mercoledì 17 agosto 2016

Cronachette di un viaggio in Europa. Spagna. Sant Just Desvern * Barcellona * Sant Just Desvern * Valencia * Autostrada

17 agosto 2016

Sant Just Desvern * Barcellona * Sant Just Desvern * Valencia * Autostrada


Ci svegliamo relativamente presto dopo una bella dormita nel comodo lettone dell’albergo, prepariamo le valigie così da avere subito pronto il cambio per le prossime tappe del viaggio. L’umore è cambiato, “’a nuttata” è passata. Claudio dorme ancora un po’ mentre Valentina cerca di svegliarsi, quindi ci prepariamo, carichiamo la macchina che lasciamo nel parcheggio mentre ci avviamo in tram verso Barcellona. Abbiamo modo di apprezzare l’ampia rete di mezzi pubblici, tram e metropolitane con fermate attrezzate per l’acquisto di biglietti e abbonamenti con bancomat o carta di credito, informazioni in tempo reale su fermate e arrivi, proprio come in Italia, uguale uguale. Le grandi strade barcellonesi fanno pensare più all’America che all’Europpa, tutto sembra ben organizzato e molto efficiente, la città caotica, disordinata e un po’ pericolosa, movimentata e danzereccia, un po’ trucida forse ma unica ormai è un ricordo per turisti. Botteghe sporche e case adorne di antichi fregi borghesi anneriti dalla sciatteria si trovano soltanto nelle vie affollate di stranieri della città vecchia e fanno pensare ad una cartolina ingiallita dal tempo in un negozietto di souvenir spagnoli fatti in chissà quale Paese del lontano Oriente o di un qualche Sud di un mondo tanto remoto quanto il suono di ventagli e i richiami delle baiadere ai marinai del porto. La rambla ha l’aria un po’ malinconica di antiche scorribande da non raccontare oggi cristallizzate in una patina plasticosa e molto poco poetica. La prima tappa della nostra gita è la Sagrada Familia, i biglietti per entrare sono esauriti e in cuor nostro ne siamo quasi contenti, la calca che affolla il luogo sacro ci ispira a cercare la città altrove. Camminiamo verso il centro antico e ci imbattiamo in un negozietto di frutta e prodotti biologici dove possiamo assaporare un melone dalla buccia verde molto gustoso e dove compriamo dolciumi e bevande a base di frutta. I nostri corpi sembrano reclamare vitamine e vegetali freschi. Sulla strada ci fermiamo anche in una botteguccia alimentari dove troviamo patatine aromatizzate al tartufo o al caviale e dove possiamo usufruire del bagno, bere una birra e un succo di frutta e ripartire. La città sembra cominciare ad avere un significato, le voci si mescolano in un’armonia musicale e arriviamo un po’ stanchi ma non troppo accaldati, nonostante la temperatura sia decisamente alta e l’umidità si tagli col coltello. Il primo monumento che incontriamo dopo la chiesa in eterna costruzione è Monumental, Claudio riesce subito a capire che è un’arena per la corrida ora trasformata in museo, con buona pace di tori e toreri. Proseguiamo verso l’Arco di Trionfo dove i pappagalli ciarlano e chiacchierano senza sosta, divertendosi a guardare e commentare gli altrui affanni e il creatore di bolle di sapone con cui i bambini dialogano in una danza eterna fatta di piccoli attimi di poesia in movimento. Claudio ha un piccolo malore che passa subito, quindi entriamo in un parco pubblico dove c’è una splendida serra Ottocentesca pressoché abbandonata. Pensiamo con gran dispiacere alle piante e alla bellezza di quel caffè-serra nella bella Venezia dove più volte abbiamo trovato refrigerio e ristoro. Le piante sembrano gridare tristezza ma la loro capacità, la loro intrinseca resilienza le fa comunque continuare a vivere e a darsi manforte. Certo è un vero peccato, che una serra di tale bellezza in un parco tanto importante sia in quelle condizioni, una vergogna che non si addice all’immagine rinnovata e giovanile, proiettata in un arcaico futuro di Barcellona, tanto ricca di strade, mezzi pubblici, grattacieli e panchine quanto povera di aree verdi e luoghi per riossigenare i polmoni degli abitanti. Proseguiamo verso la città vecchia e ci inoltriamo in vicoli e vicoletti che sembrano lasciati alla trasandatezza più per far contenti i turisti che per effettiva necessità. Le facciate di palazzi e botteghe scrostate con l’aria di essere lì per caso, nel centro nevralgico della memoria cittadina. I barcellonesi non vivono più