5
gennaio 2016
Mentana
* Orvieto * Viterbo * Mentana
Ci
svegliamo tardissimo, con la vacanziera voglia di pigrare. Usciamo
quasi a mezzogiorno, un breve saluto a Mamma Enza e Papà Giancarlo e
via verso Orvieto tra litigate continue sulla motivazione per la
quale dovremmo andare nella cittadella umbra. Arriviamo giusto in
tempo per entrare, il custode non ci fa pagare il biglietto perché
c'è pochissimo tempo prima della chiusura della cattedrale. Orvieto
è molto vicina a Mentana, un'oretta di macchina, e ci siamo venuti
un'infinità di volte ma non eravamo mai entrati all'interno del
Duomo, che abbiamo sempre ammirato dall'esterno nella sua maestosa e
rilucente beltà. Restiamo senza fiato. Se l'esterno è una continua
scoperta di meraviglie, l'interno cela tesori inestimabili, tra cui
il Giudizio Universale di Signorelli, strutturato in modo affatto
diverso da quello di Giotto o di Michelangelo, con un superamento del
dualismo medievale che si esprime in una pienezza dello spazio
pittorico assolutamente unica, in cui anche le grottesche diventano
parte integrante della narrazione per immagini. La sofisticazione
immaginifica è di un livello eccelso, non vi è un dettaglio che non
sia perfettamente integrato nell'insieme in un continuum che fa
pensare ad una compresenza di Bene e Male nella vita quotidiana che
soltanto nel fatidico Giorno del Giudizio e soltanto nella enorme e
assoluta misericordia e saggezza divina potrà essere distillata e
scissa. Negli affreschi di Signorelli le volumetrie corporee sono
espressione imponente di una fortissima umanità e al contempo della
Grazia divina che tutto comprende e conosce. La maestria è
paragonabile a quella di Michelangelo, seppur la capacità evocativa
e l'emozione suscitata dai dipinti dell'artista stimolato e
foraggiato da Giulio II sono più vibranti di quelle di Signorelli.
Proseguiamo la nostra breve visita e usciamo nella piazza centrale
con la voglia di baciarci e di unire i nostri ombrelli in una danza
sotto la pioggerellina nebbiosa. Cerchiamo invano un ristorantino,
tutto troppo caro, ci fermiamo a chiacchierare in un bar con un
ragazzo di origine indiana che ci racconta la storia della sua
famiglia, senza dubbio particolare. Riprendiamo la macchina e ci
dirigiamo verso Viterbo, sempre litigando. Arriviamo nella cittadella
laziale con la voglia di strozzarci vicendevolmente, ci rilassiamo in
un bar che si chiama felicità, entriamo nel Caffè Schenardi e ci
incamminiamo tra vicoli e vicoletti, Valentina finalmente trova
qualcosa da acquistare per sé e il regalino per Mariagrazia.
Torniamo verso Mentana in tempo per le golose incombenze festive, non
facciamo in tempo a passare nel centro, vicino alla chiesa per la
tradizionale manifestazione organizzata da Li Zuffiatelli, mangiamo
velocemente e poi passiamo da Papà Giancarlo, poi da Mamma Enza,
infine da Mamma Lucilla e Papà Pietro, per poi andare a prendere una
birretta nel Birrificio Turbacci con Mauro.
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