21 agosto 2016
Autostrada * Galizia *
Combarro * Campo Lameiro * Santiago de Compostela * Bergantinos * Otur
21 agosto 2016
Autostrada * Galizia *
Combarro * Campo Lameiro * Santiago de Compostela * Bergantinos * Otur
Ci svegliamo presto, e ripartiamo. Siamo assonnati dalla
notte scomoda, proseguiamo verso una parte della Galizia di cui abbiamo visto
delle immagini, con una specie di granai a palafitta molto suggestivi. Ci
fermiamo a fare benzina e rinfrescarci un po’, il benzinaio cerca di capire
cosa stiamo cercando, cerchiamo di spiegargli ma il nome ‘hórreo’, ‘horru’ non
lo ricordiamo proprio. Parliamo un gibberish di italiano, spagnolo, francese,
inglese, lui sembra non comprendere, poi l’illuminazione sul suo volto si
esprime nella splendida parola che avevamo dimenticato, sorride, ci guarda con
aria sorpresa e poi ci indica la strada che porta a Combarro. Prima di arrivare
ci fermiamo a fare colazione in una specie di bar-ristorante-pensione di fronte
alla laguna. La ragazza cerca di capire in che modo si possa considerare
‘colazione’ un cappuccino e un tè. Vorrebbe fornirci del pane o delle fette
biscottate con la marmellata ma non ne ha, le chiediamo la cortesia di prendere
i Pavesini in macchina, sorridiamo complici nella risoluzione di quello che
avrebbe potuto essere un problema. Tiriamo fuori tutte le nostre mappe e
cartine, Claudio le guarda con un misto di sospetto, curiosità e irritazione,
decidiamo il percorso per la giornata, che verrà ovviamente ridefinito durante
il viaggio. La laguna è in realtà un’insenatura dove l’oceano placa la sua
furia e si esprime in forme che fanno pensare ai laghi del Nord America. A
Valentina ricorda vagamente il Lago Ontario. Ci rilassiamo mentre abituiamo gli
occhi ai colori netti del giorno, in cui il blu e il verde del Nord del Pianeta
si combinano con una perfezione naturale alla ardente calura del Sud in un paesaggio
meraviglioso, vagamente hopperiano se non fosse placidamente calmo. Ripieghiamo
le cartine geografiche, paghiamo e salutiamo, quindi arriviamo a Combarro.
Troviamo parcheggio e cominciano ad aprirsi intorno a noi negozietti dal nome
che evoca streghe e streghette, strano, pensiamo prima di entrare nel centro
storico, ovvero nel bel mezzo di un paese delle streghe in piena regola, con i
pietroni, le casette basse, i gatti che si aggirano placidamente, sembra che si
sentano capiti in questo luogo. La chiesa è piccolissima, al centro della
piazza creata dalle rocce dell’Oceano una stele con una croce, presumibilmente
celtica. In un negozio di souvenir troviamo alcune calamite con segni grafici
che ci fanno pensare alle iscrizioni rupestri della Val Camonica. Chiediamo, in
quella lingua europea o mediterranea fatta di gesti, parole e qualche
reminiscenza di regole grammaticali, dove si trovino quelle iscrizioni, ci
guardano e decidono che forse possiamo anche essere adatti a ricevere tale
informazione. Proseguiamo il nostro giro incantandoci profondamente nel paesino
che è pieno di hórreos o horru ma soprattutto è colmo di energie meravigliose
che sembrano racchiudere in sé tutta la bellezza e la forza dell’Oceano.
Salutiamo Combarro e i suoi abitanti, ringraziamo mentalmente
il benzinaio e proseguiamo verso Campo Lameiro.
Sulla strada la Spagna nord-occidentale ci spiega che non
siamo più in Portogallo, in quella terra in cui tutto è piccolo e ben tenuto
tranne le chiese enormi e l’Oceano immenso.
Giungiamo a Campo Lameiro sbagliando strada un paio di volte
e perdendoci tra viottoli di montagna, c’è una gran costruzione in cemento
armato, entriamo, tutto sembra ben organizzato, se non fosse per il rumore
quasi assordante in quel silenzio atavico dei ventilatori sarebbe perfetto.
Entriamo e troviamo un ragazzo che parla benissimo l’italiano
e che ci spiega, con dovizia di particolari, le differenze tra Campo Lameiro e
la Val Camonica.
Claudio vuole avere notizie di Cernunnos e il ragazzo ci
spiega che probabilmente le raffigurazioni del cervo erano un modo per segnare
il calendario, a quanto pare elaborato anche in modo piuttosto preciso.
Discutiamo e chiacchieriamo delle varie ipotesi, poi cerchiamo di capire l’organizzazione
culturale galiziana e ci meravigliamo di tanta attenzione a ciò che sarebbe
ovvio e troppo spesso non è neanche auspicabile, quindi ci avventuriamo in
complesse disquisizioni universali.
La parte museale è organizzata a dir poco molto bene, con
laboratori per bambini e adulti, video immersivi e strutture per comprendere le
varie fasi delle ricerche.
Usciamo verso il parco archeologico, che ci incanta, anche se
il rumore dei ventilatori è davvero troppo forte, sembra quasi che disturbi le
sensazioni che le iscrizioni emanano.
Finiamo il giro e andiamo al bar per fare pipì e bere
qualcosa, quindi torniamo verso la macchina, Claudio regala un CD The Balmung
al ragazzo per ringraziarlo delle spiegazioni e perché, gli dice, ha la
sensazione che potrebbe piacergli visto che ama la cultura italiana. Lui è
felicissimo e ripartiamo. Ci dirigiamo verso Santiago de Compostela, affollatissima
di pellegrini giunti a destinazione del cammino spirituale. Mentre Valentina
ammira strade e straduzze, le case basse del color della terra di Siena dorata,
i bastoni con le conchiglie tradizionali e l’imponente chiesa, Claudio ha una specie
di rifiuto assoluto verso tutto quell’avvicendarsi di offerte di ‘dolcetti di
Santiago’, souvenir, e soprattutto di mercanti nel tempio, entriamo nella
chiesa e ne usciamo talmente velocemente da non poterne descrivere le oggettive
bellezze. Claudio ha un rifiuto assoluto per tutto ciò che gli appare come
oppressione della spiritualità e il contrario del sentimento religioso. Cominciamo
dunque ad avvicinarci all’Oceano, pressoché ‘scappando’ dall’affollatissima
Santiago de Compostela. Sulla via le conchiglie con il simbolo del cammino e
pellegrini in cammino con ritmi ben diversi da quelli della cittadella dove
sono diretti.
L’oceano ci accoglie con diffidenza e non riusciamo ancora ad
entrarci completamente, poi d’improvviso si farà comprendere, ‘scoperta’ che
cambierà radicalmente il nostro concetto di libertà.
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