là, si vede, si capisce e si comprende da tanti piccoli dettagli, i balconi polverosi e la puzza di urina per le strade è un modo per ricordare un passato bohemienne che la capitale della Catalogna vorrebbe dimenticare per andare avanti e affermare il proprio ruolo di città moderna, vivace e attiva. Ci perdiamo lo stesso tra i vicoletti e ci troviamo davanti al Municipio sovrastato da un’immagine di San Giorgio con due spade, per poi arrivare alla Cattedrale degli Angeli e quindi davanti alla Chiesa di Maria del Pi, splendido esempio di architettura religiosa e del carattere focoso degli spagnoli. Siamo contenti di non aver visto la Sagrada Familia, il quartiere antico ha delle chicche imperdibili. Entriamo pagando un biglietto che serve a ricostruire l’edificio letteralmente devastato da un gruppuscolo di anarcoidi inferociti che, negli anni ’30 del XX secolo, hanno dato fuoco al luogo di culto con furia iconoclasta e, col senno di poi, forse, un po’ come spesso accade coi terroristi di qualunque inclinazione, alquanto pilotati da quel Soccorso Rosso di cui faceva parte Tina Modotti e che, pare, molte responsabilità ebbe nella distruzione effettiva del movimento rivoluzionario e libertario spagnolo a favore dell’instaurazione del regime franchista per ragioni di cosiddetta realpolitik tanto assurde quanto dettate soltanto dall’odio e dall’avidità personale di qualche dittatorucolo di cui la Storia avrebbe potuto tranquillamente fare a meno. La chiesa ha una struttura a navata centrale con volte a crociera con al centro cammei di pietra finemente scolpiti e cappelle laterali con un coro altare maggiore e annesso reliquiario. Quello che si è salvato dalla distruzione, protetto da eroici volontari che hanno sfidato l’imbecillità della folla inferocita per salvaguardare il ricco tesoro artistico della chiesa, è di rara bellezza. Il rosone centrale è stato restaurato con vetrate colorate e decorate, cercando di riprodurre fedelmente la variegata complessità dell’originale. Anche le vetrate sono state ricostruite e l’organo ora lascia intravedere un piccolo rosone laterale di grande bellezza. Ammiriamo i pezzi del tesoro recuperato ed entriamo in un giardino interno da cui si vede la torre e alcune abitazioni completamente ristrutturate che ci confermano l’impressione iniziale sul centro storico, quindi che gli spagnoli che vivono nel centro amano la comodità della vita moderna e non vanno troppo per il sottile quando c’è da ristrutturare. Nella corte interna troviamo un gatto tigrato, un bel soriano grigio e nero con cui chiacchieriamo un po’, senza soffermarci a lungo. Riusciamo verso l’animata piazzetta su cui affaccia un negozio di coltelli che ci fa pensare con una risata a Mariagrazia non senza aver scambiato due chiacchiere con l’addetta alla biglietteria che ci racconta alcune cose, ridiamo con lei di cliché e di caratteri italo-franco-iberici, ci troviamo in perfetta sintonia con lo spirito del proverbio catalano che riguarda caproni e tonti. Proseguiamo il nostro giro, nei vicoli troviamo persone carine e taluni che cercano di approfittare, quindi troviamo un bus dopo aver scambiato qualche frase con un turista che vive a Barcellona per imparare lo spagnolo, anche se noi sospettiamo che sia lì perché innamorato di una non troppo precisata ‘amica’. Torniamo in albergo, riprendiamo la macchina, ci rinfreschiamo in un bagno accanto alla reception e ripartiamo, sbagliando strada, cosa che ci permette di scoprire il quartiere in cui abbiamo dormito, un po’ borgata con casette basse e un po’ zona residenziale resistente all’avvento di grattacieli e palazzoni d’ogni sorta. Prendiamo l’autostrada e ci troviamo immersi in una distesa di vigneti di grandi dimensioni, le case coloniche spagnole si stagliano nelle campagne, protette da mura, portici e piante dalla calura e da eventuali malintenzionati. I Pirenei ci salutano con le loro cime frastagliate e aguzze e noi lasciamo Barcellona con la sensazione di essere stati in America più che in Europa. Ci avviamo velocemente verso Valencia ma la nostra esperienza valenciana è più uno stress-test che una visita. Lasciamo la città senza avervi soggiornato e la notte con la luna quasi piena ci ricompenserà della serata problematica.   

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