sabato 20 agosto 2016

Cronachette di un viaggio in Europa. Portogallo. Autostrada * Sintra * Salinas * Alcobaça * Batahala * Sao Pedro del Meul * Autostrada

20 agosto 2016

Autostrada * Sintra * Salinas * Alcobaça * Batahala * Sao Pedro del Meul * Autostrada 

Ci svegliamo davanti ad un autogrill, il cielo ancora polveroso all’orizzonte riporta la tristezza nei nostri occhi. Proseguiamo un po’ innervositi. Il Portogallo comincia pian piano a schiudere il suo carattere di ostrica oceanica al nostro sguardo. Paesini che sembrano chicchi di un rosario si susseguono radi e vicini in un paesaggio che cambia velocemente. Case basse, compatte, essenziali trasudano dignità e un passato non troppo remoto di oppressione e povertà. Alcuni luoghi fanno pensare vagamente all’Abruzzo di Silone e non è difficile immaginare qualche Torlonia locale. Le case piccole, decorate in bianco, azzurro e giallo e spesso con le mattonelle decorative tipiche dell’artigianato locale, trasudano dignità e una essenza di necessità. Niente fronzoli, niente esagerazioni, qualche decorazione anche molto elaborata e ciò che è necessario, un giardinetto ben tenuto, recinzioni basse, chiesette di campagna semplici e vissute e poi l’oceano con la sua maestosa forza di assolutezza. Di quando in quando si scorgono tra pinete, piantagioni di eucalipti, vigneti e piantagioni varie, guglie non troppo appariscenti da lontano che preludono alla visione impressionante di monumentali luoghi di culto non appena ci si avvicina. Neanche in Portogallo hanno mezze misure, o fanno qualcosa di piccolo, modesto, dignitoso e carino oppure costruiscono edifici talmente belli da essere dichiarati Patrimonio UNESCO. Così. Il primo luogo che visitiamo è Sintra, dove si erge il castello con facciate differenti in base alla direzione di potenziali attacchi da potenziali invasori, edificio che esprime appieno il senso pratico di questa strana nazione tanto difficile da comprendere in poco tempo quanto affascinante e meravigliosa. Le parole di Pessoa e la sua capacità di essere interprete, creatore e personaggio si concretizzano in questa costruzione amena e sorprendente. Proseguiamo cancellando le prenotazioni per alberghi e luoghi in cui dormire. Questo Paese ci sta facendo ritrovare un sentimento di selvaggia libertà che ci sembrava di aver dimenticato tra pentole, padelle, libri, ferri del mestiere e obblighi familiari o imposizioni sociali in cui avviluppiamo pensieri e pratiche di libertà durante l’anno. Proseguiamo, superiamo Lisbona attraversando ponti che sovrastano insenature e paesaggi fiabeschi, nordici, atlantici. Le grandi città non ci attirano, abbiamo troppo poco tempo per comprendere questa nazione e non è nelle vie affollate e in fondo un po’ tutte uguali delle metropoli che possiamo trovare ciò che stiamo cercando, anche se non sappiamo esattamente cosa sia. Forse è la saudade, che qualcuno ha definito come nostalgia del non ancora vissuto, ma più probabilmente è la gentilezza nelle parole e negli occhi di persone che sembrano non aver mai mescolato i propri geni con quelli di altre popolazioni, fieramente lusitani al punto da chiamare ‘luso’ qualunque cosa dai negozi alle acque minerali.
Una fierezza antica traspare dagli sguardi impenetrabili e dolci di ciascuna persona con cui parliamo e questa dolcezza che si intravede nella lingua melodiosa e dura, rigida come una lingua balcanica e melliflua come soltanto gli idiomi del Sud e del Mediterraneo sanno essere. Nelle sonorità conchiuse nella vitalità di sorrisi guizzanti dentro visi impassibili si esprime la complessità della Babele euromediterranea e si intuisce un collegamento profondo, concreto e fortissimo, con le sponde americane al di là di quell’oceano che impressiona al primo sguardo, affascina e spaventa per la sua forza. Passiamo per caso in una salina dove sono state ricostruite le capanne di legno degli operai di un passato non ancora