martedì 23 agosto 2016

Cronachette di un viaggio in Europa. Spagna e Francia. Pimiango * Cueva del Pindal * Playa de Meron * San Vicente de la Barquera * Playa de Oyambre * Santillana * Suances * Galizano * Argonos * Bilbao * San Sebastian * Irun * Biarritz * Lacanau-Ocean * Austostrada


23 agosto 2016

Pimiango * Cueva del Pindal * Playa de Meron * San Vicente de la Barquera * Playa de Oyambre * Santillana * Suances * Galizano * Argonos * Bilbao * San Sebastian * Irun * Biarritz * Lacanau-Ocean * Austostrada

Ci svegliamo immediatamente prima dell’alba dopo esserci addormentati sotto un cielo carico di stelle con la via lattea a definire il senso dello spazio. Claudio dormicchia ancora un po’ e non ne vuol sapere di alzarsi a guardare il sole sorgere dall’acqua cullato dai Picos de Europa e dalle colline asturiane mentre la luna splende alta nel cielo. Valentina prova a svegliarlo ma desiste dall’impresa per non perdersi lo spettacolo naturale. L’oceano deve essere stato un ballerino in qualche forma di esistenza fatto sta che non si può resistere alla tentazione di muoversi danzando o comunque accennando una danza. Mentre il sole, con tutta calma e tranquillità si degna di fare capolino dalle acque la luna ha un guizzo di vanità e sembra voler splendere di luce propria per far notare alla sua stella quanto è bella e soprattutto che è stata tutto quel tempo ad aspettare che si destasse soltanto per ricreare l’unione perfetta che è il loro eterno amore.
Mentre Valentina danza yogheggiando Claudio si alza e la raggiunge. Si siede stordito da tanta meraviglia. Ci guardiamo, ci abbracciamo e ci diamo il buongiorno. Troviamo dunque il modo di lavarci un po’ e cambiare i vestiti, l’odore di pulito della lavanderia a gettoni ha profumato tutto l’abitacolo e sistemare i sacchi a pelo non è cosa poi così disagevole.
Ci inoltriamo nel bosco delle streghe fino ad arrivare ad una chiesetta che è un gioiellino e alla Cueva del Pindal dove sono custodite pitture murali preistoriche. Non possiamo vederle perché è ancora chiuso e non c’è neanche un ingresso disponibile per almeno altri tre giorni. Lo scenario naturale è talmente bello che non ce ne facciamo un cruccio e ricominciamo ad andare. Abbiamo preso confidenza con l’oceano e ci sentiamo pronti per un bagno a digiuno che ci riempie di folle gioia e felicità atavica.
Gridiamo per il freddo gelido e ci lanciamo nelle e sulle onde divertendoci, gridando e ridendo in un gioco stancante e rigenerante al contempo.
Cerchiamo di capire da che verso prendere le onde, di petto, di testa oppure cercando di volare sopra di esse a ricrearne la forma stilizzata?
Se la spuma è già piuttosto bianca ci lanciamo facendoci travolgere nell’effervescenza compatta, se invece è alta e si vede la punta aguzza ci lanciamo come angeli che vogliono spiccare il volo e ricadiamo dall’altra parte, se si vede la punta aguzza e contestualmente la spuma abbiamo due teorie divergenti. Claudio afferma che è più divertente lanciarsi di schiena in una specie di stage diving mentre Valentina è indecisa tra il ‘surfare’ col corpo tentando di prenderla in orizzontale, il lanciarsi dentro e la posizione a uovo di schiena. Ci troviamo d’accordo sulla bellezza di un improvvisato body-surfing lanciandoci sopra quelle con la spuma più lunga.
Usciamo dall’acqua dopo una decina di minuti che ci sembra un tempo eterno, stremati ci asciughiamo avvolgendoci negli accappatoi, ci cambiamo e ripartiamo verso un’altra scogliera e un’altra spiaggia. Santillana ci incuriosisce molto, con la sua struttura di città medievale da fiaba ma c’è troppa gente, o almeno così ci sembra. In realtà qualunque centro abitato con più di una casa ci sembra troppo affollato e l’oceano ci richiama ancora una volta a sé, dopo aver fatto alcuni giri ed esserci rifocillati un po’.
Nel pomeriggio possiamo nuovamente tuffarci nell’oceano per qualche minuto che sembra un tempo lunghissimo anche perché ci sfianca scaricandoci e ricaricandoci al contempo di energie e forze. Lo scenario è quello di un set cinematografico permanente e l’acqua è gelida tanto che quando ritorniamo verso riva i torrentelli quasi chilometrici creati dall’alta marea in un’onda lunghissima che sembra voler ricongiungere tutte le onde del pianeta ci sembra calda come quella della doccia.
Ripartiamo anche se la Spagna Verde, Galizia, Asturie e Cantabria ci hanno fatti innamorare di quella passione che soltanto la libertà sa rendere perfetta.
Ci avviciniamo alle città e un sentimento di disagio e oppressione ci assale, non abbiamo neanche bisogno di dircelo, l’idea di fermarci a vederle non ci passa neanche per l’anticamera del cervello e proseguiamo.
Le parole di On The Road risuonano nei nostri gesti.
‘Dove dobbiamo andare?’
‘Non lo so ma dobbiamo andare’.  
Ci sentiamo così, inebriati, onde lunghe di viaggio.

Andiamo avanti e arriviamo in Francia e con nostra enorme delusione scopriamo che l’oceano non è oceano ovunque ma soltanto nei luoghi in cui lo lasciano libero di esprimersi. Qui sembra una fiera ingabbiata, un mastodontico animale di incredibile bellezza irretito in piccole mediocrità. Scappiamo, letteralmente. Attraversiamo tutta la Francia fermandoci a dormire un paio d’ore nel parcheggio di un autogrill, siamo scontenti, infelici, rabbiosi, esprimiamo tra noi il mugghiare della fiera che viene trattata come un fenomeno da baraccone nella civilissima, si fa per dire, Francia, dove per trovare un bagno decentemente pulito lungo la strada bisogna accontentarsi di prati e asfalto.

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