoluzionario compositore Antonio Vivaldi,
sono celebrati nei nomi di alberghi e ristoranti, con targhe e calli o
campielli dedicati, con una sobrietà che svela, celandolo, un orgoglio profondo,
sentito, radicato.
Ci fermiamo in uno strano luogo per cercare di mangiare ma non
riusciamo a farci dare del cibo, andiamo dunque in un altro luogo, dove ci
accolgono, tra l’altro con una squisita vellutata di zucca che Mamma Valentina
gusta con gran piacere mentre Giulia sugge il suo seno e Papà Claudio mangia l’arancino
allo zafferano con ragù bianco che sarebbe stato per Giulia, che, dopo un po’
crolla addormentata. Ci incamminiamo verso Piazza San Marco, sempre più
affiatati nel sollevamento passeggino sui ponti veneziani, la laguna ci offre lo
spettacolo ineguagliabile della nebbiolina che offusca i contorni e avvolge
tutto in una lattiginosità grigio-bluastra di straordinaria bellezza.
Mamma Valentina riesce, per la prima volta dopo anni di
visite, gite e viaggi lavorativi a Venezia, a vedere l’interno della Basilica
di San Marco e rimane, semplicemente, estasiata di fronte alla rappresentazione
ingegneristica, architettonica e artistica dell’universo infinito, comprendendo
il povero Stendhal che in Italia, seppur a Firenze, ebbe reazioni tali da
costituire un precedente per la letteratura scientifica. Un complessissimo
gioco di pesi e contrappesi, archi che sorreggono quantità inestimabili di tesserine
auree, nelle decorazioni musive del soffitto, e di geometrie marmoree che
rendono il pavimento simile ad un morbido tappeto di marmi policromi fa sì che
un tale capolavoro possa, praticamente galleggiare, su acqua e un fondo
sabbioso. Torniamo verso il parcheggio, sbagliando un paio di strade, guidati
da Google maps e, stremati, riusciamo a risalire sulla Focus, diretti, forse,
verso Bergamo. Ci fermiamo in un paio di Autogrill dove incontriamo bimbi e
cerchiamo di mangiar qualcosa finché troviamo un posto dove alloggiare a
Desenzano del Garda. Veniamo accolti con molta gentilezza e questo ci fa
sentire subito a nostro agio. Mangiucchiamo qualcosa e ci addormentiamo.