troppo remoto, la stanchezza trapela dalle piramidi luminescenti di sale. Attraversiamo paesini che furono di pescatori e ci sorprendiamo per il coraggio dimostrato da queste persone che con barchette di legno piccole e relativamente fragili affrontavano un mare denso e pericoloso, mai calmo. Dopo aver girovagato senza una meta precisa tra paesini e paselli ci fermiamo ad Alcobaça attirati dal simbolo UNESCO e, come sempre accade con i siti dichiarati di interesse per l’intera umanità dall’Agenzia Specializzata delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, la cattedrale in stile gotico fiorito, o internazionale, con aggiunte successive di decorazioni e fregi che testimoniano l’evoluzione artistica portoghese in seguito ai contatti con l’arte sudamericana e in relazione alle nuove mode e tendenze europee, ci affascina e ci incanta nella sua bellezza. Appena arriviamo c’è una specie di processione per il Carnevale estivo con la banda in una piazza costituita da case piccole, basse, decorose e belle senza essere chiassose davanti al riccamente decorato e imponente edificio di culto dove la povera gente, la popolazione, non era ammessa fino all’epoca dell’Illuminismo. La processione è per Ines e Pedro i due innamorati separati da una sorte avversa e ricongiunti idealmente nella tradizione e nel sentire popolare. A volte le favole si avverano. Attraversiamo il giardino dell’amore, ci teniamo per mano pensando che, in fondo, la nostra storia d’amore, per motivi e con modalità affatto differenti, non è poi così dissimile. Ci guardiamo senza rivolgerci lo sguardo, le nostre dita si intrecciano in un abbraccio silenzioso e ci baciamo davanti ai troni marmorei eretti a futura memoria, visto che qui la memoria ha un futuro, che a volte si chiama saudade, altre opportunità, scoperte e viaggi al di là di ogni ragionevole comprensione.
Proseguiamo il viaggio con la sensazione di essere immersi in tanti multiversi di senso, molti più di quanti potremmo immaginare e le parole poetiche e profetiche di Pessoa, o meglio di uno tra i suoi tanti eteronimi, sulla realtà, il presente e, fondamentalmente, il senso della vita, risuonano come il rumore ricorrente delle onde oceaniche nelle nostre menti e nei nostri corpi.
Per forza d’inerzia o per voglia di comprendere e conoscere senza lasciare che le impressioni iniziali scivolino verso una conoscenza troppo superficiale per poter essere profonda, continuiamo a viaggiare verso Nord e sul nostro cammino incontriamo un negozio di bicchieri, piatti e oggettistica per la casa dove chiediamo informazioni per le famose fabbriche di mattonelle decorate, veniamo indirizzati a Batahalla, ci incuriosisce il nome e andiamo verso uno tra i monasteri più belli della Regione centrale del Portogallo, anch’esso Patrimonio UNESCO.
La struttura è in gotico fiorito con evidenti influenze moresche e successive modificazioni che hanno trasformato suggestioni da mondi lontani in simboli architettonici comprensibili alla cultura europea, ricchissimo di decorazioni, con vetrate colorate, chiostri meravigliosi, archi cesellati in ricche decorazioni scolpite nella pietra fino a creare delicatissime filigrane marmoree. Proseguiamo il tragitto e arriviamo all’oceano, a Sao Pedro de Meul, dove c’è un faro da cartolina e l’oceano ci avvolge nella sua forza. Non abbiamo voglia di far altro che di stare lì ad essere parte di qualcosa tanto immenso quanto la Natura, caparbia e resiliente nonostante la presenza di esseri umani scellerati. Le parole della bigliettaia della chiesa di Santa Maria del Pi a Barcellona e il proverbio spagnolo su malerbe e caproni si concretizza nella assurda, incomprensibile, idiota attitudine ad inquinare un Pianeta meraviglioso come la Terra. È vero, ci verrebbe voglia di risponderle, è per questo che difendere la democrazia, la libertà e l’ambiente è così importante.
   

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