16 agosto 2018
Francavilla al Mare * Avezzano * Le Cese * Francavilla al
Mare
Ci svegliamo verso le sette, ci prepariamo, sentiamo
telefonicamente Nonni Lucilla e Pietro e ci accordiamo per trascorrere la
giornata in famiglia. Carichiamo il Cam leggero, gli Stokke e tutto il
necessario sulla Ford e partiamo alla volta di Avezzano.
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Il Fucino |
Salutiamo la Majella
per incontrare il Gran Sasso e dunque il Velino nel giro di relativamente pochi
chilometri. Il paesaggio cambia in modo sostanziale quando attraversiamo le
vallate punteggiate da paesini e paesaggi espressione di millenni di differenze.
Incontriamo i Nonni e la Cugina Ivana al Bar Risorgimento dove prendiamo ottime
pastarelle.
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Le Cese |
Chiacchieriamo amabilmente, ci abbracciamo felici di rivederci dopo
qualche giorno di distanza poi Papà Claudio e Nonno Pietro si dirigono verso la
casa di famiglia, vicina al castello e Nonna Lucilla, Cugina Ivana e Mamma Valentina
si incamminano a piedi godendo della mite frescura estiva, Giulia si alterna
tra la posizione con seno materno a portata di bocca nello Stokke e quella da
capitano sul suo Cam.
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Il Fucino |
I viali alberati, le case basse tipiche di questa parte d’Abruzzo
si mostrano accattivanti nella loro modesta superbia di provincia contadina e
borghese, affrancata da quelle ignobili vessazioni da parte della famiglia
Torlonia così ben raccontate in Fontamara dall’immortale scrittore pescinese Ignazio
Silone. La grande casa si schiude ai nostri occhi rivelando una polvere lieve
che non riesce ad affievolire i ricordi d’infanzia, il sapore indimenticabile
delle crostate di Bisnonna Antonina, lo squisito parrozzo di Prozia Egle, l’afrore
inconfondibile del succo d’uva fragola.
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San Rocco, Le Cese |
Nell’androne sembra ancora di sentire
le grida allegre della vendemmia, le voci felici degli alunni nella vicina
scuola, lo scorrere gelido dell’acqua di fonte. Le memorie corrono emozionate e
si sbatacchiano contro la scala su cui morì Bisnonno Sabatino potando le sue
amate viti, per poi riprendere a galoppare libere nella grande cucina
riportando gli odori di aglio e cipolla, mandorle e cioccolato, il freddo
intenso dell’inverno e la frescura pungente dell’estate. Usciamo ricordando con
un sorriso le persone che hanno vivacizzato quell’edificio cui siamo tanto
affezionati. Saliamo sulle automobili e andiamo a mangiare dal Cugino Antonio
ormai definitivamente soprannominato Zi’ Antonio, con la ‘zeta’ ammorbidita
dall’accento avezzanese, nel ristorante che
gestisce insieme a Cugina Delia, Il Palentino.
Arriviamo alle Cese, ci abbracciamo felici di
ritrovarci, mangiamo benissimo come al solito, chiacchieriamo di storie familiari
e parliamo quello strano linguaggio tra consanguinei che si distilla negli anni
e che forse è un po’ iscritto anche nel DNA.
Trascorriamo il pranzo e il
pomeriggio a conversare amabilmente e a suonare il pianoforte con il Cugino Pierpaolo,
bravissimo e restio a suonare, e con il Cugino Francesco che nel frattempo ci
ha raggiunti dopo concitate giornate lavorative a ridosso del Ferragosto.
Facciamo
una piccola passeggiata a San Rocco, una chiesetta montana molto frequentata
dai fedeli e che ha una storia di guerra e sofferenze legata alla nostra
famiglia. La spianata del Fucino si dischiude generosamente ai nostri occhi
offrendo un panorama di rara bellezza.
Incontriamo altri parenti e amici dell’infanzia
di Nonno Pietro che camminano in processione dietro la statua di San Rocco. Ci
salutiamo, Nonni Lucilla e Pietro ci donano un vassoietto di dolci di mandorle
e amaretti acquistati nella pasticceria di Pescina che è diventata ormai tappa
fissa e proseguiamo prendendo strade diverse.
Torniamo a Francavilla, ceniamo e
ci addormentiamo stanchi e felici.
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