17 settembre 2016
Mentana * Castelli * Mentana
Ci svegliamo presto con la voglia di poltrire nel fresco
tepore mattutino. Facciamo colazione, ci prepariamo e usciamo. La Ford è già
carica con gli strumenti da lavoro di Claudio, Francesco ci aspetta al bar,
dobbiamo sbrigarci. Siamo indecisi se lasciare alla piccola Sara il regalo per
il suo compleanno davanti alla porta oppure farglielo trovare al ritorno. È
meglio darglielo di persona, pensa Claudio. Francesco è puntuale e ci
incontriamo subito. Mentana è ancora sonnolenta, chi doveva alzarsi presto per
andare a Roma si è già alzato i primi furgoni del mercato cominciano a
preparare banchi ricolmi di mercanzia e prodotti agroalimentari locali.
Chiacchieriamo del più e del meno fino all’uscita
autostradale con vivacità senza sentire il peso del tragitto. Le montagne ci
accolgono ricolme di nebbiolina, fiamme di nuvolette sembrano originare dalle
sinuose morbidezze rocciose, gli alberi sbadigliano via la notte per accogliere
il sole pieno di fine estate.
Il Gran Sasso gioca a nascondino in spettacolari svelamenti
celandosi quindi in un manto lieve e denso di umidità. Raggiungiamo subito la
casetta dove Claudio e Francesco devono sistemare un soppalco. È in pietra,
immersa nel bosco, piccolina e inserita in un casolare più ampio ma sempre non
particolarmente grande. La strada per raggiungerla è seminascosta dalle fronde
e dalle curve, si inoltra nel bosco fitto, quindi si apre a mostrare il
roccioso e fiero Camicia illuminato da sapienti raggi di un sole che ha deciso
di coccolarci evidenziando tra luci ed ombre la bellezza della Natura in cui è
immersa l’abitazione. Un prato ampio e vasto si espande fino alle pendici del
monte e verso la radura, il mare all’orizzonte sembra compreso tra due mani di
colline con l’attaccatura dei palmi e i polsi uniti, le dita aperte a formare
un’ideale coppa. Sotto lo strapiombo ecco minuscola Castelli, un quadro
inerpicato su una cresta.
È ora di cominciare il lavoro, Valentina saluta Claudio e
Francesco e si dirige con la Focus, dopo aver segnato sul TomTom le indicazioni
stradali per il casolare non facilissimamente individuabile, verso la scuola di
cui con tanto entusiasmo ci avevano parlato Mamma Lucilla e Papà Pietro. Uno
scoiattolo nero attraversa la strada ricordandole i mesi canadesi in cui ha
avuto modo di conoscere piuttosto bene le abitudini delle pesti pelose con
delle ottime pubbliche relazioni, come le vennero descritti una volta. La trova
subito prima di entrare in paese e quello che vede la incanta oltre ogni
immaginazione.
Eppur si muove, le viene da pensare, eppure è possibile,
anche in Italia che la scuola sia luogo di apprendimento e insegnamento, che vi
sia gioia nell’imparare e nell’insegnare e che si crei quella incredibile magia
che soltanto si genera quando si può liberamente esprimere il talento e il
desiderio di conoscenza, di sapere. Tutto è come dovrebbe essere, l’atmosfera è
rilassata, tranquilla, giocosa e allegra. Le aule e i laboratori le fanno
venire in mente quella scuola d’arte canadese che tanto l’aveva sconvolta
perché aveva pensato, quel giorno di inimmaginabile sciopero selvaggio degli
autobus, che è possibile, è concretamente possibile creare delle scuole che
funzionano, delle scuole in cui apprendere non sia un peso bensì un gioco, il
più appassionante di tutti i giochi e di tutte le esperienze, eccezion fatta
per la vita e per l’amore stessi.
Nella scuola c’è anche un presepe splendido e altre opere
create dagli allievi nel corso degli anni. Un sentimento di pura emozione la
pervade, la felicità le si legge negli occhi, è possibile anche in Italia, pensa
con un sospiro di grandissima fiducia.
Esce stordita da quel luogo magico e si dirige verso
Castelli.
Lì fa il giro di tutte le botteghe artigiane, dopo aver
sorbito un caffellatte in un coloratissimo bar, e cerca di familiarizzarsi con
lo stile delle ceramiche castellane, peculiarissimo e affatto differente tra
bottega e bottega.
Se vi sono taluni motivi ricorrenti, che hanno costituito nel
corso del tempo un vero e proprio marchio di fabbrica della ceramica prodotta
in questo paesino abbarbicato tra le montagne, ed è evidentemente individuabile
uno stile caratteristico e tipico, vi è anche una notevole diversificazione di
motivi e produzioni che cambiano sensibilmente o variano lievemente in base all’artigiano
che li crea. In altre parole, sembra di fare un tuffo nella tradizione tutta
italiana delle botteghe in cui il ‘maestro’ ha affinato tecniche e stilemi.
Nell’aria si diffondono odorini squisiti per l’ora di pranzo,
Valentina va a recuperare Claudio e Francesco con la Focus incredibilmente
senza sbagliare strada decisamente di ottimo umore. Quando arriva non hanno
ancora finito, ma di lì a poco sarà ora di ‘rifare i ferri’ e andare via. L’entusiasmo
di Valentina ci riporta verso la scuola dove Francesco e Claudio sembrano non
credere ai loro occhi, si girano e si guardano intorno come bambini in un mondo
incantato di fiaba e realtà al contempo.
Usciamo con gli occhi pieni di certezza che volendo tutto si
può fare, con determinazione, cocciutaggine, sapere, arte e conoscenza, perfino
una buona scuola in Italia.
Ci dirigiamo quindi verso il Santuario di San Donato con il
soffitto a pannelli di maiolica, è aperto e bellissimo. Una chiesetta in
pietra, alle spalle il Camicia, nel bel mezzo del Parco del Gran Sasso e Monti della
Laga, e all’interno una spiritualità fatta di verità e di bellezza.
Arriviamo a Castelli affamati, troviamo un ristorantino dove
ci accolgono con gentilezza e mangiamo bene. Quindi ci scateniamo nel paesello
per trovare le ceramiche che più sono adatte a ciò che abbiamo in mente di
realizzare. I mastri artigiani ci accolgono sorridendo, sanno già quello che
abbiamo in mente e svelano a Claudio e Francesco, stupefatti da tanta bellezza
e diversità negli stili, le loro creazioni.
È tardi e torniamo verso Mentana, non senza una sosta, come
all’andata, per un caffè al solito Autogrill, chiacchierando tutto il tempo di
diritti civili.
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