18 agosto 2016
Autovía * Lorca * Almería
Ci svegliamo nella notte in un parcheggio di autogrill dopo
aver dormito qualche decina di minuti per evitare colpi di sonno visto che
Valencia ci aveva a suo modo incoraggiati a proseguire verso Sud. Riprendiamo
la strada dopo aver girato nella notte ed esserci riposati per qualche momento
in una stazione di servizio dove abbiamo mangiato la tortilla di patate e
salsicce e ci siamo divertiti a vedere un gruppetto di donne brindare servite
di tutto punto, come fossero in un luogo lussuosissimo, sebbene fossero sedute
su sedie di plastica CocaCola posizionate su un tappeto di erba plasticata
davanti ad una pompa di benzina. Noblesse oblige. Siamo stanchi, nervosi e ci
viene in mente che forse questo viaggio ‘non s’ha da fare’ e sarebbe meglio,
molto meglio tornare nel nostro BelPaese. La luna è quasi piena, la visibilità
ottimale e sembra che il satellite della Terra abbia tutta l’intenzione di
illuminare il nostro cammino, proseguiamo, per il momento. Man mano che andiamo
avanti la Spagna di Don Chisciotte e Sancho Panza si svela ai nostri occhi
stanchi ma ancora capaci di meravigliarsi davanti a scenari ameni e
particolarissimi. La sensazione di essere in una qualche parte dell’America e
non in Europa si fa concretezza man mano che ci spostiamo verso Sud. Una natura
brulla e rigogliosa di verzura, oasi estesa in quello che potrebbe sembrare il
set di un film western, esibisce spavalda alla luce lunare la sua meravigliosa
nudità, ammaliandoci con distese di agrumeti e altri alberi da frutto piccoli e
di un verde scuro, intenso che protegge le radici dal caldo. Ringraziamo mentalmente
Valencia per averci spronato ad andare, percorrere questa via nelle prime ore
del pomeriggio sarebbe stata a dir poco una pessima idea, ce ne accorgiamo
quando sorge il sole che alle nove di mattina già riscalda come i raggi di un
caldo luglio a mezzogiorno da noi. Lungo il percorso ci fermiamo qualche volta
per esigenze primarie e per evitare colpi di sonno in autogrill moderni e in
posti in cui la brace è sempre accesa in grandi camini dove arrostire carne tutta
la notte, posti che fino a qualche decennio fa non era così difficile
incontrare percorrendo le strade italiane. La luna illumina il percorso e la
voglia di andar via pian piano che Claudio guida verso Sud comincia a
diradarsi. La costa mediterranea spagnola, affollata di palazzi moderni ed
evidentemente attrezzata con divertimenti che potrebbero far pensare alla
Riviera Romagnola non ci ispira granché mentre il paesaggio solitario, brullo e
poeticamente caldo dell’entroterra stimola la nostra fantasia. Ci riaddormentiamo
nel parcheggio di un autogrill e ci svegliamo mentre la luna sta tramontando e
il sole sta sorgendo prepotente e con l’aria di voler infuocare l’aria. La scena
è bellissima e tutto il nervosismo, la stanchezza e l’incavolatura sembrano
svanire di fronte a tanto splendore naturale. Ci fermiamo a Lorca, arriviamo al
castello, bello e chiuso a quell’ora e proseguiamo verso Almería, dove troviamo
subito l’albergo, possiamo parcheggiare la macchina e ci incamminiamo per le
vie del centro storico, dove ci accoglie il pittoresco mercato centrale. Siamo stanchi,
avremmo decisamente bisogno di una doccia e di dormire eppure la città ci
incanta con la sua bellezza modesta e sfacciata al contempo. Almería è una
città araba, europea, americana. È assolutamente spagnola, una città di gatti,
musicisti e arte con un ritmo in cui acqua, aria, terra e fuoco si uniscono a
creare un’unicità composta di nette diversità. Le calli e i vicoli, in cui la
compresenza moresca e cristiana è palese, sono enduendade. Le parole di
Federico Garcia Lorca sul Duende, lo spiritello che anima cuori, talenti e
menti spagnole, sembrano materializzarsi in un’onirica quotidianità. Visitiamo
i luoghi di interesse, tra cui un centro di informazione turistica con museo
interattivo annesso sulla storia della città dove incontriamo virtualmente un
re arabo liberto, un vescovo cattolico e la prima corrispondente di guerra
donna, una femminista che naturalmente stimola la nostra curiosità. Cercando il
centro d’informazione turistico entriamo in un ufficio municipale dove ci accolgono
personaggi alti più del doppio di noi, un ragazzo che è una delle tante
personificazioni del Duende, ma che potrebbe anche far pensare allo
shakespeariano Puck, con gli occhi illuminati da lampi di divertita felicità,
il corpo esile e la vitalità che sprizza da tutti i pori. Lì veniamo a sapere
che durante il week-end si svolgerà una fiesta che culminerà lunedì con la
cavalcata dei giganti nella cittadella. Ci imbattiamo poi in un ufficio
culturale provinciale che ci stimola non poco le idee, anche se ad Almería
tutti i nostri neuroni sembrano essersi riattivati magicamente. Visitiamo il
Museo della Chitarra e in men che non si dica è ora di andare in albergo. Facciamo
il check-in e possiamo finalmente fare una bella doccia. Mangiamo frutta
dolcissima e rinfrescante, proviamo ad uscire nel caldissimo primo pomeriggio,
arriviamo fino al lungomare dove enormi alberi, che, come dice Claudio, sono
opere d’arte, ci avvolgono in una frescura impensabile con queste temperature.
Ci adeguiamo subito alle abitudini locali per quanto concerne la siesta,
dormiamo un po’ e poi ci rituffiamo nel vortice della cittadella, mangiamo uno
spuntino a base di baccalà squisito. Attraversiamo il quartiere arabo e vediamo
la monumentale Al Alcazaba, con la luna quasi piena che illumina l’aria blu
solsasse e giallo oro colma di calura e polvere che fa pensare al deserto. Il
luogo in sé è meraviglioso e c’è poco da dire sull’amenità di una
fortificazione con un lussureggiante giardino immersa tra colline brulle a
protezione di una medina abbarbicata di fronte al Mar Mediterraneo dove l’acqua
e la turgida vegetazione rinfrescano l’aria e stimolano i grilli a frinire ad
un volume altissimo, mai sentito neanche nella piana di Campo Imperatore. Veder
sorgere la luna enorme dal mare e tra le feritoie della muraglia mentre un
personaggio che ricorda le gesta del fondatore di questo luogo in cui Oriente e
Occidente, Sud dell’Europa e Sud del Mediterraneo, Africa e Europa convergono a
creare qualcosa di unico e meraviglioso, è naturalmente spettacolare e molto
emozionante. Prima di andar via recitiamo alcuni mantra accanto ad una fontana
da cui sgorga acqua che sembra provenire dagli abissi celesti più che dalle viscere
di una terra creatrice ed essenziale. Usciamo quasi per ultimi e su un terrazzo
possiamo vedere una piccola parte di concerto con tre chitarristi che fanno
pensare alle tre corde della mente umana raccontate da Pirandello e recitate da
Eduardo. Torniamo verso l’albergo con gli occhi, il corpo e la mente colmi di Almería,
piccola, mica tanto, città che ci ha ammaliati, stregati e fatto ballare con
lei nel suo ritmo unico e fiabesco.
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