25 agosto 2016
Varreyes * Valgrisenche * Courmayeur * Donnas * Autostrada
Ci svegliamo tardi, verso le nove. Facciamo una lunga doccia,
laviamo i capelli e ci asciughiamo. Godiamo la visuale dal giardino delle
montagne, la campana della chiesetta ci dà il buongiorno. È tutto molto bello,
molto gradevole. Avremmo voglia di restare ma ‘bisogna andare’. Sistemiamo un
po’ i bagagli, paghiamo e ci dirigiamo verso Aosta, dopo pochi metri tra le
strade cittadine un senso di claustrofobia ci assale e scappiamo verso la
Valgrisenche, dove salutiamo idealmente Grisanche, il Sanbernardo di peluche
che è ormai parte della nostra vita. Ci calmiamo appena arriviamo in mezzo alle
montagne, tra la natura, le casette sparse e un ritmo che sembra naturale,
giusto, vero. Le strade sono piene di curve e tornanti e un po’ di mal di
macchina ci scombussola lo stomaco. All’ufficio postale incontriamo un personaggio
che ha parenti in Abruzzo e a Torlupara. Chiacchieriamo un po’ e veniamo a
scoprire che è arrivato in Valgrisenche quasi negli stessi anni in cui
Valentina, Mamma Lucilla e Papà Pietro sono passati di là, portando con sé il
peluche. Coincidenze che ci fanno sorridere. Abbiamo voglia di restare ma
andiamo via, continuiamo a macinare chilometri, diretti verso il Monte Bianco,
calamita di roccia che ci attrae a sé con il canto suadente di enorme sirena
apparentemente immobile. Le notizie del terremoto continuano a scuoterci,
avremmo il desiderio di essere lì, aiutare, far qualcosa ma sappiamo che non
servirebbe a niente, sarebbe più dannoso che utile, considerando che la strada
di accesso ad Amatrice è particolarmente impervia e stretta e rischieremmo di
ostacolare i soccorsi anziché agevolarli. Arriviamo a Courmayeur, molto carina.
Prima di arrivare Sua Maestà il Monte Bianco ci abbraccia idealmente in una
emozionante forza di bellezza assoluta. La cittadella non ci dà il senso di
claustrofobia delle altre città ma è pur sempre un centro urbano. Troviamo un
caffè bellissimo dove incontriamo un personaggio un po’ particolare, invitato
dal locale festival, si definisce un avventuriero e fa cose un po’ strane quali
scalare il Kilimangiaro dopo aver attraversato a nuoto un fiume pieno di
animali voraci e aver corso per una quarantina di chilometri sotto il sole
africano per poi riscendere e ricominciare a correre. Gli chiediamo perché, ci
risponde per amore dell’avventura. Ci viene da sorridere, pensiamo alle storie
di cavalieri, draghi e principesse rinchiuse in qualche torre di castello, ma
lui non ha parlato di principesse o di tornei da vincere, soltanto di spirito
d’avventura, non conosce Tucci ma sembra animato da uno spiritello dispettoso,
un duende o qualcosa del genere. Non sapremmo dire. Andiamo via, Valentina ha
difficoltà con l’altitudine e preferisce scendere a valle. Il viaggio prosegue.
Arriviamo a Donnas, ci fermiamo in una trattoria pub
valdostano irlandese dove hanno la connessione wi-fi. Ci rifocilliamo e
chiacchieriamo un po’, lei è un donnone con un carattere evidentemente focoso,
testarda e con la voglia di andar via dalla valle che le sembra eccessivamente
chiusa, lui è mingherlino, con boccoli tra il biondo e il rossiccio, timido e
gentile, ama la storia della Valle d’Aosta, è innamorato della sua terra, di
quel territorio dove i raggi del sole sono lamine d’aria dorata che filtra
attraverso le cime di alberi ad alto fusto. Montagne silenziosamente innevate d’inverno
e rumorosamente cariche d’acqua in estate, dove è possibile parlare con gli
alberi e gli abitanti di tutti i boschi di qualunque pianeta.
Lei è innamorata dell’Irlanda, del mare freddo e impetuoso
che abbraccia le scogliere ripide, di un popolo che parla con le popolazioni di
tutti i boschi di qualunque pianeta.
Lui ha convinto lei a rimanere, sono felici insieme anche se
le opinioni sul concetto di abitabilità non convergono.
Ci troviamo a nostro agio. Forse un po’ ci fanno pensare a
noi, alla nostra storia, alla necessità che abbiamo di stare insieme e all’insofferenza
per tante cose. La differenza maggiore è forse data dal fatto che Claudio è
tutto tranne timido e gentile. Gentile forse, ma timido proprio no. Le nostre
litigate somigliano a guerre e fanno pensare a quel vulcano dal nome
impronunciabile che qualche anno fa ha bloccato il traffico aereo di mezza
Europa finché non s’è chetato. Notizie del terremoto continuano ad arrivare a
tratti, ci sentiamo nell’impossibilità di agire concretamente. Temiamo per l’incolumità
di chi è ancora là e di chi abita nella valle al di sotto della diga di Campotosto.
E soprattutto temiamo per l’ingordigia di chi potrebbe evitare disastri e
tragedie ma è troppo avido per salvare vite, paesi, luoghi. Il suono
agghiacciante di risate unte di sete di denari echeggia nella nostra memoria. Speriamo
che questa volta sia diverso, speriamo che si riesca a sentire il rumore delle
risate soddisfatte di soccorritori e persone con senso civico e il suono
melodioso delle lacrime di chi sa di poter contare ancora su ciò che è
veramente importante in una società.
Avremmo voglia di fermarci a Donnas ma proseguiamo, arriviamo
verso Milano, coperta da una coltre di rosso fumo, segno inequivocabile di
inquinamento. Pensiamo che l’umanità si stia sbagliando di grosso, che ci sia
qualcosa di profondamente errato in tutto ciò che è chiamato ‘sviluppo’. È assolutamente
necessario agire per creare sviluppo sostenibile, rispettare la natura non è un’opzione
è una assoluta necessità.
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