24 agosto 2016
Autostrada * dintorni di Seez * Passo del Piccolo San
Bernardo * La Thuille * Pré Saint Didier * Verrayes di Nus
Ci svegliamo ad un orario imprecisato prima dell’alba e
riprendiamo subito la strada verso l’Italia. Attraversiamo la Francia in
autostrada passando tra le colline di Bordeaux, il parco naturale con i vulcani
spenti, territori a noi ignoti e proseguiamo senza fermarci se non per qualche
breve, brevissima sosta. Ci diamo il cambio alla guida un paio di volte,
superiamo le città con la tristezza negli occhi e la rabbia nel cuore. Il
paesaggio francese scivola via oltre il finestrino della Ford Focus, anch’essa
non particolarmente intenzionata a fermarsi in questa landa in cui imprigionano
l’oceano con campeggi organizzati con animatori, discoteche e altre forme di
distrazione di massa. Guidiamo e non riusciamo neanche a cantare, le onde
continuano a muoversi nei nostri corpi e nella nostra pelle. Le nuvole di
brezza oceanica sono l’immagine che ci ristora dalla stanchezza. Ci sentiamo
frustrati, nervosi, esausti. Ad un certo punto del percorso, nel pomeriggio
entriamo nella regione del Rodano, le montagne imponenti placano l’arsura di
libertà, ci torna il buon umore. Ci fermiamo per comprare qualche sciroppo,
proseguiamo verso Bourg Saint Maurice per svalicare dal Passo del Piccolo San
Bernardo, i tornanti e le curve infinite non ci distolgono dal senso di
profonda pace delle montagne. Sentiamo il richiamo del Monte Bianco e ci
sentiamo profondamente avvolti nell’essenza più pura della bellezza.
Arriviamo in Italia, riconosciamo luoghi e da qualche
dettaglio che non riusciamo a definire ci sentiamo in patria, nel nostro Paese.
L’altitudine ha i suoi effetti collaterali e preferiamo scendere a valle, le
teste confuse da uno stordimento che ci istupidisce. A Prè-Saint-Didier abbiamo
voglia di fermarci, non troviamo il luogo adatto, ci fermiamo a chiedere
informazioni negli alberghi e cerchiamo su Booking, dove riusciamo a trovare un
posto perfetto per noi. Un paesino di tre case, una casetta con tetto di
ardesia a gestione familiare con persone a dir poco carinissime, abbiamo voglia
di fermarci ancora ma non è possibile, possiamo stare soltanto una notte.
Non è ancora ora di dormire, però. Abbiamo bisogno di
mangiare qualcosa e ci rechiamo in un ristorantino vicino, consigliatoci dal
gestore, dove intavoliamo discussioni e conversazioni con gli avventori e
veniamo a sapere del terremoto amatriciano. Siamo profondamente addolorati e
cerchiamo di capire in che modo dare una mano. Non sarà possibile, è già
arrivato l’esercito, leggiamo freneticamente su internet. Temiamo per la diga
di Campotosto, pare sia costruita su una falda sismica. I nostri pensieri si
rabbuiano, vorremmo essere lì, aiutare, agire e ci rendiamo conto di non
poterlo fare, a meno di non rischiare l’arresto per aver ostacolato operazioni
di salvataggio da parte di esercito e protezione civile.
Chiacchieriamo con gli altri, ci sono anche due ragazzini coi
capelli bianchi e il corpo un po’ asciugato dall’età, pare siano americani,
emanano gioia di vivere. Ci attardiamo a conversare con i proprietari del
ristorante e una coppia di Assisi, il discorso inevitabilmente va a finire su
politica e pregiudizi. Ci salutiamo con un W Mazzini! W Garibaldi!
Un rapido sguardo alle stelle e poi ci addormentiamo come
ghiri.
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