sabato 26 dicembre 2015

Cronachette di un viaggio in Italia. Massanzago * Idrija * Lubiana * Gorizia * Conegliano * Massanzago

26 dicembre 2015

Massanzago * Idrija * Lubiana * Gorizia * Conegliano * Massanzago


Ci svegliamo verso le otto e mezza, ci prepariamo e usciamo nella nebbiolina che avvolge la Pianura Padana in una costante carezza di lattiginosa umidità. Vorremmo andare verso Padova ma la Cappella degli Scrovegni è chiusa il giorno di Santo Stefano. Le festività natalizie sono molto sentite in tutto il Nord Italia per cui chiese, negozi, musei e aree turistiche sono semplicemente chiuse. Decidiamo quindi di andare verso la ex Jugoslavia o l'Austria. 
Le montagne sono un richiamo fortissimo ma optiamo per la Slovenia o la Croazia. Lubiana è più vicina di Fiume o Klagenfurt, un paio d'ore di autostrada e siamo nella capitale slovena. Vediamo le indicazioni per Idrija, patrimonio UNESCO, ci incuriosiamo e giriamo, tanto che siamo lì acquistiamo quaderni, sale e bagnoschiuma, ci avviamo sulla salita che porta al monumentale edificio, a Claudio viene il dubbio che la strada sia un susseguirsi di curve e tornanti per decine di chilometri, controlliamo sul navigatore che indica circa trenta chilometri. 
Giriamo la macchina e torniamo verso l'autostrada, la vignette settimanale ben esposta sotto la vignette autostradale svizzera, peraltro non acquistata da noi. Prima di riprendere la via incontriamo due cavalli identici a quelli che Valentina ricordava di aver visto durante il viaggio nella Jugoslavia titoista con Mamma Lucilla e Papà Pietro proprio nel 1980, anno della morte del dittatore comunista che aveva saputo giocare da equilibrista tra il Blocco sovietico e il Patto Atlantico, consentendo ai cittadini di spostarsi liberamente o quasi al di qua e al di là della Cortina di Ferro. 
Claudio ha della Slovenia la sensazione di una regione rurale adriatica di qualche decenni fa, quando lo sviluppo industriale e la riformatrice rivoluzione dei costumi non era ancora avvenuta. 
Lubiana è carina, con i localini sul lungofiume, il Ponte Triplo. I draghi di ferro del ponte ci accolgono e dopo aver chiesto informazioni all'Ufficio del Turismo, ci fermiamo per un caffè non particolarmente gustoso in un baretto pieno di gatti disegnati, scolpiti, stilizzati, e di motociclisti e rockettari. L'atmosfera è quella del caffè nord-europeo, lo squallore da casermone sovietico dissolto nel chiacchiericcio ciarliero e rilassato. Facciamo un giro veloce per il centro, la nebbia che si era aperta per mostrarci la vivace allegrezza delle Alpi Giulie per poi ricoprire tutto con il suo pallore sfocante si dirada lievemente per illuminare il castello, effettivamente molto più suggestivo con i contorni sfumati e la bianca sfera solare ad illuminare i contorni goticheggianti. 
Andiamo via con la sensazione di qualcosa che potrebbe essere ricostruito differentemente, un'identità forse negata che può essere rielaborata, forse un giorno più o meno lontano. Arriviamo a Goriza passando da Nova Gorica, attraversando confini invisibili, pallidi ricordi di ciò che non è più necessario in tempo di pace. Ci accorgiamo per l'ennesima volta che la guerra è molto complicata e la pace è un costante esercizio di conoscenza nella continua ricerca di equilibri leggeri e delicatissimi seppur solidamente stabili. Sulla strada appollaiati comodamente sui guard-rail, rapaci, forse falchi o poiane. A Gorizia è quasi tutto chiuso, uno scenario natalizio desolante e ci dirigiamo direttamente verso Conegliano, passando per Palmanova senza entrare nella Città Fortezza della Serenissima Repubblica veneziana. 
Sulla strada attraversiamo Casarsa, città di Pier Paolo Pasolini, lo ricordiamo per la sua capacità di pensare, vedere, rappresentare, per la sua disperata necessità di conoscenza che si è esplicitata nella sofferenza tragica della solitudine ardente di fuochi fatui e nella forza della semplicità. Immaginiamo la 'strana coppia' newyorkese formata da lui e Oriana Fallaci, due persone affatto diverse e simili al contempo. Pensiamo a questi due giganti della letteratura italiana del secondo Novecento, di fine Millennio e fantastichiamo sulle loro discussioni, lui seccamente, testardamente anticonformista seppur non geniale innovatore del pensiero, lei capace di leggere e capire la realtà e le persone al di là di apparenze e formalismi. Ribelli, intelligenti e liberi, intellettuali italiani nella New York avanguardista degli anni '60 e '70, due testardi campagnoli allergici ai preconcetti, desiderosi di conoscenza, assetati di verità, disperatamente vitali. 
Arriviamo nella città del prosecco, dove ci accoglie una chiesa orante, una birreria che ci fa pensare al rifugio di Sandokan descritto da Salgari, che d'altronde è cresciuto a poche valli di distanza, e un'osteria dove mangiamo splendidamente e facciamo amicizia con degli avventori. Torniamo verso Massanzago rifocillati e contenti, ormai abituati al lattiginoso elemento che avvolge il paesaggio in una magica atmosfera ovattata. Accendiamo il caminetto, mettiamo il pigiama, ci laviamo e crolliamo addormentati.    

Nessun commento:

Posta un commento